«Operai russi e ucraini fianco a fianco al lavoro nell’acciaieria italiana»
Il caso dell’acciaieria di Verona di proprietà del colosso russo Novolipetsk. Parla l’amministratore delegato Giovanni Borinelli
di Matteo Meneghello
3' di lettura
Giovanni Borinelli è l’amministratore delegato della Nlmk di Vallese d’Oppeano, lo stabilimento italiano del colosso russo Novolipetsk, uno dei maggiori gruppi russi dell’acciaio. Una posizione scomoda, di questi tempi. Ma il manager non ci sta a vestire la parte del «cattivo». Se essere cittadino russo non può essere una colpa, non lo può essere nemmeno dipendere da un «padrone» russo; soprattutto se questa proprietà, rappresentata da Vladimir Lisin (uno degli uomini più ricchi di Russia), sta cercando, seppure con le dovute cautele, di prendere le distanze dall’«operazione militare speciale» di Vladimir Putin in Ucraina. «Ha dichiarato nei giorni scorsi di essere contro questa guerra - spiega Borinelli -, di non essere amico di Putin e di avere avviato la sua attività imprenditoriale in tempi non sospetti, senza sfruttare posizioni privilegiate. Inoltre ha anche affermato di essere contrario al pagamento delle forniture di gas europee in rubli. Per questo non mi sento a disagio nella mia attuale posizione. Anzi, sono orgoglioso di fare parte di questo gruppo, che ha dimostrato nei fatti di volere essere vicino ai dipendenti, anche a quelli ucraini; qui a Verona ce ne sono diversi, e ogni giorno lavorano fianco a fianco a colleghi russi.
Com’è la convivenza in fabbrica? Non c’è risentimento nei confronti dei russi o di nervosismo per la situazione attuale?
Le responsabilità di questa guerra non appartengono certo ai nostri lavoratori di nazionalità russa. Non c’è ostilità tra noi, il rapporto all’interno della fabbrica non è mutato dopo l’invasione in Ucraina. Lo stabilimento veronese è una realtà nata green field da un’iniziativa precedente alla gestione Nlmk, pescando professionalità in diversi paesi del mondo, dall’Europa dell’est all’Africa. Siamo una comunità multiculturale e stiamo cercando di governare questa situazione garantendo continuità. Molti lavoratori ucraini hanno portato in Italia i loro famigliari: abbiamo dato loro assistenza e aiuto, anche nelle faccende di tutti i giorni, come la ricerca di alloggi in affitto.
Fuori dalla fabbrica, però, il mondo è cambiato. Come sta impattando la guerra sull’operatività di Nlmk?
Non abbiamo ancora avuto conseguenze sul piano logistico. L’azienda riceve bramme dalla Russia, spedite dal mare del Nord o anche dal mar Nero, ma nella parte lontana dall’epicentro della guerra. Certamente viviamo una situazione privilegiata rispetto a parte della concorrenza legata alle forniture ucraine. Per ora questa categoria di prodotti non è sanzionata, ma stiamo lavorando per diversificare le forniture, attivando o rafforzando canali con Cina o Brasile. Anche se in questo caso i costi dei noli si aggiungono alle difficoltà sul piano della bolletta energetica.
Come era la situazione prima dell’invasione russa e quali sono le previsioni per il resto dell’anno?
L’azienda produce lamiere per l’edilizia, lavorando i semilavorati spediti dal gruppo; abbiamo un’acciaieria che produce lingotti, venduti a centri servizio, forgiatori o acciaierie. Fino a febbraio stavamo cavalcando l’onda della ripresa, legata anche agli investimenti del Pnrr. I mercati in questo momento non sono brillanti, ma devo ammettere che l’assenza di un produttore come Metinvest e in Italia della controllata Trametal, che ha sede proprio qui a Vallese d’Oppeano, ci sta avvantaggiando; anche se in generale dobbiamo fare i conti con costi di trasformazione elevati. L’anno scorso abbiamo chiuso con ricavi per 300 milioni, quest’anno ci aspettiamo una crescita del 3-4%, in linea col budget.
Il rapporto con banche e fornitori è cambiato da quando è scoppiata la guerra?
In generale, non ci sono grandi ripercussioni. Qualcuno ha rinunciato alle forniture per questioni di policy aziendale, ma solo pochi. Discorso diverso sul piano finanziario: l’azienda dipende dalla divisione europea di Nlmk, e la gestione in cash pooling è centralizzata, con un’unica banca di riferimento che ha mostrato qualche rigidità negli ultimi tempi a causa della situazione in Ucraina.
Come mai la proprietà di Nlmk, a differenza di altri come Severstal o Evraz, non è stata messa nella «lista nera» e sanzionata?
Non saprei. L’Italia dipende dalla divisione europea, controllata solo al 49% dal gruppo russo. Il 51% è in mano ad altri soggetti europei, tra cui anche lo Stato belga. In questi anni Nlmk ha fatto scelte diverse rispetto ad altre realtà russe dell’acciaio attive in Europa: ha acquisito siti produttivi, non limitandosi a distribuire acciaio, e ha investito 1,5 miliardi, di cui 150 a Verona. Le risorse hanno rilanciato realtà spesso in difficoltà, riportando produttività e tecnologia ad alti livelli, come è successo qui. Sono in contatto quotidiano con il management russo: siamo tutti contro la guerra, l’unica priorità è cercare una nuova normalità, auspicando per tutti, a partire dalla popolazione ucraina, un futuro di pace.
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