Oro sotto pressione: il bene rifugio adesso è fonte di liquidità
L’oro, nonostante la Fed, continua ad essere nel mirino delle vendite e scende (temporaneamente) sotto 1.500 dollari l’oncia. Ribassi record per platino e palladio
di Sissi Bellomo
3' di lettura
Nemmeno l’oro ha retto all’ondata di panico che ha travolto i mercati finanziari. Il più classico tra i beni rifugio – che si era appena lasciato alle spalle la peggiore settimana da 37 anni – ha continuato a essere bersagliato dalle vendite, sfondando al ribasso la soglia dei 1.500 dollari l’oncia per scivolare ancora più giù, fin sotto 1.450 dollari.
Le perdite in alcune fasi della giornata hanno superato il 5%, un’oscillazione di un’ampiezza davvero rara sul mercato dell’oro, che è estremamente liquido. Ma questo è niente rispetto a quanto è toccato agli altri metalli preziosi, penalizzati dal fatto di avere importanti impieghi industriali.
Il platino è arrivato addirittura a perdere il 27%, sprofondando al minimo da oltre 17 anni (569 $/oncia), l’argento è brevemente sceso sotto 12 $/oncia, accusando perdite intorno al 20 per cento. Punte di ribasso analoghe per il palladio, materia prima superstar del 2019, che già la settimana scorsa perdeva valore con una rapidità impressionante.
Il metallo, usato soprattutto per le marmitte catalitiche delle auto a benzina, ha toccato un minimo di 1.395 $/oncia, tornando a valere meno dell’oro, cosa che non accadeva da dicembre 2018. Solo a fine febbraio il palladio scambiava al record storico, vicino a 2.900 $/oncia, dopo essere quasi raddoppiato nel giro di 12 mesi.
Tutti i metalli preziosi hanno in parte recuperato terreno nel corso della giornata. L’oro in particolare è tornato a quota 1.500 dollari, l’argento a 13 dollari. Ma i ribassi, benché ridotti, per platino e palladio continuavano a essere a doppia cifra percentuale in serata. Il maxi-taglio dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, seguito a ruota da altre banche mondiali, in una situazione normale avrebbe dovuto favorire l’oro. Ma questa è tutt’altro che una situazione normale.
I listini azionari, per niente rassicurati dalla Fed, sono sprofondati ovunque nel mondo. Il petrolio è arrivato a perdere il 10% e il Brent per la prima volta dal 2016 ha ripiegato sotto 30 dollari al barile, mentre il rame – sia pure con ribassi più contenuti – è sceso ai minimi da tre anni e mezzo. Il rendimento dei Treasuries è in effetti crollato, come ci si poteva aspettare con il bazooka monetario imbracciato dalla Fed. Ma l’oro non ha guadagnato attrattiva, almeno agli occhi dei gestori, per cui il metallo giallo oggi non è bene rifugio ma fonte di liquidità.
Con pesanti perdite su ogni mercato finanziario e richieste di reintegro dei margini di contrattazione – i margin call – in questo momento pur di raccogliere contanti «si vende di tutto», osserva Carsten Fritsch di Commerzbank: «I partecipanti al mercato stanno gettando la spugna, mentre cercano l’uscita. E quando tutti cercano l’uscita le vendite sono pesantissime, soprattutto nei mercati più illiquidi come quelli dei platinoidi».
Sul mercato fisico, spesso frequentato da piccoli risparmiatori, la situazione è leggermente diversa. Se in Asia la domanda di metalli preziosi rimane debole e i premi sull’oro restano negativi, in Occidente ci sono segnali opposti. La Us Mint segnala che non riesce a star dietro alle richieste di monete d’argento: le scorte di American Eagle sono esaurite dopo un’impennata del 300% delle vendite nei primi giorni di marzo.
In Europa ci sono invece difficoltà ad acquistare barre e lingotti d’oro, con tempi di attesa che arrivano fino a quattro settimane. Anche questo è colpa del coronavirus. «Ma non è un tema di domanda, quanto piuttosto di offerta», spiega Giovanni Staunovo di Ubs al Sole 24 Ore: anche la Svizzera, uno dei maggiori hub dell’oro nel mondo, è colpita dalla pandemia e a causa delle misure per prevenire il contagio «le raffinerie del Ticino stanno lavorando con personale ridotto e a ritmi rallentati».
Per approfondire:
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● Coronavirus e mercati, bilancio del primo mese di emergenza
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