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La transizione energetica porta con sé un cambiamento radicale anche nelle flotte, costringendo i fleet manager ad orientarsi in questo nuovo ambito ricco sì di opportunità ma anche di problemi, soprattutto nella prima fase di adozione.
Partiamo da un’evidenza oggettiva: il settore del noleggio veicoli ha immatricolato nei primi sei mesi dell’anno 308.950 veicoli, il 33% dei totali nuovi messi sulle strade italiane. Un veicolo nuovo su 3 è a noleggio, per una crescita del 47% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Si tratta di uno sviluppo deciso sempre più all’insegna della mobilità sostenibile, con il 34% dei veicoli elettrici nazionali e ben il 63% di quelli ibridi plug-in (Phev) immatricolati a noleggio. Il nuovo aumento dei volumi registrato dal settore riguarda non solo i nuovi “innesti” nel parco, ma anche la consistenza complessiva della flotta dei veicoli a noleggio circolanti in Italia che ha toccato la cifra record di un milione e 300mila unità. Di questi 1.197.000 sono noleggiati a lungo termine da aziende, pubbliche amministrazioni e privati (con partita IVA o solo codice fiscale) e 135mila presi in locazione a breve termine per esigenze turistiche o di business.
Un trend, quello dell’aumento della mobilità elettrica nelle flotte, che passa da un’elevata diffusione delle forme di mobilità pay-per-use. L’occasione per spingere su questo acceleratore è offerta dalla imminente Legge di Bilancio che, riprendendo anche quanto previsto dalla Legge Delega fiscale, potrebbe finalmente alleggerire la pressione tributaria sulla mobilità delle aziende italiane, aumentando il livello di deducibilità dei costi connessi alle auto a bassissime o zero emissioni. Un risultato, atteso da anni, che porrebbe le imprese nazionali sullo stesso livello delle loro competitor europee, azzerando il gap sofferto su questa importante voce di costo.
Nonostante la diffusione di auto con nuove forme di alimentazioni, è evidente che i fleet manager devono affrontare importanti questioni che abbiamo condiviso con Pietro Teofilatto, Direttore area fisco ed economia di ANIASA, l’Associazione che in Confindustria rappresenta i servizi di mobilità. In primis la carta carburante, un must per il settore, che ora sembra ormai obsoleta. «Il problema è all’ordine del giorno. In risposta a un recente interpello, per l’Agenzia delle Entrate la ricarica di energia elettrica di un’auto in uso promiscuo al dipendente effettuata presso l’utenza domestica non rientra nella disciplina del fringe benefit, ma costituisce un rimborso di spese sostenuto dal lavoratore. Per la prima volta gli Uffici qualificano tali rimborsi come reddito di lavoro dipendente da assoggettare a tassazione». Una normativa che pare penalizzare la diffusione della mobilità elettrica: la fuel card consente infatti la copertura completa delle spese di rifornimento, mentre il contratto per la ricarica dei veicoli elettrici risulta invece utilizzabile solo in ambito pubblico e non domestico. Inoltre, la presenza di numerosi abbonamenti porta ad un problema di scelta. «Dalle nostre esperienze - dice - nei contatti istituzionali questi sono gli aspetti che fleet e mobility manager devono curare con particolare attenzione. Per facilitare la scelta si stanno diffondendo offerte di un unico abbonamento, in pratica tramite un’esclusiva app si accede a un circuito di pagamento con una piattaforma di servizi di ricarica in continua evoluzione”.
A volte l’operazione della ricarica può non essere immediata. Occorre essere già registrati su una piattaforma e disporre di un’app sullo smartphone o di una tessera compatibile con la stazione di ricarica. La risposta è il nuovo standard Plug & Charge che definisce un’interfaccia di comunicazione tra auto e rete elettrica. È un esempio di digitalizzazione dell’automotive: si attacca il cavo alla colonnina, il sistema riconosce l’auto e l’utente ad essa associato, parte la ricarica ed il pagamento avviene in automatico e, nel caso di utilizzo della carta aziendale, ecco servito metodo che sorpassa la carta carburante.
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