Prezzo olio d’oliva: +130% in un anno, siccità e Turchia colpiscono
Un rapporto governativo denuncia l’incremento del 130% nell’ultimo anno ad agosto per la siccità nel Mediterraneo. Senza segni di miglioramento
di Marco Valsania
2' di lettura
L'oro liquido può innervosire quanto l’ oro nero . L'olio d'oliva, meritandosi il soprannome, è diventato l'ultima commodity al centro di preoccupanti rincari.
Complice la siccità nel Mediterraneo che ha danneggiato i raccolti, dalla Spagna all'Italia e alla Grecia, nonché tagli all'export della Turchia, i prezzi hanno conosciuto impennate straordinarie su scala globale.
Il report Usa
Tali da finire al centro dell'attenzione anche oltreoceano, agli uffici del Dipartimento dell'Agricoltura americano: un suo recente studio sottolinea come siano aumentati del 130% nell'ultimo anno ad agosto. E come a settembre abbiano fatto segnare un record di 8.900 dollari per tonnellata. Il massimo precedente risale al 1996 a 6.242 dollari a tonnellata.
La società di market intelligence Mintec ha calcolato che la Spagna, principale produttore al mondo forte del 45% delle esportazioni globali, abbia sfornato nell'ultima stagione solo 610.000 tonnellate – una flessione del 50% rispetto alla produzione tradizionale.
La scarsità e il rincaro sono tali da aver generato ondate di furti: tra questi, i 50.000 litri di olio extra vergine rubati da un frantoio a fine agosto. Il valore stimato? Circa 450.000 dollari.
Il calo della produzione mondiale
Il Dipartimento dell'Agricoltura di Washington, nell'ultimo aggiornamento, ha stimato una produzione globale di olio di oliva ridotta di un quarto nell’intero periodo 2022-2023, a 2,5 milioni di tonnellate, sia rispetto all'anno precedente che alla media degli ultimi cinque anni. E ha pronosticato pressioni anche nel periodo 2023-2024, che potranno continuare a esacerbare le spirali dei prezzi.
Il governo Usa evidenzia in particolare, alla radice di questa dinamica, il ruolo giocato dal clima “estremamente secco” in gran parte della regione mediterranea. Una realtà che, aggiunge, “non dà segni” di cambiare.
La Turchia ha fatto eccezione: ha riportato una produzione eccezionale. Ma per garantire forniture domestiche e alleviare pressioni sui prezzi ha vietato una serie di export all'ingrosso complicando le condizioni del mercato internazionale.
L'import degli Stati Uniti di olio d'oliva è significativo e spiega i riflettori accesi sulle tensioni del mercato: rappresenta normalmente circa il 30% dell'interscambio globale del prodotto. Una percentuale che quest'anno potrebbe semmai lievitare al 35% e l'anno prossimo al 37 per cento.
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