ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLa decisione

Oms pronta a dichiarare la fine pandemia dopo 7 milioni di morti: «Ora il virus a piccole onde»

Si riunisce la quindicesima riunione del Comitato di emergenza per il Covid-19 che potrebbe rappresenta un passo decisivo verso la derubricazione dell’emergenza

di Marzio Bartoloni

L'Oms: Covid quest'anno può diventare minaccia simile a influenza

3' di lettura

Dopo oltre tre anni dall’annuncio dell’emergenza sanitaria internazionale avvenuta il 30 gennaio 2020 e dopo quasi 7 milioni di morti e 750 milioni di contagi l’Oms si prepara a dichiarare la fine pandemia. Il 4 maggio si riunisce infatti la quindicesima riunione del Comitato di emergenza per il Covid-19, convocata dal direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus. Un incontro molto atteso e che potrebbe rappresenta un passo decisivo verso la sua derubricazione. Intanto l’Ecdc ricorda come «investire nella sanità pubblica sia la lezione più importante del Covid» e Nature spiega come il virus resterà con noi in tutte e quattro le stagioni dell’anno con un andamento epidemico caratterizzato da «piccole onde».

L’Oms e la dichiarazione di fine pandemia

Dopo la riunione come detto il Comitato di emergenza informerà il direttore generale dell'Oms, indicando se la pandemia di Covid-19 costituisce ancora una «Pheic» (emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale). Il comitato di emergenza indicherà anche le raccomandazioni temporanee all'Oms e ai suoi Stati membri: in particolare è attesa la sollecitazione a continuare le campagne di vaccinazione contro il Covid anche nei prossimi anni. L’Organizzazione mondiale della Sanità dovrebbe anche raccomandare i Paesi a non abbassare gli investimenti nella Sanità pubblica per nomn farsi trovare di nuovo scoperti alla prossima emergenza. Una raccomandazione, questa, già fatta dall’Ecdc, Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie.

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La raccomandazione di Ecdc: «Investire in Sanità pubblica»

Nei giorni scorsi infatti l’agenzia indipendente dell’Unione europea ha lanciato una serie di raccomandazione per il dopo pandemia: in particolare l’Ecdc ha sottolineato la necessità di fare investimenti nella sanità pubblica, soprattutto in risorse professionali, e prepararsi alla prossima crisi con la comunicazione del rischio, il coinvolgimento dei cittadini e la raccolta e l'analisi sistematica di dati e prove. «Dobbiamo essere meglio preparati per le future crisi di salute pubblica attraverso azioni in diverse aree - dichiara in una nota la direttrice dell'Ecdc Andrea Ammon - ciò include investire e rafforzare la forza lavoro della sanità pubblica, migliorare la sorveglianza delle malattie infettive, migliorare la comunicazione del rischio e l'impegno della comunità e abbracciare la collaborazione tra organizzazioni, paesi e regioni».

Il futuro del virus? A piccole onde e per quattro stagioni

«Un articolo su Nature ci dice che dovremmo abituarci alle ondine sul Covid più che ad ondate. Ondine fatte di infezioni medie e lievi, pochi ricoveri e pochi decessi. L'Oms si sbrighi, vorrei vedere per una volta anticipare, anziché continuare a rincorrere. Mi auguro che il 4 maggio l'Oms schiacci quel bottone e dica che la pandemia è finita. Saremo tutti più contenti»: così Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, commenta l’imminente riunione del Comitato di emergenza per il Covid-19 e il possibile futuro del virus che sarà “quattro stagioni”. Il Covid inaugura insomma l'era “wavelet”, il tempo delle piccole onde. Una nuova nuova normalità, tratteggiata in un'analisi sulla rivista «Nature» e condivisa già diversi mesi fa dal virologo italiano Fabrizio Pregliasco che da tempo, provando a immaginare uno scenario di convivenza con Sars-CoV-2, prospetta un andamento epidemico caratterizzato da «onde come quelle di un sasso in uno stagno. Salvo l'insorgenza di nuove varianti».«Quello che emerge - evidenzia Pregliasco - è che non c'è una stagionalità» di Covid «come quella dell'influenza, ma onde di contagi - onde non pesanti, non rilevanti in questo momento - con qualche inclinazione alla crescita di questo brodo di varianti».

Varianti sempre più contagiose ma senza effetti gravi

Una “zuppa” in cui non c'è un ingrediente - una figlia di Omicron - che prende il sopravvento. «In qualche modo queste varianti competono l'una con l'altra» e sono più o meno facilitate nella loro diffusione «alla luce della quota di immunità ibrida di una popolazione in un determinato momento». In altre parole, analizza il docente dell'università Statale di Milano, «se c'è stata un'onda recente con una variante Omicron simile a quella che sta circolando, gran parte della popolazione - con i vaccini e con le infezioni recenti - schiva la nuova onda successiva. Ma se arriva una variante nuova o se l'ondata precedente è più vecchia, più lontana nel tempo, allora è possibile che una quota parte di persone perda la protezione, che sappiamo essere all'incirca comunque intorno a 6 mesi». Quindi, conclude Pregliasco, «non ci troviamo più davanti a un'onda pandemica unica, ma a tante onde, e tra l'altro desincronizzate l'una con l'altra. Le varianti che stanno prevalendo sono quelle che determinano in termini anche evolutivi l'interesse del virus. Alla fin fine, dunque, sono quelle con maggiore contagiosità, ma che non determinano grossi problemi» all'ospite.


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