Oasi verdi, così l’agroalimentare investe su biodiversità e sociale
Dall’Agribosco di Barilla alle tenute di Bonifiche Ferraresi e Monini fino alle api di Roncadin aumenta l’impegno ad adottare porzioni di territorio agricolo da gestire con metodi non intensivi
di Maria Teresa Manuelli
4' di lettura
Il cambiamento climatico è un fenomeno in peggioramento di anno in anno, che rende sempre più urgente un impegno concreto sulla sostenibilità da parte di tutti, e delle aziende in primo luogo. Secondo uno studio di Allianz Trade e Format Research, il 50% delle imprese italiane extraagricole e non finanziarie con un fatturato di almeno 2,5 milioni sono convinte che il processo di transizione verso un’economia sostenibile avrà un impatto favorevole sulla propria attività.
Questo spiega la decisione di molte realtà di aderire ai principi Esg (environmental, social and governance), sviluppando modelli di business sostenibili. In particolare sono le aziende più grandi (72%) a dichiarare l’importanza di modificare il loro rapporto con l’ambiente e la società.
Dopo (e insieme) all’attenzione per il risparmio energetico e il ricorso a fonti rinnovabili, al riuso e alla riciclabilità delle confezioni, ora le aziende alimentari stanno investendo anche nella creazioni di “oasi” o “distretti” verdi per affermare i principi di sostenibilità e biodiversità, per restituire alla natura del territorio in cui agiscono ciò che le è stato sottratto.
I boschi di Barilla e Bf
Per raccontare la sua strategia di sostenibilità Barilla ha inaugurato a maggio AgriBosco: su una superficie di 23 ettari adiacente agli stabilimenti di Parma, che assorbirà oltre 13mila kg di CO2 ogni anno, stanno crescendo campi di girasole e di grano tenero, con fiori e casette per le api e altri insetti impollinatori (che presentano i principi e i valori espressi dalla “Carta del Mulino”).
Il grano duro è coltivato nel segno dell’agricoltura di precisione, con rotazioni colturali che minimizzano il consumo del suolo e le emissioni di gas serra. AgriBosco sarà anche un parco didattico per le scuole, le associazioni e il mondo del volontariato, con percorsi tematici sull’agricoltura sostenibile, l’apicoltura, la tutela della biodiversità e la gestione virtuosa del ciclo delle acque.
In Toscana il Gruppo BF (Bonifiche Ferraresi, circa 270 milioni di fatturato) ha presentato il piano di rilancio della Tenuta Le Piane, che prevede in 5 anni un investimento di 2 milioni di euro, con ricadute occupazionali di oltre 50 unità. I circa mille ettari – di cui circa 800 boschivi, 110 di seminativo e il restante pascolo – vedranno lo sviluppo di un polo di allevamento allo stato brado di capi di razza bovina Maremmana (ora sono circa 200) e l’avvio di produzioni agricole biologiche e integrate con l’area boschiva, sia per il recupero di arboricolture autoctone sia per colture non food per la filiera delle bioplastiche. In sinergia con la vicina Tenuta Il Cicalino, partirà anche un’attività ricettiva attraverso il recupero di alcuni dei casolari presenti nell’area e la creazione di percorsi di “forest bathing”, trekking e cicloturismo.
Miglioramento della salute della fauna e della flora del bosco, tutela della biodiversità, creazione di nuovi habitat produttivi, attività per i giovani, laboratori didattici e nuovi pannelli informativi: sono il cuore dell’accordo stretto tra la cantina Villa Bogdano 1880 di Portogruaro (110 ettari di vigneti) e Vegal (Azienda di sviluppo del Veneto Orientale) per la conservazione e la tutela del Bosco di Lison. L’accordo rientra nel progetto “Engreen”, che fa parte del Programma di Cooperazione “Interreg V-A Italia-Slovenia 2014-2020”, finanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dai fondi nazionali. «Sentiamo oggi la responsabilità – spiega Domenico Veronese, co-fondatore di Villa Bogdano 1880 insieme a Lucio Tessari – di restituire unità tra agricoltura, natura e cultura».
Le api di Monini e Roncadin
Le api – preziose aiutanti dell’uomo nella produzione alimentare ma anche straordinarie sentinelle ambientali, la cui sofferenza rappresenta un segnale d’allarme per la salute del pianeta – sono protagoniste di diverse iniziative. Monini (159 milioni di fatturato) e LifeGate, in collaborazione l’Università di Bologna hanno dato il via a un progetto che prevede la creazione di tre hotspot (insediamenti di api mellifere, di api selvatiche e di due “Bee hotel” per altri insetti come farfalle e coccinelle) all’interno della Tenuta Perolla, un terreno toscano di Monini, integralmente riqualificato e in parte bonificato, nonché cuore di Bosco Monini, uno dei progetti (20 milioni di investimento) portanti del piano di sostenibilità dell’azienda (“A Hand for the Future”), che entro il 2030 si è posta l’obiettivo di creare un polmone verde in Italia da un milione di olivi, coltivati secondo tecniche di agricoltura integrata e biologica. Nelle scorse settimane 650 mila api hanno invece trovato casa in un terreno adiacente lo stabilimento di Roncadin (tra i leader nelle pizze surgelate con 148, 5 milioni di fatturato); l’idea è quella di monitorare l’aria di Meduno (Pn) e avviare progetti didattici con le scuole.
Gli interventi poi possono essere anche diffusi sul territorio: Vallelata e Legambiente hanno lanciato il progetto “Insieme piantiamo alberi” per la tutela del verde cittadino, condotto in otto regioni (Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Sardegna, Sicilia). Fino al 15 luglio i consumatori potevano votare la loro area verde preferita.
Innovare all’Anno Mille
A Gussago, tra Milano e Pavia, c’è l’Innovation Center Giulio Nattasi, dove si sviluppano tecnologie e soluzioni per far nascere la prima “Nature Based Solutions Valley” in Italia. Una tenuta di 1.700 ettari ospita una cascina ristrutturata all’insegna della sostenibilità e sede di Simbiosi, la capogruppo delle società riconducibili alla holding Neoruralehub, nata grazie all’intuizione di Giuseppe Natta (figlio di Giulio) che ha sviluppato tecnologie capaci risparmiare risorse naturali ed energetiche.
Circa 400 ettari ospitano un esperimento durato oltre 25 anni che ha portato al modello Neorurale, in cui i campi, sfruttati per decenni in modo intensivo, sono stati riportati alla loro dimensione antica, precisamente all’Anno Mille, certificati in biodiversità (aumentata del 153%). Sono stati piantati 2 milioni di alberi e cespugli, creati prati umidi e zone ad acque alte e basse, piccoli fiumi, vasche di laminazione per la protezione idrogeologica del territorio.
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