IL gigante dei media

Ok alle nozze Walt Disney-Fox. Murdoch cede il suo impero per 72 miliardi

di Riccardo Barlaam

Schiaffo Gb a Murdoch, Fox-Sky minaccia il pluralismo

4' di lettura

Ci sono voluti nove minuti da una parte. E dieci minuti dall’altra per creare il più grande conglomerato mondiale nell’industria mediatica tra The Walt Disney Company e 21st Century Fox. In due salette separate, al piano sotterraneo dell’Hilton Hotel, Midtown Manhattan, gli azionisti delle due società hanno approvato il piano di acquisto di Disney da 71,3 miliardi di dollari del pacchetto di maggioranza dell’impero mediatico di Rupert Murdoch. Avatar, la serie dei film X-Men e serie tv celebri come The Simpsons saranno ora di proprietà di Disney.

Così come le tv via cavo FX e National Geographic, la maggioranza nella piattaforma di streaming video Hulu, che può contare su oltre 20 milioni di abbonati. Il primo accordo tra Bob Iger, numero uno di Disney, e Rupert Murdoch risale al dicembre scorso.

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Dopo mesi di negoziati e manovre il gigante della tv via cavo di Philadelphia, Comcast, ha presentato la sua offerta per Sky superando Disney e anche le intenzioni di fidanzamento di Iger-Murdoch. Fino a quando Iger è tornato all’attacco con l’ultima offerta di 71,3 miliardi, mixando cash e azioni, accettata dal board di Fox e oggi ratificata dagli azionisti. Comcast si è tirata fuori. Anche se ora concorre in un deal separato con Disney per il controllo di Sky, la tv europea di Murdoch.

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Le due assemblee
L’assemblea degli azionisti Disney, come detto, è durata nove minuti. Presenti una sessantina di persone. Bob Iger non c’era. È stato approvato un piano di acquisto che prevede il pagamento in parti uguali della cifra monstre di 71,3 miliardi, suddivisa in 35,7 miliardi di dollari in contanti e 343 milioni di azioni Disney. Il 99% dei presenti ha approvato l’operazione. Una sola voce dissenziente si è udita quando Alan Braveman, consigliere generale di Disney, ha aperto ai commenti degli azionisti. Un uomo si è alzato e ha borbottato: «Io credo che l’abbiamo pagata troppo». Anche l’assemblea degli azionisti di Fox, nella saletta accanto si è chiusa in dieci minuti. Gli azionisti presenti hanno approvato il deal, una formalità quasi. Philip Berman, azionista di lungo corso di Fox ha commentato su tutti: «Il sogno di Rupert si è avverato». Dopo 60 anni al timone il regno di Murdoch finisce passando a Disney, la casa di Topolino che nel 2018 compie 90 anni e si ingrandisce ancora di più.

Il gigante dei media
The Walt Disney Company, la capogruppo americana, era già il più grande conglomerato globale nei media con asset in cinema, televisione, editoria, merchandising, parchi a tema. Controlla i canali televisivi di Abc Family, Disney Channel e Espn. Gli Studios producono film con i marchi Walt Disney Pictures, Disney Animation e Pixar, la società di Steve Jobs, la prima a realizzare film tutti in digitale, comprata da Disney nel 2006 per 7,4 miliardi di dollari. Nel 2009 Disney ha acquisito Marvel per 4,3 miliardi (i film dell'Uomo Ragno, Captain America, Ironman), e nel 2012 Lucasfilm per 4 miliardi (Indiana Jones e la saga di Guerre Stellari).

L’ultima scommessa di Bob Iger
Dal 2005 il gruppo è guidato da Bob Iger. Con lui al timone, nonostante le tante acquisizioni, i ricavi sono passati da 31,9 miliardi di dollari ai 55,7 miliardi del 2017. Nello stesso periodo, la capitalizzazione di Borsa è salita da 48 a oltre 167 miliardi di dollari, con un aumento del valore del titolo di circa il 350 per cento e utili in crescita. L'ultima scommessa di Iger era quella di aggiungere al pacchetto di contenuti Disney, già ricchissimo, la quota di maggioranza di Fox in mano all'87enne Rupert Murdoch, che controlla la 21st Century Fox e Sky. Aggregazione per controbattere all’ascesa di Netflix. Contenuti e distribuzione ormai nell’industria dei media vanno di pari passo. Disney sta lavorando alla creazione di sua piattaforma di video-streaming per fare concorrenza a Netflix, che domina il mercato americano con quasi 48 milioni di abbonati. Con l’ultima preda di Fox il piatto è diventato ancora più ricco. Primo content provider e distributore al mondo.

Il nodo politico con la Cina
Ma non è tutto definito. Dopo l’ok societario manca il via libera politico-regolamentare. Disney ha già ricevuto l’approvazione dal Dipartimento di Giustizia americano per acquisire gli asset di Fox, ed è in attesa del sì della Federal Communications Commission. Per il completamento della transazione tra Disney e Fox, tuttavia, mancano ancora i via libera di una dozzina di autorità antritrust in tutto il mondo. Su tutte quella europea e cinese. Nel momento più turbolento della storia recente per le relazioni commerciali con gli Stati Uniti si rischia uno stop politico al maxi-deal da parte di Pechino, dopo i 50 miliardi di dollari di dazi introdotti dall’amministrazione Trump sull’export cinese.

Il precedente Qualcomm-NXP
Proprio ieri il no dell’Antitrust cinese ha fatto saltare l’acquisizione da 44 miliardi di dollari di Qualcomm, società americana, primo produttore mondiale di semiconduttori per smartphone, che voleva comprare il concorrente olandese NXP. «Siamo rimasti intrappolati nella rete della guerra commerciale», ha commentato Steven Mollenkopf, il ceo di Qualcomm. Il segretario al Tesoro Usa, Steven Mnuchin si è detto «veramente molto deluso» del fatto che Pechino non abbia concesso l'approvazione al deal. Considerato dagli analisti una moneta di scambio “scontata” dopo le recenti concessioni fatte da Washington al produttore cinese di smartphone Zte per entrare nel mercato americano.

Due anni di negoziati in fumo
I negoziati tra Qualcomm e NXP erano cominciati nel 2016. L'aria è cambiata a fine maggio dopo l'annuncio del presidente Trump di voler introdurre dazi punitivi all'export cinese per 50 miliardi di dollari. Le autorità antitrust nazionali hanno il potere di aprire indagini sulle acquisizioni delle società straniere che operano nel loro Paese. Ma di rado le bloccano quando riguardano operazioni che avvengono altrove. Questo almeno fino all’altro ieri. Nell’era della globalizzazione, prima dei rigurgiti di protezionismo degli ultimi mesi. Qualcomm aveva bisogno dell’ok cinese perché il Paese asiatico, ormai leader nella produzione di smartphone, vale circa due-terzi del fatturato. La mancata acquisizione americana è la prima vittima eccellente delle politiche commerciali aggressive introdotte dalla Casa Bianca. Bisognerà vedere nei prossimi mesi come evolveranno le relazioni commerciali tra Usa e Cina. Certo, l'alta tensione nel corridorio Washington-Pechino, dopo il precedente Qualcomm-NXP rappresenta un elemento molto rischioso per il futuro delle nozze da 71,3 miliardi tra Disney-Fox. Il tempo lo dirà.

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