Nove miliardi per l’integrazione dei Balcani Occidentali nell’Unione Europea
La Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen ha annunciato un finanziamento senza precedenti per Albania, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Serbia Macedonia del Nord e Kosovo
di Fiorella Lavorgna
3' di lettura
(Il Sole 24 Ore Radiocor) Nove miliardi di euro per sostenere la convergenza economica degli Stati dei Balcani occidentali con l’Ue attraverso investimenti a sostegno della competitività, crescita inclusiva, e della doppia transizione verde e digitale. Durante il Western Balkan Summit dello scorso 6 ottobre, la Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen ha annunciato un finanziamento senza precedenti per Albania, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Serbia Macedonia del nord e Kosovo. Questi fondi serviranno a sostenere gli investimenti per la crescita, secondo una logica analoga a quella della politica di coesione, che mira ad eliminare le differenze esistenti tra le regioni degli Stati membri Ue. «I Balcani Occidentali appartengono all’Unione Europea» ha dichiarato la Presidente della Commissione. Ma i Paesi dell’area non sono soltanto destinatari di fondi, ma anche di politiche, come il Green Deal per i Balcani e EUSAIR, la strategia Ue per la Regione adriatica e ionica, che promuove la cooperazione tra sei Paesi membri UE, tra cui l’Italia, e cinque dell’area balcanica (gli stessi destinatari dei 9 miliardi di euro, meno il Kosovo). Oltre a promuovere la cooperazione e finanziare progetti per la crescita, EUSAIR svolge un ruolo decisivo nel processo di integrazione europea attraverso il finanziamento di investimenti verdi.
Standard economici ma anche ambientali per Stati candidati
Non molti sanno che per entrare a fare parte dell’Unione Europea gli Stati candidati devono rispettare non solo degli standard economici, ma anche ambientali. Spesso questi prevedono obblighi particolarmente onerosi, come la presenza di infrastrutture per il monitoraggio delle acque. Secondo i dati dell’Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa (Obct), gli attori coinvolti nei progetti EUSAIR di diversi paesi extra UE, sostengono che i costi per dotarsi di queste infrastrutture eccedono di tre volte i fondi allocati. Gli strumenti per la protezione dell’ecosistema sono meno costosi, ma necessitano di un numero elevato di risorse umane. Per queste ragioni le politiche ambientali non sono spendibili a livello elettorale, nei Balcani, in quanto l’opinione pubblica vede solo i costi della transizione ecologica ma non i benefici. Il centro studi CeSPI di Roma, insieme all’Obct hanno redatto un report sull’impatto di EUSAIR sul processo di integrazione dei Balcani occidentali nell’Unione europea. Secondo questo studio, i progetti green finanziati dal programma favorirebbero l’accesso dei nuovi membri per almeno due ragioni. Intanto perché permettono ai Paesi coinvolti di adeguarsi agli standard ambientali richiesti dall’Ue. Ma anche perché, attraverso la cooperazione tra regioni di diversi Paesi, i soggetti economici e le parti sociali, si creano dei gruppi di lavoro che possono influenzare l’attività della Commissione.
Ma ci sono dubbi su effetto spillover di questi strumenti
Eppure non tutti sono convinti dell’efficacia di questi strumenti. Secondo Roberto Belloni, professore presso l’Università di Trento - che ha commentato i risultati del dossier durante un evento della settimana delle Regioni -, non ci sono evidenze che questa politica di convergenza interregionale favorisca da sola quell’effetto spillover capace di portare all’integrazione dei Balcani occidentali nell’Unione. Quello che sembra mancare è la volontà politica. Se non nell’opposizione all’allargamento verso questi Paesi, guidata da Stati membri quali Francia, Olanda e Bulgaria. Sintomatico è stato infine il rifiuto di accogliere, nel documento ufficiale a conclusione del Western Balkan Summit, la richiesta della Slovenia di indicare il 2030 come data obiettivo per l’integrazione, nonostante l’impegno profuso in questa direzione dalla presidente Von der Leyen.
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