Oracle apre a Milano la Cloud Region italiana: «ecco come gestiremo la trasformazione digitale»
È la 36esima delle 44 totali che saranno attive entro la fine del prossimo anno. La sesta negli ultimi due mesi
di Gianni Rusconi
I punti chiave
3' di lettura
È la 36esima delle 44 totali che saranno attive entro la fine del prossimo anno. La sesta negli ultimi due mesi. L'apertura della Cloud Region italiana di Oracle, con una facility alimentata al 100% con energia rinnovabile ubicata nell'area di Milano, ha diversi significati e fra questi c'è sicuramente il fatto che si tratta di un'importante passo in avanti della strategia di sviluppo della società americana nel nostro Paese. Una tappa che riflette le nuove esigenze legate alla sovranità dei dati dei clienti (in ottemperanza alle normative europee e nazionali sulla privacy), ma anche l'accelerazione dell'adozione del cloud evidenziata dai crescenti investimenti effettuati dalle aziende in questa “tecnologia” e la sempre più impellente necessità di risorse informatiche scalabili, flessibili e sicure per affrontare la sfida della trasformazione digitale.
Una nuvola locale per gestire i dati critici dentro i confini italiani
Con il battesimo della Cloud Region milanese, Oracle offrirà dunque alle aziende e a quelle di grandi dimensioni in particolare (come ATM-Azienda Trasporti Milanese, Trenord, Banca Mediolanum, Unicoop, Iccrea Banca, Sisal, Cerved Group) e agli enti della Pubblica Amministrazione (come Inail) una “piattaforma” locale con le prestazioni e l'affidabilità del cloud di Oracle su scala globale. Il suo compito? Migrare e gestire nella nuvola tutti i carichi di lavoro, dai servizi IaaS (con Oracle Cloud Infrastructure) a quelli di tipo SaaS, Software as a Service (con le applicazioni Oracle Cloud), sfruttando le capacità di un'infrastruttura di seconda generazione e una dorsale di rete dedicata (che connette fra di loro le varie Cloud Region) e gestita in modo centralizzato.
La trasformazione digitale passa dal cloud
L'imprinting che ha dato all'annuncio anche Jae Evans, Chief Information Officer di Oracle a livello mondiale, intervenuta in collegamento all'evento di presentazione, è del resto inequivocabile. «La Cloud Region di Milano – ha spiegato la manager in una nota - è un’importante pietra miliare nella nostra espansione globale e risponde alla precisa domanda di mantenere i dati dei nostri clienti all'interno dei confini italiani, fornendo loro la sicurezza necessaria per eseguire le applicazioni critiche sulla nostra infrastruttura cloud». La scelta di aprire in Italia, come facilmente immaginabile, è frutto della strategia corporate di Oracle ma risponde anche alle pressioni esercitate in questi anni dal management italiano ed è, di fatto, la naturale conseguenza della radicata presenza della multinazionale californiana nella macchina della PA e in settori chiave come il finance. “In Italia – ha confermato in proposito Fabio Spoletini, SVP Cloud e South Emea Cloud Leader – abbiamo un enorme parco installato e siamo totalmente convinti che per affrontare e completare con successo una vera trasformazione digitale sia necessario spostare gli ambienti mission critical sul cloud, assicurando scalabilità, prestazioni, costi competitivi, compliance e, ovviamente, la totale protezione del dato. Portando innovazione nella componente di processo, non a livello di hardware”.
Autonomous database e applicazioni cognitive
In Oracle la chiamano “la terza onda” e sono convinti di essere il vendor tecnologico ideale per fare da trade union dal mondo legacy a quello della nuvola e successivamente accompagnare le aziende a fare innovazione nel cloud. Per fare questo, il colosso californiano metterà in campo programmi dedicati (come Cloud Lift) pensati per aiutare le aziende a modernizzare l'esistente indicando loro un percorso per la migrazione nella nuvola e supportandole (tecnicamente e finanziariamente) per gli investimenti It pregressi. Il fatto che Amazon e Google abbiano già investito per portare i propri data center in Italia e che Microsoft lo farà prossimamente avvalora secondo Spoletini il concetto che la domanda di servizi cloud in Italia è particolarmente dinamica e va soddisfatta con soluzioni e tecnologie adeguate. Nel caso di Oracle, questo significa andare oltre la componente infrastrutturale in una logica Saas. “Il valore del public cloud – assicura Spoletini - lo portiamo all'interno del data center del cliente, a casa del cliente, traguardando da subito quelli che potrebbero essere gli ambienti applicativi di domani, quando avremo servizi IoT più spinti, sistemi di networking più potenti, smart device di nuova generazione. Già oggi lavoriamo con i cosiddetti autonomous database basati su intelligenza artificiale e machine learning e credo che arriveremo presto a un punto in cui la tecnologia arriverà a gestire la tecnologia in tempo reale”.
Il treno del cloud nazionale
Il focus attuale della società americana è non a caso il Platform as a service, e quindi la gestione di dataset altamente complessi con un livello di automazione elevatissimo e senza più distinzione fra gestione transazionale ed analitica. Si parla di cognitive application, di applicazioni dotate di intelligenza. Per Spoletini è la ricetta che deve fare da sfondo al progetto di cloud nazionale, per cui il Pnrr può essere un acceleratore. “La sfida– conclude il manager di Oracle - è gestire l'enorme quantità di dati residenti e sono convinto che non perderemo il treno del cloud nazionale, perché la pandemia ha fatto del digitale l'unica soluzione disponibile”.
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