Obiettivo rigenerazione: viaggiare per far bene a sé e al Pianeta
Dal deserto dei Nabatei a quello del Gobi, fino al Rwanda. Tre esempi di turismo trasformativo. Un modello di business che apre nuove prospettive al settore.
di Alexis Paparo
3' di lettura
Unico indizio della sua presenza, la piscina blu cobalto. Per il resto, l'eco-resort Habitas Alula si mimetizza fra i canyon desertici della valle dell'Ashar, in Arabia Saudita, a poca distanza dal museo a cielo aperto scolpito nella pietra dai Nabatei. Appena premiato agli Hospitality Design Awards 2022, è l'ultima novità di Habitas. Con cinque strutture fra Messico, Namibia e Arabia Saudita (ma ne arriveranno altre sei fra Bhutan, Marocco e Costa Rica), il gruppo si fonda su un'idea di viaggio rigenerativo, per i luoghi che accolgono e per chi li visita. Sei i pilastri – musica, benessere, avventura, cultura, apprendimento e cucina – declinati attraverso passeggiate artistiche, anche fra la collezione di land art che prende vita attorno al resort, trekking nel canyon, workshop di yoga, meditazione e respiro, cinema all'aperto, concerti (ville da 630 euro a notte). Il lavoro inizia a monte, dalla progettazione: suite modulari brevettate che si poggiano sul terreno, senza bisogno di scavi o di utilizzare cemento.
Quasi seimila chilometri più a sud, dal primo luglio, è aperto un non-resort sul lago Kivu, in Rwanda, nato per preservare i sottili equilibri del territorio e la cultura dei suoi abitanti. Il terzo gioiello firmato da Daniele Kihlgren prende avvio (anche architettonicamente) dal materiale presente nel Museo Etnografico di Butare, dallo studio della fauna e flora locale, dall'ascolto degli anziani dell'isola di Nkombo, per raccogliere dalla loro voce riti e pratiche culturali. Tutto ciò viene condiviso con i limitatissimi ospiti di Progetto Capanne (massimo sei nello stesso momento, da 400 euro a notte), finanziato dai soci di Sextantio attraverso una Onlus che, dal 2008, fornisce l'assicurazione sanitaria alle persone più indigenti del Paese. Nessuna boutique di fittizio artigianato, nessuna forzatura: si pesca in notturna insieme alla gente del posto, si visitano la scuola e il mercato dell'isola, si cena in riva al lago, sulla spiaggia privata, cullati dai tamburi tradizionali, ci si riunisce intorno al fuoco.
Cambiando continente, il Three Camel Lodge, circondato dal deserto del Gobi, è off grid (alimentato a energia eolica e solare), ma totalmente connesso alla comunità nomade che abita questi spazi immensi da millenni e che costituisce la totalità dello staff e dei fornitori. Parte di Beyond Green, la collezione di hotel e resort ad alto impatto trasformativo di Preferred Hotels, ha poco più di 20 yurte (da 1.385 euro a notte), con arredi intarsiati e dipinti a mano, da cui si gode una vista sulla steppa che sembra infinita, verde a tratti grazie ai 12mila alberi piantati dalla struttura negli anni. Qui vengono ospitati workshop di paleontologia e gli studi finanziati hanno portato, nel 2000, alla scoperta di una nuova specie di Anchilosauro. Poi si collabora con il Mongolian Bankhar Dog Project, che alleva e dona cuccioli di un'antica razza canina mongola alle famiglie nomadi per salvaguardare i leopardi delle nevi, uccisi perché responsabili di attacchi al bestiame. Si sostengono con borse di studio studenti universitari di arti dello spettacolo e poi li si invita al lodge, per condividere con gli ospiti il loro patrimonio di conoscenza.
Si tratta di tre idee di turismo oltre l'impatto zero, che mirano a trasformare in meglio i luoghi e chi li vive, non conta per quanto tempo. Nel numero 100 di How to Spend it abbiamo fatto un gioco: provare a individuare le 100 nuove parole del lusso, quelle che plasmeranno il prossimo futuro. Fra queste, al 42° posto, spiccava “comunità”, intesa come intelligenza collettiva al servizio (anche) del business. Al 77° si leggeva dei “gat”, acronimo di global affluent tribe – duemila persone che rappresentano il 70 per cento dei ricchi del pianeta – e della loro idea di viaggio a doppio senso: visitare luoghi che rigenerano e, al contempo, lasciarli meglio di come li si è trovati. Incrociamo queste suggestioni con i dati di Booking.com – il 61 per cento dei 30mila viaggiatori coinvolti afferma di puntare sulla sostenibilità nei prossimi 12 mesi, con un aumento del 15 per cento anno su anno – e del nuovo Travel & Tourism Competitiveness Index, del World Economic Forum. Il settore è uno dei principali motori di sviluppo economico e di progresso sociale dei paesi emergenti (il 10 per cento del Pil globale nel 2019). Nonostante la ripresa non tocchi ancora i livelli pre-Covid, in questi due anni si sono create nuove opportunità date dalla riscoperta del turismo di prossimità e delle aree rurali, dei viaggi focalizzati tanto sul benessere personale quanto su quello dei luoghi e di chi li abita. Se la sfida non è tornare al passato, ma ricostruire meglio, il settore turistico sembra avviato con più decisione di altri su questa strada
loading...