Nuovo round di dismissioni per Torino, in pole Iren e Sagat
di Filomena Greco
3' di lettura
Il Comune di Torino riapre la partita delle partecipate e stringe i tempi. Da un lato, l’operazione di revisione straordinaria nasce in risposta ai dettami della Legge Madia, dall’altro la forte situazione di indebitamento e il disallineamento tra spesa corrente ed entrate, al centro dei richiami della Corte dei Conti, richiede interventi che possano dare un po’ di fiato alle casse comunali. Complice il buon momento in Borsa, la multiutility controllata al 54% dai Comuni di Torino, Genova e dalle amministrazioni emiliane vanta una capitalizzazione record a Piazza Affari.
Questo dunque potrebbe essere il momento migliore per cedere una quota mantenendo però il controllo. I Comuni di Torino e Genova, attraverso FSU – in cui hanno una partecipazione paritetica, al 50% – controllano il 33,3 di Iren. I contatti tra le due amministrazioni diventano sempre più fitti: dopo le riunioni estive oggi in calendario un nuovo vertice focalizzato sulla multiutility. Una partita economica importante, che ai valori di Borsa attuali vale oltre 450 milioni per ogni singola amministrazione e che garantisce dividendi altrettanto importanti, in ulteriore crescita nei prossimi anni stando anche al piano industriale presentato dall’ad Massimiliano Bianco.
In base al nuovo Statuto della multiutility, che ha introdotto il meccanismo del «voto maggiorato» nella primavera del 2016, la quota che Torino e Genova potrebbero mettere sul mercato senza intaccare controllo e governance è pari a circa 70 milioni. In un primo momento l’ipotesi era di sciogliere FSU e creare un nuovo veicolo, in capo alle singole amministrazioni, per poter gestire autonomamente le proprie quote. In questa fase invece sembra farsi strada la possibilità che le due amministrazioni possano procedere in maniera congiunta all’operazione di riduzione della partecipazione in Iren, attraverso FSU.
Sicuramente un passaggio economico positivo per il Comune di Torino che però con Iren ha una esposizione debitoria altrettanto significativa, stimata in circa 150 milioni. Per non “sprecare” dunque gli effetti positivi che deriverebbero dalla cessione di una parte delle azioni in Iren sarebbe auspicabile per l’amministrazione tenere distinte le partite e blindare il debito attraverso un piano di rientro su più anni, per non sprecare il “tesoretto”.
Tra le numerose realtà nella galassia comunale, dunque, a giocare una partita finanziariamente più appetibile sono le quote che Torino detiene in Iren e quelle che mantiene in Sagat. Dopo la fase di dismissioni della giunta Fassino, al Comune è rimasta una partecipazione del 10% – attraverso la Holding FCT – nella società che gestisce lo scalo torinese, controllata al 75,28% da F2i. Una realtà economica che attraversa un momento positivo, con un fatturato 2016 a quota 56,7 milioni in crescita del 16,6% sull’anno precedente e traffico in costante aumento.
Nel caso di Sagat, in realtà, la valutazione se cedere o ridurre la quota nasce in relazione ai dettami del Testo unico in materia di cositeà a partecipazione pubblica mentre per Iren si tratta di una valutazione puramente di mercato. Nel piano messo a punto dalla Giunta Appendino sono 8 le operazioni di dismissioni o razionalizzazione di quote in società: dai tre parchi scientifici a Ipla, che si occupa di ambiente, fino a Finpiemonte, la finanziaria regionale, al Ceip, il Centro estero per l’internazionalizzazione, fino al Caat, la società dei mercati generali, e a Enviroment Park per le quali il Comune prevede una alinazione parziale di almeno il 5% della quota azionaria.
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