Nucleare, si può fare?
Parte la quarta edizione dell’Intelligence Week intitolata “Nucleare, si può fare?”, organizzata da iWeek, joint venture di Vento & Associati e Dune Tech Companies
di Andrea Vento, Founder and CEO di iWeek, e Carlo Zasio, giornalista
4' di lettura
Nell’attuale contesto energetico europeo, dominato dalla crisi del gas russo e dall’urgenza di ridurre drasticamente le emissioni di CO2 in ottemperanza agli obiettivi del Green Deal europeo , l’energia nucleare si presenta come un tema cruciale che sta riemergendo all’attenzione di politici e attivisti di tutta Europa. Questo spostamento dell’ago della bilancia è particolarmente interessante se consideriamo il panorama italiano, un paese storico per quanto riguarda la produzione di energia nucleare, ma che ha deciso di abbandonare questa fonte energetica dopo il tragico incidente di Chernobyl nel 1986. Ciò che rende questa tendenza ancora più sorprendente, come emerso dal sondaggio SWG presentato nell’ambito della iWeek «Nucleare si può fare?» (Milano, 5 ottobre – Roma, 11 ottobre), è la posizione delle nuove generazioni, che sono temporalmente distanti dai drammatici eventi di Chernobyl e che stanno adottando un approccio di neutralità tecnologica.
Secondo la rilevazione, il 60% dei giovani italiani considera il nucleare come una fonte energetica sicura, affidabile ed economica nel lungo periodo. Il favore dei giovani nei confronti di questa tecnologia, come emerge dalla rilevazione, è di ben 16 punti superiore a quello degli over 55: ben il 63% contro il 47%. Questo cambio di mentalità è cruciale, considerando la necessità di garantire un approvvigionamento energetico costante e sostenibile, specialmente alla luce delle sfide poste dal cambiamento climatico e dalla crescente domanda di energia.
A livello europeo, ci sono esempi di partiti politici bipartisan, come i Verdi finlandesi, che sostengono le opportunità offerte dal nuovo nucleare, in un energy mix con le rinnovabili. Questo sostegno non è da sottovalutare, specialmente in un’epoca in cui le fonti di energia tradizionali, come il gas naturale, sono sempre più incerte e costose. L’integrazione del nucleare nella strategia energetica potrebbe rappresentare un’ancora di salvezza, fornendo un approvvigionamento energetico stabile e contribuendo significativamente alla riduzione delle emissioni di gas serra.
Quello che ancora non è entrato nel dibattito pubblico è la conoscenza delle nuove tecnologie che sono state sviluppate negli ultimi quarant’anni e sulle quali le aziende italiane sono protagoniste, da Ansaldo Nucleare a Sogin, da Edison a Campoverde, con alcune new entries estere, ma a vocazione italiana come USNC e Transmutex. Se l’attività delle centrali nucleari italiane si è fermata, non si è invece arrestata la ricerca, e le nostre aziende sono oggi eccellenze riconosciute a livello mondiale. Uno dei principali sviluppi in questo campo è rappresentato dagli Small Modular Reactors (SMR) e dai Micro Modular Reactors (MMR), attuabili ad un relativo breve termine. Queste tecnologie rappresentano una nuova frontiera nell’energia nucleare e offrono numerosi vantaggi rispetto alle centrali nucleari tradizionali. Gli SMR, con una potenza tipica di 100-300 MW elettrici, sono circa 10 volte più piccoli delle centrali tradizionali. La loro produzione in fabbrica e l’installazione rapida riducono notevolmente i costi e il carico finanziario. Aziende del calibro di Edison, Edf, Ansaldo Energia e Ansaldo Nucleare sono dalla scorsa primavera attivamente impegnate nella valutazione delle potenzialità degli SMR per il mercato Italia. Ancora più compatti sono gli MMR, con dimensioni ancor più piccole rispetto agli SMR e capaci di entrare in funzione ancora più rapidamente. Questi reattori possono produrre energia a costi incredibilmente bassi, rispondendo in modo flessibile alle esigenze industriali e offrendo un supporto complementare alle fonti rinnovabili, che per loro natura sono intermittenti e interrompibili.
Tuttavia, una delle principali sfide legate all’energia nucleare e che continua ad avere particolare peso sull’opinione pubblica è rappresentata dalla gestione sicura dei rifiuti radioattivi. Attualmente, in Italia, il decommissioning delle vecchie centrali nucleari è al 40%, ma risulta anche per questo Governo essenziale accelerare questo processo. La localizzazione e la realizzazione di un deposito nazionale sicuro per i rifiuti radioattivi sono cruciali per garantire la sostenibilità a lungo termine di questa fonte energetica. Lo ha recentemente ribadito il ministro all’Ambiente e alla Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin . Paesi come la Norvegia hanno già adottato infrastrutture simili, che si sono rivelate fondamentali non solo per l’energia nucleare, ma anche per l’industria e il settore medico. Pur senza la presenza di centrali nucleari per la produzione di energia, infatti, anche in Italia vengono prodotti rifiuti radioattivi dall’industria e dal settore medico, sia per la diagnostica, sia per le terapie. Inoltre, soluzioni innovative come l’ossidazione termica e la trasmutazione nucleare stanno emergendo come alternative promettenti per gestire i rifiuti radioattivi in modo sicuro ed efficiente. La trasmutazione nucleare, in particolare, rappresenta una nuova frontiera priva di emissioni di anidride carbonica e offre enormi potenzialità. Trasformando gli elementi più radioattivi in elementi meno radioattivi, questa tecnologia può generare energia in modo sostenibile, riducendo notevolmente il problema dello smaltimento delle scorie radioattive.
L’evoluzione delle tecnologie nucleari potrebbe aprire nuove prospettive energetiche, geopolitiche e industriali a livello europeo e globale. Tuttavia, è fondamentale garantire una discussione pubblica informata per guidare le decisioni sul futuro energetico del nostro Paese: è questa l’ambizione della quarta edizione dell’Intelligence Week, che non ha caso è intitolata “Nucleare, si può fare?”, organizzata da iWeek, joint venture di Vento & Associati e Dune Tech Companies.
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