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Occhi puntati su Tim dopo la mossa del Governo sulla rete

Meloni e Giorgetti hanno ribadito il pieno supporto politico dell’esecutivo a un’operazione che punta a garantire il controllo della rete allo stato, salvaguardando i livelli occupazionali

di Eleonora Micheli

(IMAGOECONOMICA)

3' di lettura

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Telecom Italia osservata speciale dopo le decisioni adottate dal Consiglio dei Ministri per rilevare una quota diretta nella rete della società. I titoli, che già la vigilia avevano messo a segno un progresso superiore al 3%, sono partiti portandosi in vetta al FTSE MIB, con un guadagno vicino ai tre punti, ma hanno poi rallentato il passo, pur restando in territorio positivo. Il Governo, nella prima riunione dopo la pausa estiva, ha autorizzato il Mef a entrare nell’offerta per Netco, la società che controlla la rete e Sparkle, con una quota compresa tra il 15% e il 20%, assegnando risorse per circa 2,2 miliardi di euro. Secondo gli analisti di Equita «l’ammontare è coerente con le valutazioni circolate relative a 20 miliardi di enterprise value della rete, dei quali 9 miliardi di debito e 11 miliardi di equity». Sia la premier Giorgia Meloni, sia il ministro all’Economia, Giancarlo Giorgetti, hanno ribadito il pieno supporto politico dell’esecutivo a un’operazione che punta a garantire il controllo della rete allo stato, salvaguardando i livelli occupazionali. Inoltre, secondo Il Sole 24 Ore, è previsto un incontro tra il Governo e l’azionista Vivendi, per trovare un’intesa ed evitare scontri in un’assemblea che dovrebbe approvare l’operazione e dovrebbe essere convocata verso fine anno.

Se l’operazione andrà in porto, Kkr avrà la maggioranza delle rete con una quota del 65%, mentre il restante 35% sarà in mano a un nocciolo di azionisti italiani, composti dal Mef e dal fondo F2i, interessato a una partecipazione fino al 15% circa. Il Sole 24 Ore non esclude un ingresso anche di Cdp con una partecipazione del 3%. Sempre per il quotidiano, «potrebbe, ma non è certo, restare nell’azionariato anche la stessa Tim, si ipotizza eventualmente con una quota del 5-10%». Gli aggiustamenti, ovviamente, avverrebbero eventualmente nell’ambito di quel 35% in quota italiana perchè in ogni caso Kkr manterrà la maggioranza del 65% della Netco. Il Governo, comunque, manterrà un controllo strategico del ministero dell’Economia sulle materie più rilevanti, lasciando aperta la strada a un’acquisizione di Sparkle anche in una fase successiva, quindi separatamente dalla rete. «I colloqui tra Kkr e il Mef, che stanno andando avanti da mesi, si intensificheranno per arrivare a formulare un’offerta vincolante entro il 30 settembre», scrive sempre Il Sole 24 Ore. In seconda battuta sarà da chiarire anche se il riassetto passerà o meno dalla cosiddetta “rete unica” con Open Fiber, società della quale Cdp detiene il 60% (il restante 40% fa capo al fondo australiano Macquarie). In tal caso, però, dovrà essere ottenuto semaforo verde anche da Bruxelles sulle questioni antitrust. «Altrimenti l’alternativa sarebbe quella di ridurre il perimetro alle sole aree bianche e grigie, quelle più disagiate, che al momento però hanno un valore economico negativo», è scritto dal Sole.

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Equita ritiene che a questo punto sono aumentate le chance di realizzazione dell’operazione sulla rete, dato il chiaro e forte supporto politico ai massimi livelli da parte del Governo. Se tutto andrà in porto, si risolverebbe anche il tema dell’eccesso di debito di Tim. «Darebbe supporto alla nostra valutazione di 40 centesimi per azione», hanno concluso gli esperti di Equita, che così hanno confermato la raccomandazione di ‘Buy’. Il giudizio è positivo anche da parte di Intesa Sanpalo (‘Buy’ con target di prezzo a 0,4 euro), visto che rappresenta «una positiva evoluzione della saga di Telecom», anche se le notizie erano abbastanza attese. Giudizio positivo, infine, da parte di Intermonte (‘Buy’ con target di prezzo a 0,41 euro), sebbene gli esperti mettano le mani avanti e puntino l’indice sull’incertezza legata alla reazione di Vivendi, che potrebbe opporsi all’operazione in sede assembleare, nel caso in cui non siano accolte dall’esecutivo le sue richieste. «Nei giorni scorsi la stampa indicava che Vivendi sarebbe disposta a sedersi al tavolo con il Governo se verranno rispettate alcune pregiudiziali sulla sostenibilità economica della ServiceCo, chiedendo in particolare che non vi rimangano più di 8mila dipendenti», hanno ricordato gli esperti di Intermonte, commentando che tale richiesta «ci sembra oggi poco accoglibile a meno di un radicale riassetto occupazionale: ricordiamo; infatti, che il piano prevede che sulla ServiceCo domestica restino circa 19mila dipendenti, destinati a scendere a circa 17mila nel 2025-26».

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