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Occupazione, una donna su 5 fuori dal mercato del lavoro dopo la nascita di un figlio

Rapporto Inapp: abbiamo un tasso di occupazione femminile 13 punti più basso della media europea e il record negativo delle nascite

di Giorgio Pogliotti

(foto imagoeconomica)

3' di lettura

L’Italia è fanalino di coda a livello europeo per il tasso di donne occupate, pari al 52,1% (nel quarto trimestre 2022), oltre 13 punti al di sotto dalla media Ue (65,3%). L'Italia è anche l’ultimo Paese per tasso di fecondità in Europa: il 2022 ha segnato il record storico negativo di 392mila nuovi nati. C’è un collegamento tra i due fenomeni, se si considera ad esempio che dopo la nascita di un figlio quasi 1 donna su 5 (18%) tra i 18 e i 49 anni non lavora più e solo il 43,6% resta occupata (il 29% nel Sud e Isole). In sostanza in troppi casi la donna è posta di fronte all’alternativa tra lavoro e maternità, complice la carenza di servizi di welfare, insieme ad un’organizzazione del lavoro e della vita familiare che la penalizza.

La difficoltà di conciliare lavoro e cura spinge a lasciare il posto

La principale ragione per cui le lavoratrici rinunciano al lavoro alla nascita del figlio , come spiega un recente rapporto Pluss dell’Inapp è legata alla necessità di conciliare lavoro e cura (52%), seguita dal mancato rinnovo del contratto o dal licenziamento (29%) e da valutazioni di opportunità e convenienza economica (19%). Su questi dati occorre tornare a riflettere in occasione degli Stati generali della natalità. «La maternità continua a rappresentare una causa strutturale di caduta della partecipazione femminile al mercato del lavoro - ha spiegato il professor Sebastiano Fadda, presidente dell'Inapp - è un fenomeno che ha pesanti effetti demografici ed economici».

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Ipsos: divario di genere più ampio in presenza di figli

Indaga sulla relazione tra partecipazione femminile al mercato del lavoro e fecondità anche l’indagine Ipsos per Save the Children dal titolo “le equilibriste” sottolineando come nel 2022, nonostante una leggera decrescita, il divario lavorativo tra uomini e donne è al 17,5%, e il gap è ben più ampio in presenza di bambini: nella fascia di età 25-54 anni se c'è un figlio minore sale a 34 punti percentuali. Pesano differenze geografiche e titolo di studio. Nel Mezzogiorno l'occupazione delle donne con figli si ferma al 39,7% (46,4% se i figli non ci sono), contro il 71,5% del Nord (78,9% senza figli). Le madri laureate lavorano nell'83,2% dei casi, ma le lavoratrici sono molte meno tra chi ha il diploma della scuola superiore (60,8%) e calano al 37,4% con la sola licenza media.

Un terzo delle occupate ha un contratto part-time

Ha il part time il 32% delle lavoratrici (contro il 7% degli uomini), ma se ci sono figli minorenni la quota sale al 37% (a fronte del 5,3% dei padri), e con una metà quasi di queste mamme (15%) costretta ad un part-time involontario.

Le dimissioni riguardano soprattutto le donne (71,8%)

Vedono penalizzate le donne anche i dati raccolti dall'Ispettorato nazionale del lavoro sulle dimissioni: nel 2021, delle 52.436 convalide 37.662 (il 71,8%) si riferiscono a donne e 14.774 (28,2%) a uomini, e la percentuale delle donne sale oltre l'81% tra giovani fino a 29 anni. Se tra gli uomini la gran parte delle dimissioni (78%) è legato al passaggio ad un’altra azienda e solo il 3% alla difficoltà di conciliazione tra lavoro e attività di cura, per le donne questa difficoltà rappresenta il 65,5% delle motivazioni che spingono a lasciare il posto di lavoro. Del resto nella vita quotidiana sono le madri a dedicare gran parte del loro tempo alla cura dei figli: secondo la ricerca 16 ore contro le 7 del partner.

In sei casi su dieci mancano gli asili nido

Ben 6 mamme su 10 del campione intervistato da Ipsos lamenta di non aver accesso al nido, fattore chiave per la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. In più di un caso su 4 ciò è dovuto a carenze del servizio pubblico. In testa alle misure di maggior sostegno, le mamme mettono l'assegno unico, di cui usufruisce il 63% delle intervistate, mentre solo il 15% beneficia del bonus nido. In questo quadro quasi la metà del campione non ha intenzione di avere altri figli, perché troppo faticoso (40%), per le difficoltà a conciliare lavoro e famiglia (33%), per mancanza di supporto (26%) o per insufficienza dei servizi disponibili (26%).


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