Colosseo, nuovo stop alla gara per la biglietteria e i servizi aggiuntivi
Il Consiglio di Stato ha bocciato la procedura avviata 5 anni fa da Consip: non centrerebbe l’obiettivo di valorizzazione del patrimonio
di Antonello Cherchi
I punti chiave
2' di lettura
Non c’è pace per l’affidamento della biglietteria e dei servizi aggiuntivi del parco archeologico del Colosseo, uno spazio che in tempi pre-pandemia riusciva a catalizzare in un anno quasi 8 milioni di visitatori l’anno, con incassi vicini ai 60 milioni. La quinta sezione del Consiglio di Stato (decisione 2259/2021) ha nuovamente bocciato la gara indetta da Consip per assegnare all’esterno la gestione delle prenotazioni e degli ingressi, oltre a quella dell’assistenza alle visite. Per esempio, l’organizzazione dei percorsi didattici per i più piccoli o le audioguide per gli adulti, iniziative finalizzate a una migliore fruizione dei monumenti e a una loro valorizzazione.
Secondo stop dopo quello del 2017
Era già accaduto nel 2017 che un bando simile, sempre predisposto da Consip, venisse impugnato e finisse davanti ai giudici amministrativi. Il Tar Lazio aveva ritenuto che non ci fossero problemi, mentre il Consiglio di Stato era stato di avviso diverso e aveva censurato la gara, chiedendo alla centrale acquisti della pubblica amministrazione di riscrivere le regole secondo le indicazioni date dai giudici nella sentenza. Anche questa volta il bando si è dimostrato lacunoso.
Perché la gara è divisa in due lotti
La gara, suddivisa in due lotti, prevedeva per il primo l’affidamento della biglietteria e dei servizi di accoglienza e di assistenza alla visita dei monumenti del parco archeologico, che comprende il Colosseo, il Palatino, il Foro romano e la Domus Aurea. Anche questa volta, però, il servizio di biglietteria rimaneva prevalente, mentre quelli di assistenza venivano relegati in funzione secondaria e accessoria. Contraddicendo in questo modo le indicazioni dei giudici del 2017 e la stessa normativa. E ciò con evidenti ricadute sui criteri di scelta dei candidati, perché i punteggi assegnati alla biglietteria acquistano maggior peso e, in questo modo, si tagliano fuori dalla competizione imprese più versate sui servizi di accoglienza.
La difesa di Consip
La Consip si è difesa sostenendo che solo così diventa sostenibile economicamente la gestione di quei servizi: senza la biglietteria a «far da perno», il piano finanziario non regge. Non si tratta «di mettere a disposizione di privati un luogo della cultura per
farne beni economici strumentali delle loro imprese - ha risposto il Consiglio di Stato - ma di meglio, organizzativamente, promuovere la fruizione e la conoscenza del patrimonio
culturale che il luogo stesso rappresenta e per il quale è stato istituito, e delle
collezioni che contiene». Dunque, nel caso di affidamento integrato tramite un’unica procedura in concessione, come è quella scelta da Consip, «le biglietterie, in quanto servizi strumentali, non svolgono - hanno sottolineato i giudici - alcuna funzione di valorizzazione culturale e possono al più essere integrate nei servizi aggiuntivi qualora ciò consenta di perseguire meglio la finalità di valorizzazione del luogo della cultura in questione». Insomma, le parti in gara vanno invertite.
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