Oltre il melodramma, Manzoni e il romanzo popolare per fare la nazione
È in libreria Romanzo popolare. Come i Promessi sposi hanno fatto l'Italia di Roberto Bizzocchi, per i tipi di Laterza
di Paola Bianchi
3' di lettura
C'è un filo rosso che unisce alcuni degli studi più fecondi di Roberto Bizzocchi: la ricerca di tracce peculiari del carattere nazionale italiano. Nel «romanzo popolare» rappresentato dai Promessi sposi lo storico coglie un innovativo e originale «programma etico-politico per lo Stato e la nazione», «tuttora vivo e valido» (p. VII). Un monito quanto mai attuale. Questioni ideologiche mai sanate continuano infatti a impedire in Italia di toccare con serenità e sincerità il tema del valore aggiunto dell'unità rispetto ai campanili, o meglio della varietà che acquista forza nell'unità. Il complesso processo risorgimentale, insomma, rimane legato all'immagine di un parente scomodo o addirittura illegittimo, oppure di una fonte ispiratrice di una letteratura più scadente rispetto a quella dei grandi autori francesi o russi, come anche il regista Luchetti fa dire al professore, interpretato da Silvio Orlando, in una celebre scena del film Il portaborse.
Cuore e Pinocchio
In realtà, secondo Bizzocchi, la scolarizzazione de I promessi sposi ha ingiustamente rivestito il testo manzoniano di una patina di «compunzione religiosa e moderatismo accomodante», che non rende ragione di alcuni aspetti di modernità e addirittura di radicalismo, frutto della vasta cultura letteraria dell'autore. Una sorte, in fondo, toccata ad altri testi appiattiti dalla veloce, talvolta impietosa, didattica scolastica. Il confronto con Cuore di De Amicis e con Pinocchio di Collodi è quasi scontato. Scritto senza indulgere ad annotazioni erudite, lo studio di Bizzocchi si rivolge, per queste ragioni, a chiunque sia disposto a rileggere l'opera manzoniana restituendole la complessità dovuta: storicizzandone la composizione, collocando la biografia intellettuale dello scrittore « in chiave europea e non nazionalista».
Un testo quanto mai utile, perciò, per chi «ha il dovere professionale» di rendere attrattiva la letteratura italiana e la storia d'Italia, attraverso il verisimile, a un pubblico di adolescenti di oggi.Fin dal primo capitolo lo storico spiega come Manzoni, non meno cattolico di Chateaubriand e de Maistre, non meno conoscitore di loro del latino colto, avesse maturato il distacco dalla scuola classica da cui proveniva creando una cesura innovativa nella tradizione letteraria nazionale.Nelle pagine di Bizzocchi il giovane Manzoni affascinato dalla Roma repubblicana e dai modelli storici plutarcheschi si evolve nello scrittore adulto che trova nel messaggio evangelico e agostiniano un'autentica fonte d'ispirazione.
Cesare d'Azeglio e Marzo 1821
È il Manzoni che, in Marzo 1821, si allontana dagli esempi danteschi e petrarcheschi sostanziando il concetto d'Italia di un significato profondamente e bellicosamente politico. È l'interlocutore di Cesare d'Azeglio che nella lettera Sul Romanticismo non esprime fantasticherie e individualismo, ma realismo e attenzione per la storia del popolo. Il Seicento fu, in questo senso, per lui, un «secolo bestiale», ritratto come il punto più basso della decadenza italiana: una linea interpretativa del XVII secolo che avrebbe segnato a lungo la lettura degli storici (superata, è vero, dalla storiografia attuale, ma con scarsa attenzione a quel “romanzo popolare” che in Manzoni rivestiva un programma etico oltre che politico). L'opera manzoniana, riscritta nel corso di vent'anni e a seguito di una ancora più lunga riflessione sulla lingua, si riscatta, così, nelle pagine di Bizzocchi, almeno in parte, dalle riserve gramsciane verso l'efficacia della letteratura italiana ottocentesca, di contro al più vasto successo del melodramma (che l'autore dei Quaderni del carcere considerava invece il vero romanzo popolare, il vero specchio dell'anima della nazione).
Roberto Bizzocchi, Romanzo popolare. Come i Promessi sposi hanno fatto l'Italia, Laterza 2022
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