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La top manager italiana numero due del gruppo Kering: Francesca Bellettini

Chi è l'italiana alla guida di Yves Saint Laurent e nella lista delle 25 donne più influenti al mondo, che Francois Henri Pinault ha scelto come sua vice e responsabile per il brand development dell'intero gruppo?

di Nicoletta Polla-Mattiot

Francesca Bellettini, Ceo di Saint Laurent.

8' di lettura

Grande riassetto ai vertici Kering: Francesca Bellettini, presidente e ad di Yves Saint Laurent dal 2013, accanto al ruolo attuale, viene nominata vicepresidente e responsabile per il brand development dell'intero gruppo: tutti gli amministratori delegati dei marchi riporteranno a lei.

Chi è l'italiana al vertice del gruppo - il secondo al mondo per fatturato - che Pinault ha scelto di avere come vice al suo fianco? Per conoscerla da vicino, pubblichiamo il racconto dell'incontro di HTSI con la top manager avvenuto in primavera, quando Bellettini era ancora “solo” l'ad di YSL, il marchio Kering che registra la crescita maggiore.

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Nel mondo della gestione d'impresa, quando s'incontra un fuoriclasse, ci sono minimi dettagli che chiedono attenzione. Il primo è la schedule, l'ora in cui il manager si rende disponibile per l'intervista. Con Francesca Bellettini ci vediamo alle 8 in punto, per avere davanti tutto il tempo e nessuna fretta in una giornata - la sua - che proseguirà con l'apertura di una conferenza internazionale sul lusso alle 10, un paio di meeting a Milano fra le 11 e le 13, e un volo per Tokyo nel primo pomeriggio. Il secondo è l'abito: quello della presidente e amministratore delegato di Saint Laurent è semplice ai limiti della ricercatezza, un nulla perfetto, camicia girocollo bianca e una giacca che ha la precisione di una linea retta. Il terzo è la lingua: l'italiano di una delle 25 donne più influenti al mondo è un combinato di affabilità organica, fluidità romagnola e pura solidità. Suona spontaneo quanto è netto e si coniuga solo al plurale, tutt'al più al duale. La qualità della leadership comincia dalla grammatica, si fa squadra anche nei verbi. Poi ci sono dettagli che sono chiavi di affinità. La massa bruna di capelli ricci dove convivono ordine e disordine, sforzo di controllo e resa alla natura impossibile da controllare, apre questa conversazione con un sorriso a specchio.

In queste pagine, immagini della sfilata della collezione Saint Laurent Primavera Estate 2023 e del party organizzato da Madonna e Anthony Vaccarello durante Art Basel Miami Beach per la mostra “Sex by Madonna”. In alto, da sinistra: la passerella; l'attrice Milena Smit; Anja Rubik e Hailey Bieber con Vaccarello e Zoë Kravitz; Matthew Avedon, modello e figlio del fotografo Richard Avedon. Al centro, da sinistra: l'attrice e cantante Zoë Kravitz insieme alla modella Hailey Bieber; la modella Vittoria Ceretti (sopra); Madonna e la dj e producer Honey Dijon (sotto); due momenti della presentazione parigina attorno alla fontana del Jardins du Trocadéro. In basso, da sinistra: la modella Adwoa Aboah; uno scatto dal catwalk; la modella Alek Wek. (ph. SASKIA LAWAKS. SOFIA MALAMUTE. GORUNWAY. COURTESY OF SAINT LAURENT)

Cominciamo da una curiosità: la cronaca economica raramente si esprime in termini emotivi. Invece la crescita del brand, sotto la guida di Francesca Bellettini e la direzione artistica di Anthony Vaccarello, vanta epiteti esuberanti: impetuosa, spettacolare, irrefrenabile sono i termini più frequenti con cui vengono descritti numeri e profitti esponenziali, arrivati a contare nel 2022 il 16 per cento delle vendite complessive del gruppo Kering (di cui fanno parte colossi come Gucci). «A me fa piacere essere descritti con questi aggettivi dall'esterno, ma non sono quelli con cui noi ci descriviamo, noi parliamo della nostra crescita come solida: crescere, fin dall'inizio, ha voluto dire costruire delle basi salde che potessero sostenerci». Era il 2013 quando Bellettini fu scelta da François-Henri Pinault per guidare una maison prestigiosa, ma i cui ricavi si aggiravano intorno ai 500 milioni di euro (precisamente 472 milioni di euro nel 2012). A distanza di dieci anni, il target dei 3 miliardi è stato raggiunto e già ci si proietta verso il prossimo: 5 miliardi. «Quando sono arrivata, la prima cosa che abbiamo fatto è stata sederci tutti insieme e definire quello che poteva essere un obiettivo di medio-lungo periodo, e soprattutto crederci, essere tutti convinti che ci si poteva arrivare. Anzi, comportarsi come se fossimo già là».

Bellettini con il direttore artistico Anthony Vaccarello.

