Il lusso della curiosità

Ogni libro è un tesoro per cui vale la pena di affrontare migliaia di chilometri

Le vere gemme trovano posto nella biblioteca. Le confessioni di uno dei più amati scrittori russi contemporanei, collezionista di oggetti e capolavori virtuali

di Aleksej Ivanov

Aleksej Ivanov.

5' di lettura

Gli oggetti più importanti per me sono i libri, naturalmente. Gli amici dicono che non sono un uomo avido, ma quella che ritengo una mia qualità cede di schianto quando mi trovo all'interno della mia biblioteca: vorrei fosse sempre più ricca, grande, aggiornata. È il luogo in cui trascorro la maggior parte della mia vita e che, quindi, risponde più di ogni altra cosa al mio carattere, ai miei desideri, passioni, pregi e difetti. Ne sono anche gelosissimo. I libri per me sono oggetti così personali e preziosi che non li faccio nemmeno uscire fuori dal mio studio: quello è il loro posto, lì devono stare. Potrei dire con estrema precisione, a occhi chiusi, qual è il posto occupato da ciascuno di essi. Non li presto, neanche agli amici più cari che, infatti, hanno rinunciato a chiedermeli perché tanto sanno in partenza che non mi fido: non vorrei mai che li perdessero o anche solo che me li restituissero con una pagina lacerata, una copertina sgualcita. È decisamente una forma di dipendenza, non potrei definire altrimenti il mio rapporto con i libri. Non credo di essere l'unica persona al mondo a soffrirne, anzi penso che tra gli scrittori di professione sia piuttosto diffusa. Forse io vado un po' oltre.

È una dipendenza radicata che condiziona, ad esempio, il mio modo di viaggiare. Preferisco muovermi in automobile perfino per tragitti di migliaia di chilometri (e la Russia è un Paese vastissimo), perché da ogni viaggio torno con pile di libri che compro lungo la strada, fermandomi nelle bancarelle, nelle librerie e nei musei locali. In pratica la mia automobile ogni volta si riempie e finisce per assomigliare al furgoncino di una grande libreria. Sono appassionato di storia, la studio a fondo, e la storia della Russia viene scritta oggi da ricercatori locali che nessuno conosce. I loro lavori non si possono ordinare su Amazon o prendere in prestito nella biblioteca di una grande città, escono da piccoli editori, in tirature minuscole, da cento copie appena e sono reperibili soltanto nei luoghi dove abitano gli autori. Ecco spiegata la ragione dei miei acquisti compulsivi di volumi in giro per la Russia e delle mie spedizioni al volante per recuperarne il più possibile. Ma non sono un collezionista pazzo, sono piuttosto un lettore fanatico. Tutti i libri che compro servono per il mio lavoro. Quando scrivo i miei romanzi o i miei saggi, voglio sviscerare a fondo l'argomento, e studio i testi degli storici, degli attivisti e degli esperti di cultura locale. Voglio essere sicuro dell'attendibilità delle mie ricerche sul campo.

Loading...

Abito in una casa spaziosa e quasi ascetica, amo lo spazio, mi piace avere uno stile semplice, una specie di minimalismo di stampo scandinavo. In questo spazio essenziale e personale, mi sento libero di pensare, scrivere, respirare al meglio delle mie possibilità. Non ingombro il mio mondo di oggetti o souvenir. Conservo solo due cimeli di famiglia, che ho scovato di recente nella soffitta dei miei genitori. Si tratta di due ritratti dipinti da mio nonno, che era un pittore. Li ho fatti restaurare da un professionista e ora abitano nella mia casa. Per me è stata una scoperta molto importante, un saluto che mi viene riportato dal passato. Non ho quasi conosciuto mio nonno, ma sono laureato in storia dell'arte e sono in grado di apprezzare il suo lavoro non solo da un punto di vista emotivo, ma anche critico.

Non sono una persona particolarmente sentimentale, i miei oggetti preferiti hanno un'utilità pratica, come la mia scrivania. Quarant'anni fa, sul piano c'era sempre una risma di carta su cui scrivevo a penna, poi è arrivata la macchina da scrivere, oggi c'è il computer. Gli strumenti di produzione cambiano seguendo il progresso, la scrivania invece rimane la stessa, come una sorta di piedistallo, la base di tutto ciò che mi riguarda. C'è anche la poltrona, ovviamente, ormai sfondata, intrisa di fumo, lisa, e perciò ancora più comoda e cara: forse è l'oggetto con cui intrattengo la relazione più intima e longeva, separarmene sarebbe difficile.

Altri oggetti a cui sono affezionato? Potrei aggiungerne solo un altro, anch'esso scovato non molto tempo fa nella soffitta dei miei genitori. È un quaderno scolastico, ricoperto di scarabocchi. Sulla copertina c'è scritto: “Aliosha Ivanov, 6 anni, I tre Robinson”. È un romanzo. Questo quaderno ha 45 anni ed è per me la dimostrazione – o un monito – che sono nato scrittore, che scrivere è la cosa che amo di più, che è stata la scrittura a forgiare la mia vita e i miei pensieri. Magari è quanto sostiene ogni scrittore. Io, però, ne ho la prova: questo romanzo testimonia che ho sempre voluto fare questo mestiere e che l'ho perseguito tenacemente.

Non saprei dire se un oggetto finisce per appartenerti davvero solo con il passare del tempo. Di certo io non mi separerò mai dalla mia biblioteca. Tutto il resto si può ricomprare, o ricordare. Mi considero un collezionista di oggetti virtuali più che materiali. Tutte le emozioni, tutti gli eventi più preziosi della mia vita sono conservati dentro la mia testa.

Tuttavia come scrittore il mondo degli oggetti riveste un'importanza enorme. Le mie descrizioni sono estremamente dettagliate e piene di particolari dotati di una specifica fisicità. Amo la capacità di costruire un'intera scenografia intorno a una vicenda, per questo adoro il romanzo di Frederick Forsyth, Il giorno dello sciacallo, l'autore è così minuzioso, così efficace. Quando scrivo, con una mano batto i tasti e con l'altra navigo ed esploro, guardo sul web immagini di oggetti di epoche differenti, cerco informazioni su come sono fatti: in un testo letterario, l'oggetto, il suo aspetto, il suo funzionamento, e il tempo che spendi a dettagliarlo, non sono mai abbastanza. Soltanto un mondo minutamente puntuale, in ogni suo aspetto visibile, trasmette la sensazione di autenticità. La bellezza è questo. Non un concetto universale, ma qualcosa che nasce da migliaia di connessioni, con la storia, la propria biografia, l'epoca in cui si vive. Essere bello significa essere autentico.

Aleksej Ivanov, originario di Gorky, classe 1969, è spesso paragonato a Čechov e Dostoevskij e considerato uno dei migliori eredi della tradizione letteraria russa. Ha pubblicato più di 20 libri e in patria ha vinto i premi più prestigiosi, dal Book of the Year al Prose of the Year, al Tolstoy Prize. Dalle sue opere sono stati tratti film, come Zar, presentato al Festival di Cannes. L'ultimo romanzo pubblicato in Italia, per Voland, è I cinocefali (2020).

Riproduzione riservata ©

loading...

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti