Petrolio in picchiata dopo l’intesa Opec+, fa paura il rischio stagflazione
La produzione di greggio del gruppo salirà da agosto con incrementi di 400mila barili al giorno ogni mese. Il patto è stato esteso a tutto il 2022, ma i tagli a questo ritmo dovrebbero essere ritirati entro settembre del prossimo anno. A meno che qualcosa non vada storto
di Sissi Bellomo
4' di lettura
Il petrolio affonda sotto 70 dollari al barile, vittima insieme alle Borse di forti ribassi dopo il weekend in cui l'Opec Plus ha rimesso insieme i cocci decretando un graduale aumento della produzione nei prossimi mesi.
Gli accordi raggiunti dalla coalizione, che potrebbero portare alla totale eliminazione dei tagli entro settembre 2022, pesano tuttavia solo in parte sul mercato, condizionato da un clima di generale e crescente pessimismo.
La risalita dei contagi da Covid in molte aree del mondo sta inducendo a nuove chiusure, con un probabile impatto sulla domanda petrolifera e sulle attività produttive. E tra gli investitori sta emergendo la preoccupazione che l’economia globale possa essere avviata ad una fase di stagflazione: un’impennata dei prezzi al consumo – legata in gran parte proprio alle tensioni sulle materie prime e sulla logistica – accompagnata da una frenata della crescita.
Sul fronte dell’Opec Plus la coalizione , almeno per ora, sembra aver fatto pace con gli Emirati arabi uniti. E l’accordo approvato in un vertice lampo domenica 18 spiana la strada a un aumento dell’offerta che rischia di essere eccessivo rispetto al fabbisogno di petrolio, soprattutto se davvero la ripresa economica dovesse arrestarsi.
Le quotazioni del barile, in negativo fin dall’inizio della seduta, hanno appesantito i ribassi in parallelo ai listini azionari arrivando a perdere circa il 6%. Anche il Brent è scivolato sotto la soglia psicologica dei 70 dollari, mentre il Wti è affondato sotto quota 68 dollari.
Possibili ricadute ancora incerte
Gli analisti in realtà sono divisi sui possibili effetti – rialzisti o viceversa ribassisti – delle decisioni dell'Opec Plus. L’intesa raggiunta domenica 18, giusto in tempo per anticipare la festività islamica di Eid al-Adha, ha sgombrato il campo da molte incertezze e allontanato il pericolo di una rottura dei patti nella coalizione, che in teoria avrebbe potuto provocare una guerra dei prezzi.
D’altra parte c’è il rischio che all’orizzonte si profili comunque un nuovo eccesso di offerta, al quale i produttori dovrebbero rispondere rimettendo in discussione i gli accordi che hanno appena faticosamente raggiunto.
La disputa con gli Abu Dhabi – che aveva fatto fallire il vertice di inizio di luglio, portando addirittura alla sua «cancellazione» – al momento sembra essere stata risolta, grazie a una sapiente mediazione condotta dall'Arabia Saudita e probabilmente anche dalla Russia: Paesi che il ministro emiratino Suhail Al-Mazrouei ha entrambi ringraziato al termine della riunione, professando fedeltà alla coalizione che il suo Governo sembrava sul punto di abbandonare.
«Gli Emirati rimarranno un membro fedele dell'alleanza Opec Plus», ha dichiarato Al-Mazrouei. «Questo è un gruppo forte e noi lavoreremo sempre all’interno di questo gruppo facendo del nostro meglio per raggiungere l'equilibrio del mercato petrolifero e per aiutare tutti».
«L'Opec Pus è qui per restarci», gli ha fatto eco il ministro dell'Energia saudita, il principe Abdulaziz bin Salman. «Siamo tornati con piena forza e determinazione».
Nessun dettaglio su come si è sviluppata la trattativa: «È un'arte di cui teniamo per noi i segreti» ha detto Abdulaziz.
Il risultato sembra aver messo tutti d'accordo, almeno per ora, visto che qualche Paese si è accontentato di promesse: è il caso di Nigeria e Algeria, che hanno presentato richiesta di revisione delle quote produttive ottenendo però solo l'impegno del gruppo ad esaminarla nel prossimo futuro.
Vittoria quasi piena per gli Emirati arabi
Gli Emirati arabi invece hanno portato a casa una vittoria quasi piena, ottenendo una base più alta su cui calcolare i tagli di produzione: 3,5 milioni di barili al giorno, meno dei 3,8 mbg che avevano chiesto, ma più dell’attuale livello di 3,2 mbg, giudicato troppo penalizzante in seguito allo sviluppo dei giacimenti.
Oltre ad Abu Dhabi avranno una nuova base – e dunque licenza a produrre di più – anche l’Arabia Saudita e la Russia (entrambe saliranno da 11 a 11,5 mbg). E a sorpresa hanno ottenuto un aumento di 150mila bg ciascuno anche l’Iraq e il Kuwait.
Tutte le nuove quote di riferimento entreranno in vigore a partire da maggio 2022. L'accordo con gli emiratini ha infatti sbloccato anche la proroga fino a dicembre del prossimo anno del patto sui tagli Opec Plus, che sarebbe altrimenti scaduto ad aprile, con un liberi tutti che rischiava di far crollare il prezzo del barile.
Ha ricevuto via libera anche al programma per la graduale riapertura dei rubinetti, con aumenti di produzione da 400mila bg al mese che inizieranno ad agosto e andranno avanti in linea di principio anche nel 2022: in questo modo il gruppo – che nel 2020 al picco della pandemia aveva applicato un maxitaglio di 9,7 mbg – tornerebbe alla piena produzione a settembre del prossimo anno. In teoria, ovviamente. Perché l'Opec Plus ha tenuto aperta la porta per reagire ad eventuali imprevisti.
L’ok definitivo agli aumenti produttivi del 2022 arriverà a dicembre, quando il gruppo si è riservato di fare il punto della situazione sul mercato. E prima di allora ci saranno altre occasioni per cambiare rotta, se necessario, perché i vertici continueranno a tenersi con cadenza mensile. Il prossimo appuntamento è stato fissato per il 1° settembre.
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