L'immagine della linea retta calza a pennello non solo il fisico minuto, ma la tempra di visione di questa manager-da-un-miliardo-di-euro (altro epiteto ricorrente). Un semplice, eppure infinito, insieme di punti allineati lungo la stessa direzione: il linguaggio geometrico sintetizza la determinazione a un percorso corale verso una destinazione chiara. Porsi traguardi corretti è metà della strada per realizzarli. «Il principio è capire quello che sei e che hai, stabilire in modo chiaro dove arrivare, e costruire il resto intorno, in primis la struttura che ti consenta di arrivarci in modo agile». Semplice a dirsi, quantomeno articolato da realizzare. «Il lusso è un settore aspirazionale. La priorità è essere desiderabili e ci riesci quando sei autentico, quando giochi in territori che sono coerenti con te. La nostra è stata una strategia di posizionamento. Con l'arrivo di Anthony, abbiamo spinto su prodotti qualitativamente sempre più elevati, sul fashion show, sulle campagne pubblicitarie. Ci è stato subito chiaro che il brand, la creatività e il posizionamento non dovevano essere sacrificati per un euro di fatturato in più, un euro di profittabilità in più». Organizzativamente le tappe sono state precise. «Abbiamo creato una business unit per le calzature, una per la pelletteria, una per il ready-to-wear: il responsabile segue tutto, dallo sviluppo prodotto fino alla consegna in negozio, in modo che non ci siano inciampi nella filiera e ogni fase sia seguita con la stessa attenzione. Un'altra mossa fondamentale è stata l'autonomia delle regioni. Prima del mio arrivo, i presidenti erano dei retail director, io li ho voluti responsabili di tutte le funzioni e a mio diretto riporto: sono i miei occhi e le mie braccia sui mercati, perché non conosci mai un luogo bene come le persone che ci vivono».

La maison, al 37-39 di rue de Bellechasse, nel settimo arrondissement parigino.

Un manager prende centinaia di decisioni ogni giorno, alcune sono routine gestionale, alcune sono svolte, punti dirimenti: dopo, ti pare scontato che sia sempre stato così. «Non conto le volte che ci sentiamo in una giornata io e Anthony. Lo considero il mio partner lavorativo, non ci sono tabù, mi consulto con lui su qualunque cosa e mi fido tantissimo del suo giudizio. Quando abbiamo deciso di non continuare il rapporto con Hedi Slimane, ho avuto un anno di tempo per guardarmi intorno. Avevo già notato Vaccarello, principalmente perché mi faceva arrabbiare. Sui giornali uscivano decine di editoriali con gli accessori Saint Laurent e i suoi abiti. A dire il vero, stavano molto bene, ma io lo trovavo inammissibile: “Ma come? Non abbiamo la forza di avere dei total look solo nostri?”. L'ho seguito nel lavoro che ha fatto su Versus e anche lì sono rimasta colpita dal modo in cui riusciva ad essere fedele al brand, pur venendo fuori con la sua graffiata. Non sono persona da piani B, neanche nella vita. Non ho mai un water down, una diluizione del piano principale. Se ritengo che una cosa sia corretta, non ho bisogno di vederne e provarne altre. Quindi, ho deciso di incontrare solo lui…». Un'intuizione puntuale, un sodalizio quasi istantaneo: «Abbiamo parlato a lungo ed è nata subito una relazione: da una parte, la mia fortissima ammirazione per la sua creatività e dall'altra, la sua totale disponibilità a imbarcarsi in questa stupenda avventura insieme! Ho presentato la sua candidatura a François-Henri Pinault e lui addirittura a metà colloquio gli ha chiesto quando poteva iniziare».

Entusiasmo e calcolo non si elidono, neppure in business globali come quello della moda e del secondo più grande gruppo francese del lusso. Adesso, dati alla mano, è facile valutare che la scelta fosse giusta… «Sì, ma noi ci abbiamo creduto dal primo minuto», quasi mi interrompe per l'urgenza della risposta. «Ora abbiamo quel successo riconosciuto con gli aggettivi di cui parlavamo prima, ma io, Anthony, François-Henri, e tutta l'azienda, ci abbiamo creduto subito ed è questo che ci ha dato forza. Se credi in una cosa, poi succede…». Quando esce dalla lucidità geometrica dei piani strategici, quando intreccia numeri e persone, Bellettini si consente la schiettezza del coinvolgimento, la vulnerabilità della passione senza perdere credibilità. Passa dal noi all'io, solo per una breve, ma generosa finestra personale, quando le chiedo che qualità ci vogliono per lavorare con lei. «Date per scontate la professionalità e le capacità tecniche, direi determinazione e sincerità manageriale. Non mi piacciono le persone non trasparenti dal punto di vista del business: se si fa un errore, si riconosce e si cerca di risolverlo. L'intelligenza collettiva e il gruppo sono più importanti dell'high-flyer, del single talent anche straordinario. E poi, se vuoi lavorare con me, devi essere ottimista. Ho questa regola in azienda: chiunque mi viene a dare una notizia negativa, ne deve portare anche una positiva. Io sono romagnola, l'ottimismo ce l'ho nel sangue».

