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La Cina potrà realizzare gli ambiziosi obiettivi che si è prefissa da qui al 2049, data dei primi cent'anni dalla fondazione della Repubblica popolare, solo se saprà fare dell'innovazione il cardine del suo sviluppo. Questo è il filo rosso della tavola rotonda che si è svolta nell'affollata sala Depero del Palazzo della Provincia, che ha visto a confronto Mario Boselli, presidente dell'Italy China Council Foundation, Giuliano Noci prorettore del Politecnico di Milano, Junyi Bai professore e avvocato esperto di diritto commerciale cinese e Gianluca Mirante, direttore dell'ufficio di Hong Kong Trade Development Council a Milano, Malta, Cipro e Grecia.
Bisogna immaginare
Compito non semplice, per i relatori, individuare in una manciata di minuti la possibile traiettoria cinese del prossimo quarto di secolo, nell'economia, nel diritto, nella politica interna e nell'evoluzione della società.Inevitabile ripartire proprio lì da dove tutto è cominciato, ovvero dalla politica delle porte aperte di Deng Xiaoping, il piccolo leader le cui decisioni coraggiose, quarant'anni dopo, hanno reso possibile la costruzione della Cina di oggi, un gigante in grado di contendere la leadership globale agli Stati Uniti.
«Fare le cose, velocemente, su larga scala, con uno stile estraneo al frammentato mercato europeo, ha attirato investimenti - dice Giuliano Noci, padre dello spin off del Politecnico di Milano in Cina. Oggi arricchirsi si, va bene, ma con moderazione. Bisogna operare sulle grandi imprese, ricordiamo che per il 70% sono private, spostandosi dall'economia delle piattaforme a quella manifatturiera. Può sembrare strano, ma confucianamente c'è una forte politica industriale in cantiere che poggia su quel collective power che produce innovazione. Bisognerà vedere se l'economia statale, saprà guardare allo stesso obiettivo con la stessa dedizione».
Il ruolo della legge
C'è poi la capacità/necessità della Cina di ammodernare le sue strutture giuridiche. «La data chiave, se di date dobbiamo parlare, è il 1978. Gli investimenti, la possibilità di costituire società con partner stranieri, tutto questo è diventato un propulsore del progresso e della crescita economica -. dice Junyi Bai. Ma adesso è stato già avviato un upgrade dell'intero sistema, una nuova piattaforma varata agli inizi del 2022 che non mancherà di produrre effetti a lungo termine».
Ancora date, ebbene sì: il 2047 sarà l'anno del passaggio completo di Hong Kong alla Cina continentale. Puntualizza Gianluca Mirante: «Hong Kong sta diventando il ponte verso la Cina anche per quanto riguarda la Cina stessa, ricordiamo che finora il 70% del traffico passa ancora dall'ex colonia britannica. Come? C'è la strategia GBA, la Great bay area, Hong Kong, Macao più nove municipalità del GuangDong. Questa integrazione è cruciale per il futuro della Cina, a ogni livello: competenze, talenti, start up».
Da fabbrica a laboratorio
«Nel 1978 io c'ero, è stato il mio primo viaggio in Cina, finora ne avrò fatti almeno 150 -, ricorda il cavalier Mario Boselli, e ho avuto il privilegio di testimoniare questo cambiamento quarantennale. Prima si doveva crescere crescere crescere. A ogni costo. Oggi c'è una nuova spinta verso ricerca e sviluppo. Da fabbrica del mondo a laboratorio del futuro, non è vero che la Cina non sia più fabbrica lo è ancora, ma applicata a produzioni di più alta qualità, migliori e diverse. Ciò che non cambia è la capacità di lavoro diffusa nella società in senso ampio».
Mentre già pensa al secondo centenario al giro di boa del 2049, c'è da chiedersi quale sia il posto della Cina sul mappamondo. Michele Valenzise, ambasciatore, già segretario generale della Farnesina, lo spiega nel video trasmesso in sala che fa luce sulla strategia cinese di interagire per blocchi omogenei: «L'Europa è un a controparte naturale, cerchiamo di non perdere preziose opportunità, come si è verificato, purtroppo, negli ultimi tempi».
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