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Nuovi Paesi di origine e numero dei figli in calo, ecco le dinamiche dell’immigrazione in Italia

I nuovi nati stranieri dal 2012 al 2021 sono diminuiti del 28,7%, passando da quasi 80 mila a meno di 57 mila. Dopo i picchi di crescita registrati nel primo decennio del 2000 (+45,2% fra il 2003 e il 2004, +22,3% fra il 1999 e il 2000) è ormai da un decennio che il numero di nuovi nati stranieri diminuisce costantemente e sempre più (-5% negli ultimi due anni)

di Andrea Carli

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5' di lettura

Nuovi Paesi di origine (con l’Asia a recuperare terreno). E poi ancora invecchiamento e calo del numero di figli (-5% negli ultimi due anni). Sono le dinamiche dell’immigrazione in Italia. Presenti e future. In un paese come il nostro che continua a invecchiare, con una natalità che ha registrato il segno meno anche nei primi cinque mesi del 2023, la fotografia scattata dal XXXII Rapporto Immigrazione 2023 di Caritas italiana e Fondazione Migrantes - presentato oggi, martedì 17 ottobre - è destinata a non passare inosservata. E a far riflettere.

Cinque milioni di cittadini stranieri residenti in Italia

Partiamo dai numeri. Al 1° gennaio 2023, ricorda il documento, le stime dell’Istat indicano la presenza di 5.050.257 cittadini stranieri residenti in Italia, in lieve aumento rispetto ai dati definitivi riferiti all’anno precedente (5.030.716). Quanto alla distribuzione territoriale, continua a prevalere l’inserimento nel Nord Italia (59,1% dei residenti totali): nelle regioni occidentali risiede il 34,3% e in quelle orientali il 24,8%; seguono Centro (24,5%), Sud (11,7%) e Isole (4,6%).

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La Lombardia è la regione che attrae di più

La Lombardia si conferma la regione più attrattiva: da sola conta il 23,1% della popolazione straniera residente in Italia; in seconda posizione si trova il Lazio (12,2%) e, di seguito, l’Emilia-Romagna (10,9%), il Veneto (9,8%) e il Piemonte (8,2%).

Uno straniero su 5 residente in Italia è rumeno

Quanto alle principali nazionalità, oltre alla consolidata prima posizione dei cittadini rumeni, che rappresentano 1 straniero su 5 fra i residenti in Italia, e alle successive seconda e terza posizione dei cittadini marocchini e albanesi (che si attestano all’8,4% e all’8,3% del totale), viene fuori sempre più un avvicendamento delle provenienze asiatiche (del Sud Est, in particolare) rispetto a quelle africane – come la tunisina, la senegalese, la nigeriana, non più presenti nella graduatoria dei primi dieci Paesi. Inoltre, anche fra le provenienze asiatiche, quelle di più storica presenza (come Cina e Filippine), sono in decremento, mentre quelle di più recente arrivo (come Bangladesh e Pakistan) stanno consolidando sempre più il loro percorso migratorio in Italia.

Nuovi nati stranieri in diminuzione

I nuovi nati stranieri dal 2012 al 2021 sono diminuiti del 28,7%, passando da quasi 80 mila a meno di 57 mila. Dopo i picchi di crescita registrati nel primo decennio del 2000 (+45,2% fra il 2003 e il 2004, +22,3% fra il 1999 e il 2000) è ormai da un decennio che il numero di nuovi nati stranieri diminuisce costantemente e sempre più (-5% negli ultimi due anni). Il maggior numero di nuovi nati è rumeno (19,4%), seguito da marocchini (13,3%) e albanesi (11,8%). Le acquisizioni di cittadinanza, pur avendo raggiunto la soglia del milione negli ultimi 6 anni, sono in progressiva diminuzione, e solo fra il 2020 e il 2021 sono scese del 7,5%. Un’acquisizione su cinque è appannaggio dell’Albania, seguita dal Marocco. Significativa è la terza posizione occupata dal Bangladesh, che assomma il 4,7% delle acquisizioni totali, o la quarta e la quinta, in cui troviamo rispettivamente l’India e il Pakistan: segno di nuove tendenze, spesso sottovalutate.

Più possibilità di impiego nel turismo, ristorazione e costruzioni

Le ultime tendenze del mercato occupazionale in Italia (primo trimestre 2023) evidenziano una fase di ripresa che è in atto ormai da 8 trimestri. Fra il 2021 e il 2022 gli occupati sono cresciuti del 2,4% e complessivamente si sono ridotti sia il tasso di disoccupazione (-4,3%) che di inattività (-3,6%). Per quanto riguarda i lavoratori stranieri, per quelli non-Ue il tasso di occupazione si è attestato su valori leggermente inferiori alla media (59,2% contro il 60,1%), quello di attività ha subito un leggero aumento (+0,6%) e il tasso di disoccupazione si allinea, nella flessione, alla media complessiva.