La sede al 123 Avenue des Champs Élysées: fortemente voluta da Anthony Vaccarello, verrà inaugurata in estate.

Questa fiducia di sguardo, le fa dire più volte, nel corso della conversazione, «io non potrei essere più fortunata!». È fortunata perché ha avuto capi eccezionali e maestri da cui ha imparato moltissimo, è fortunata perché lavora con Anthony, a cui «interessa quanto a me avere successo, anche dal punto di vista del business, ma entrambi sappiamo che nessuna scelta, anche la più redditizia, può venire prima della creatività». È teneramente fortunata a «essere stata cresciuta senza limiti. Devo ai miei genitori il fatto di credere in me, di sapere che se hai voglia di farcela e ci metti l'impegno, non c'è niente che tu non possa realizzare». C'è spazio anche per un ricordo antico. «A 3, 4 anni invidiavo il marito di mia sorella sempre in giro per il mondo per lavoro. Nella mia testa, fare il manager voleva dire viaggiare. Per questo, gestire un'azienda era già il mio sogno. Poi cresci e la vita prende direzioni più concrete. Io avevo una forte predisposizione per la matematica, mi sono laureata in Economia, ho iniziato a lavorare nel banking. Quando Patrizio Bertelli mi ha off erto di entrare in Prada, è arrivato il mio momento sliding door: il lavoro era favoloso, ma accettare significava dimezzare il mio stipendio. Chiamai mio padre e lui mi disse: “Sei troppo giovane per fare delle scelte basate sui soldi. Segui quello che vuoi fare, segui il tuo istinto”. Non mi sono mai sentita così libera! Ecco perché devo alla mia famiglia la fi ducia che mi ha fatto arrivare dove sono».

Oggi è Women of the Year 2022, con un traguardo di 3,3 miliardi e una crescita del 23 per cento. Ma oggi è già ieri. «Ho già detto che il nostro prossimo obiettivo sono i 5 miliardi. Il potenziale di Saint Laurent non è ancora totalmente espresso, basta vedere il modo in cui siamo cresciuti e dove. Mi aspetto la maggiore espansione in termini percentuali sui mercati asiatici, dove siamo entrati relativamente tardi, soprattutto in Cina, rispetto agli altri brand. Tutte le categorie di prodotto hanno ancora grandi possibilità di sviluppo e sono parimenti importanti perché noi lavoriamo a silhouette, come faceva Yves. E ci sono nuove aree da esplorare: per esempio, la fine jewelry». Anche la strategia retail ha giocato un ruolo importante. «Stiamo lavorando sul nuovo store concept, rivelato a Parigi in Boulevard Saint-Germain e lavoreremo su un nuovo sito che deve riflettere ancora meglio la nostra identità. L'e-commerce è il nostro primo negozio al mondo a livello di fatturato. E quanto al posizionamento, ragionando in un'ottica di valore senza compromessi, fin dal 2020 abbiamo deciso di interrompere qualunque forma di saldo. Nei nostri store si trovano solo prodotti a prezzo pieno». Siamo tornati sul terreno di numeri e strategie. Come sarà questo 2023? «Un anno di passaggio, in cui investiremo tantissimo - un nuovo atelier di quasi 30mila metri quadrati a Scandicci, nuovi negozi, nuove assunzioni - per arrivare a un 2024 incredibilmente solido. Apprezzo il tempismo, mai l'impazienza. Serve restare focalizzati su quello che possiamo controllare e mantenere una visione di lungo periodo».

Quando parlavamo di hobby e tempo libero, mi ha detto di essere una super sportiva («Serve per combattere il jetlag e mantenersi fi t, corpo e mente») e un'amante della velocità. Le chiedo se c'è una connessione con il suo ruolo nel consiglio di amministrazione Ferrari. «È una passione!», e torna quella vibrazione affettiva nella voce che riserva ai ricordi. «Basti dire che a casa mia la prima tv a colori fu comprata per guardare il Gran Premio la domenica. Purtroppo, mio padre era già morto quando sono entrata nel board, credo lo avrei reso fiero di me. D'altronde, quando ho dato l'esame per entrare in Bocconi, avevo deciso che, se non l'avessi passato, avrei fatto ingegneria per diventare un meccanico della Ferrari». Arriva un momento in cui la vita ricongiunge tutti i punti. Non è un cerchio che si chiude, ma una retta che si espande. Specie se puoi permetterti di dire schiettamente che non conosci ansia da prestazione. «Se ti poni tu il traguardo, anche il più impegnativo (3 miliardi, 5 miliardi…) è solo una guida, ti dà una traiettoria». Non è un punto di arrivo, è il punto di partenza.

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