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Opere d’arte e antiquariato, benefici estesi oltre l’import

Agevolati tutti i passaggi interni: dagli atelier alle gallerie, sino ai musei

di Anna Abagnale

3' di lettura

Riduzione dell’aliquota dell’Iva all’importazione di opere d’arte ed estensione dell’aliquota ridotta anche alle cessioni di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione. Queste le due finalità della delega fiscale per dar vita alla riforma dell’Iva anche nel mondo dell’arte.

L’intenzione di ridurre l’imposta all’importazione sugli oggetti d’arte, nonché sulle loro cessioni, trae origine dal più ampio progetto di riforma europea avviato con la direttiva Ue 2022/542 del 5 aprile dello scorso anno, che modifica la direttiva 2006/112/Ce e che gli Stati membri dovranno recepire entro il 31 dicembre 2024.

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Incentivi più ampi

Per la prima volta, sul piano europeo, le «cessioni di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato elencati nell’allegato IX, parti A, B e C» sono inserite nell’elenco di cui all’allegato III della direttiva Iva, tra le cessioni di beni e le prestazioni di servizi che possono fruire delle aliquote ridotte. Non solo. La direttiva interviene anche sul regime del margine a cui possono essere soggetti tali beni, stabilendo che gli ordinamenti interni dovranno riconoscere ai rivenditori (soggetti passivi) il diritto di optare per l’applicazione del regime del margine per:

cessione di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato che hanno essi stessi importato;

cessione di oggetti d’arte che sono stati loro ceduti dall’autore o dai suoi aventi diritto;

cessione di oggetti d’arte che sono stati loro ceduti da un soggetto passivo diverso da un rivenditore.

Tutto ciò a una condizione: che non sia stata applicata un’aliquota ridotta agli oggetti in questione ceduti al soggetto passivo-rivenditore o importati da quest’ultimo.

Entro i confini più ampi della modifica delle aliquote Iva – diretta a salvaguardare il funzionamento del mercato interno ed evitare distorsioni della concorrenza – si colloca quindi anche l’intervento sugli oggetti d’arte, che si presume avrà effetti positivi in termini di fruizione e, di conseguenza, di sostegno alla loro produzione. La previsione di un’aliquota Iva ridotta su tutti i passaggi che riguardano un’opera d’arte – dall’atelier dell’artista alla vendita in galleria, sino ai prestiti al museo e così via – non può che portare benefici al mercato dell’arte e dell’antiquariato, settori spesso penalizzati seppure importanti per la crescita culturale della comunità.

Perimetro attuale e futuro

Oggi in Italia, sul piano delle imposte indirette, la disciplina fiscale limita il vantaggio dell’aliquota del 10% alle importazioni di tali beni e, solo in alcuni casi, lo estende alle cessioni. La norma di riferimento è il n. 127-septiesdecies, tabella A, parte III, al DPR 633/72, che prevede l’Iva al 10% per:

le importazioni di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione, chiunque sia l’importatore (privato, galleria, casa d’asta, eccetera);

le vendite interne degli oggetti d’arte indicati nella tabella allegata al Dl 41/1995, quando vengono effettuate direttamente dagli autori delle opere, o dai loro eredi o legatari.

Negli altri casi, ovvero sulle successive rivendite interne di tali beni, effettuate da commercianti, gallerie, antiquari, eccetera, si sconta sempre l’aliquota Iva ordinaria.

Accogliendo la proposta di riforma della direttiva Ue 542/2022, il disegno di legge delega fiscale allarga il perimetro del regime di favore. Non bisogna, però, dimenticare che, affinché il testo della norma interna sia conforme alle nuove disposizioni europee, l’applicazione di aliquote ridotte non inferiori al 5% (quale il 10%) deve interessare, nel complesso, un massimo di 24 categorie di beni e servizi dell’allegato III. Non una in più.

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