L’aumento occupazionale più marcato si è avuto nel settore del turismo e ristorazione (+16,8% e +35,7% per la compagine di lavoratori non Ue) e nelle costruzioni (+8,4%, che sale al +13,8% per i lavoratori non-Ue); tuttavia la maggiore incidenza di lavoratori stranieri nel 2022 si registra nel settore dell’agricoltura (39,2% del totale), seguita dalle costruzioni (30,1%) e dall’industria in senso stretto (22,1%). Considerando l’anno 2022, il numero di imprese individuali che hanno come titolare un cittadino non comunitario – complessivamente 390.511, pari al 12,8% del totale – è in contrazione di circa 3 mila unità, -0,8% rispetto al 2021.

Albanesi, marocchini e cinesi in prima fila nella crescita dei posti di lavoro

Le nazionalità che hanno conosciuto un aumento occupazionale più sostenuto fra il 2021 e il 2022 sono state l’albanese, la marocchina e la cinese (fra il +17,7% e il +7,1%). Vi sono tuttavia nazionalità che mantengono, al di là dell’aumento annuale, un tasso occupazionale più elevato della media non-Ue (59,2%): la filippina, la peruviana, la cinese, l’ucraina (tutte con valori intorno al 65%); mentre più basso è quello dei cittadini del Marocco, della Nigeria e del Pakistan. Il 75,2% degli occupati non-Ue svolge la professione di operaio (contro il 31,6% degli italiani); mentre solo 1 su 10 è un impiegato e appena lo 0,1% è dirigente.

Forza lavoro straniera in media meno istruita rispetto all’autoctona

Quanto al livello d’istruzione, la forza lavoro straniera risulta mediamente meno istruita rispetto all’autoctona, prevalendo quelli con un livello “al più secondario inferiore”; mentre i laureati sono appena il 10,6% del relativo totale (è il 25,8% per gli italiani). Su questo dato pesa, però, anche il fenomeno della sovra-qualificazione, ovvero lo scarto esistente fra il titolo posseduto e le mansioni ricoperte. Fra le difficoltà principali che i lavoratori stranieri riportano nel trovare un lavoro in Italia vengono indicate “la scarsa conoscenza della lingua italiana”, “discriminazioni dovute all’origine straniera”, “mancanza del permesso di soggiorno o della cittadinanza”, ovvero il “mancato riconoscimento del titolo di studio conseguito all’estero”.

Stabili gli alunni “stranieri”: sempre più i nati in Italia (e gli universitari)

Il totale degli alunni con cittadinanza non italiana nell’anno scolastico 2021/2022, è di 872.360. Si tratta di poco meno di 7 mila alunni in più rispetto all’anno precedente (+0,8%), che aveva registrato una significativa flessione del numero totale, anche per ragioni dovute al periodo del Covid. Le regioni con la maggior presenza di questi alunni si confermano Lombardia (222.364), Emilia-Romagna (106.280) e Veneto (96.856). In quanto ai continenti di provenienza, la maggior parte è originaria dell’Europa: sono 384.333, il 44,1% del totale. Una presenza, quella europea, caratterizzata dall’apporto delle due principali cittadinanze estere nelle scuole italiane da diversi anni, Romania e Albania. Seguono le provenienze da Africa, Asia e America. Quanto alle università, se ammonta al 6% il totale degli studenti con cittadinanza straniera iscritti all’anno accademico 2021/2022, quanti hanno conseguito il diploma all’estero (international students) sono il 3,4% del totale. In 10 anni il numero di international students è aumentato del +65,5%, mentre quello dei foreign students (universitari di cittadinanza straniera, ma con diploma conseguito in Italia) del +67,5%.

Povertà: i cittadini stranieri sono l’utenza prevalente dei Centri d’ascolto Caritas

In Italia, secondo l’Istat, vivono in uno stato di povertà assoluta 1 milione e 600 mila stranieri residenti, per un totale di oltre 614 mila nuclei familiari. Le famiglie immigrate in povertà costituiscono circa un terzo delle famiglie povere presenti in Italia, pur rappresentando solo il 9% di quelle residenti. La percentuale di chi non ha accesso a un livello di vita dignitoso risulta essere tra gli stranieri cinque volte superiore di quella registrata tra i nuclei di italiani. Tale svantaggio, rafforzatosi a partire dal 2008 (anno della grave crisi economico-finanziaria), ha oggi raggiunto livelli ancora più preoccupanti e strutturali a seguito della pandemia da Covid-19. Da un anno all’altro peggiora in modo preoccupante la condizione dei disoccupati: tra loro risulta povera quasi una persona su due; solo un anno fa toccava circa una persona su quattro.

Cittadini extracomunitari, 2mila euro per curarsi con Ssn

Intanto una delle misure previste dalla manovra, approvata dal Consiglio dei ministri, prevede che i cittadini extracomunitari, residenti in Italia, potranno continuare a iscriversi al Servizio sanitario nazionale versando “un contributo” di 2mila euro all’anno. «Per i residenti stranieri cittadini di Paesi non aderenti all’Unione europea - si legge in una nota del Mef - si prevede la possibilità di iscrizione negli elenchi degli aventi diritto alle prestazioni del Ssn, versando un contributo di 2.000 euro annui. L’importo del contributo è ridotto per gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di studio o per quelli collocati alla pari».

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