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Ora il tessile diventa modello e laboratorio di circolarità

L'Italia fa da apripista in Europa sulla raccolta differenziata di tessuti e fibre. Nel Piemonte laniero sta nascendo un Recycling Hub. Ecco, in anteprima, come sarà.

di Alexis Paparo

Un dettaglio dell'installazione “Fortified” (2018-2020) di Karyn Olivier, rappresentata da Tanya Bonakdar Gallery. ©Constance Mensh, Tanya Bonakdar Gallery, New York / Los Angeles

3' di lettura

A gennaio 2022, con tre anni di anticipo rispetto alla direttiva dell'Unione europea 2018/851, l'Italia ha reso obbligatoria la raccolta differenziata del tessile e, sebbene vada ancora regolamentato il modello EPR (responsabilità estesa del produttore), sono nati vari consorzi che si candidano a gestirla, come Ecotessili, Cobat Tessile e Retex.Green, che è formato da produttori italiani della filiera moda e patrocinato da Sistema Moda Italia e da Fondazione del Tessile Italiano.

I Recycling Hub, che dovrebbero essere cinque in tutta Europa, sono un tassello fondamentale del progetto. «Si tratta di centri tecnici e tecnologici in cui i tessili vengono selezionati attraverso una tecnologia a base ottica, disgregati fin ad arrivare alla fibra e poi ricomposti, per giungere a una materia “seconda”, pronta per altre lavorazioni». A spiegarlo è Paolo Barberis Canonico, 13° generazione della famiglia Barberis Canonico, attiva nel tessile dal 1663, anche presidente di Pratrivero Spa e vice presidente dell'Unione Industriale Biellese, con delega a Sviluppo delle Filiere, Economia d'Impresa e Sostenibilità. Barberis Canonico segue da circa tre anni il percorso che ha portato, nel giugno scorso, alla firma del protocollo d'intesa per la costituzione del primo Recycling Hub italiano nel cuore del Piemonte industriale e laniero, e racconta perché questa partita è importante a livello economico, ambientale e anche etico. «Oggi la maggior parte del tessile destinato al riutilizzo viene inviato in Paesi a bassissimo costo di manodopera – in particolare Pakistan e Bangladesh. Qui viene fatta una selezione e un'iniziale lavorazione, prima di essere rispedito in Occidente per quelle successive. Di fatto, si perde il controllo del processo: non si sa chi lavori i materiali e in che condizioni lo faccia. Penso che l'obiettivo dell'Unione Europea sia duplice: riappropriarsi della filiera − assicurandosi che sia rispettosa delle normative, dell'ambiente e delle persone – e raggiungere un recupero tessile del 100 per cento, perché si tratta di un materiale riutilizzabile all'infinito o quasi. In Italia abbiamo già esempi molto virtuosi, come il distretto pratese (dove c'è il progetto di costruire un altro Recycling Hub, ndr)».

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Barberis Canonico spiega perché il biellese è un ottimo candidato. «È l'unico distretto con la filiera tessile completa: le filature, tanti nomi eccellenti della moda e i produttori di macchinari, che abbiamo coinvolto in maniera attiva. Se, poi, l'obiettivo è far fare meno strada possibile ai materiali, penso che l'Italia dovrebbe arrivare ad avere almeno cinque hub, posizionati vicino alle aree di produzione: tre al nord, uno verso il centro e uno nella zona a sud di Napoli, che ha volumi molto rilevanti nel settore della biancheria per la casa e dei tendaggi». Il Recycling Hub del biellese, finanziato per 22 milioni di euro da un partenariato pubblico-privato, sarà in grado di lavorare 15-20mila tonnellate all'anno ed è stato immaginato modulare, per aumentare la capacità operativa in base alla quantità di materiale che riceverà. Di tutto ciò che arriva, il 50 per cento può essere rigenerato, e un 8-9 per cento è riutilizzabile in maniera nobile.

Barberis Canonico spiega che l'obiettivo è chiudere l'accordo industriale entro fine 2022 e partire con la costruzione del polo, che richiederà circa un anno. «Il vero ostacolo è l'avvio del network di raccolta, che è in capo ai Comuni e la cui gestione non è ancora stata definita. Al momento, infatti, il 60 per cento del tessile convogliato nei cassonetti gialli di associazioni come la Caritas è destinato al riuso (anche se la Valle d'Aosta sta facendo da apripista, con l'installazione a inizio anno di contenitori per la raccolta in 14 isole ecologiche della regione, ndr). Poi serve che il governo determini il sistema che regolerà la remunerazione dei chili raccolti. È l'ultimo dato che ci serve per finalizzare il business plan e partire».

Ma c'è da fare un ragionamento a monte, che parte dall'eco-design dei prodotti: «Penso alla divisa della nazionale italiana di sci, realizzata dal Gruppo Radici di Bergamo. È totalmente riciclabile, dall'etichetta alla cerniera, fino ai bottoni. Un oggetto così va direttamente nella macchina e fuoriesce come fibra estrusa che può essere subito riutilizzata. Questo è il vero obiettivo».

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