Nuovi obblighi in materia di diritti umani nell’attività d’impresa e sostenibilità ambientale
Un Regolamento e una direttiva europea dettano le nuove norme unitarie che semplificheranno l’adempimento degli obblighi da parte delle imprese che operano in più Paesi dell’Ue
di Leonardo Borlini e Simone Lonati
3' di lettura
È a livello di Ue che si ritrovano oggi le iniziative normative più importanti in materia di sostenibilità ambientale e rispetto dei diritti umani nell’attività d’impresa. In particolare, due sono gli sviluppi centrali. Anzitutto, il Regolamento Ue 2020/1998 e la Decisione 2020/1999 del Consiglio per la politica estera e di sicurezza comune adottati il 7 dicembre 2020. In secondo luogo, la pubblicazione a fine gennaio di una bozza di direttiva sulla “Corporate Due Diligence e Corporate Liability” da parte del Comitato degli Affari Legali del Parlamento europeo.
L’incidenza attuale e futura di queste iniziative sull'attività delle imprese che operano nel mercato europeo è considerevole.Il regolamento e la decisione del dicembre 2020 prescrivono un nuovo e unitario regime sanzionatorio applicabile a tutti i soggetti privati stabiliti sul territorio dell’Ue, nonché agli enti pubblici riconducibili agli Stati membri, nel caso di coinvolgimento in gravi violazioni di diritti umani e ciò indipendentemente dal luogo dell’illecito.
La nuova normativa stabilisce, infatti, un robusto quadro di “misure restrittive mirate per contrastare gravi violazioni e abusi dei diritti umani nel mondo”. Tra queste, in particolare, il congelamento di tutti i fondi e delle altre risorse economiche a carico di chiunque – persona fisica, giuridica o entità statale – venga inserito in apposite liste redatte e aggiornate dal Consiglio poiché responsabile di violazioni dei diritti umani; ovvero fornisca sostegno finanziario, tecnico o materiale per tali violazioni, o sia altrimenti coinvolto in tali atti, anche pianificandoli, dirigendoli, ordinandoli, assistendoli, preparandoli, agevolandoli o incoraggiandoli. È importante chiarire che anche la semplice effettuazione di transazioni finanziarie con i soggetti inseriti nelle liste è da considerarsi in principio vietata e sottolineare l’ampia portata dei divieti in oggetto, applicabili a chiunque svolga attività economiche sul territorio dell’Unione a prescindere dal settore interessato. Pertanto, sarà d’ora in poi necessario per gli operatori nell’Unione prestare massima attenzione all’attuazione delle misure restrittive, in particolare, rispetto all’inserimento di nuovi soggetti nelle liste del Consiglio.
Venendo alla bozza di direttiva sulla “Corporate Due Diligence e Corporate Liability”, se essa, come sembra, sarà presto tradotta in un atto legislativo dell’Unione, l’impatto sull’attività delle imprese stabilite nel territorio europeo sarà ancora più significativo. Tale normativa comporterebbe l’adozione di un unico quadro europeo di due diligence in materia di sostenibilità ambientale e rispetto dei diritti umani. Ma cosa significa esattamente due diligence sui diritti umani? Il principio operativo di due diligence è considerato quale noto strumento di gestione del rischio, caratterizzato dall’insieme di passi pratici utili ai fini dell’identificazione e mitigazione dei rischi e degli impatti provocati dai comportamenti aziendali sui diritti umani e sull'ambiente e volto a promuovere un comportamento commerciale responsabile.
Si tratta di un processo che consiste nella valutazione, da parte delle imprese, degli impatti effettivi e potenziali delle attività produttive da loro condotte sui diritti umani, nell’attuazione di politiche aziendali che tengano conto di tali valutazioni, nel monitoraggio delle misure adottate e nell’implementazione di meccanismi di rimedio a favore delle vittime.In particolare, secondo la bozza di direttiva, le imprese stabilite nell’Ue dovranno valutare annualmente il rischio di violazioni dei diritti umani e di standard ambientali prescritti lungo tutta la ‘catena di valore’, vale a dire considerando anche l’attività dei fornitori, sub-fornitori e imprese clienti, indipendentemente dallo specifico settore economico e dall’eventuale ubicazione di questi soggetti al di fuori del territorio dell’Ue.
Le imprese obbligate dovranno poi approntare una strategia specifica per la mitigazione dei rischi e adeguare così la loro corporate governance. Inoltre, gli obblighi di due diligence si applicheranno estraterritorialmente anche alle imprese stabilite in Stati terzi che vendono prodotti o forniscono servizi in Ue. Infine, per evitare che prevenzione e compliance si riducano ad attività formali tese unicamente all’esonero di responsabilità dell’ente, la bozza di direttiva prevede l’introduzione nell’ordinamento dei singoli Stati membri di una specifica forma di responsabilità civile per i danni provocati da un inadeguato adempimento degli obblighi di due diligence prescritti.
L’adozione di un quadro normativo unitario semplificherà l’adempimento degli obblighi in materia da parte delle imprese che operano in più Paesi dell’Ue, oggi costrette a confrontarsi con modelli diversi. Nondimeno, è solo dalla proposta della Commissione che sarà possibile comprenderne in dettaglio l’effettiva portata, ad esempio, in termini di diritti umani coperti, gravità delle violazioni, applicazione alle imprese di piccola e media dimensione. Seguirà, quindi, la trasposizione della normativa Ue che, in Italia, determinerà verosimilmente un’ampia revisione del Dlgs 231/2001 non solo per quanto concerne il decalogo dei reati presupposto, ma anche per i criteri di imputazione.
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