Difesa

Oto Melara, ecco le cordate in campo per l’industria italiana degli armamenti

Due pretendenti all'acquisto delle aziende messe in vendita, Fincantieri e la francotedesca Knds. Ma c'è anche l'interesse di Rheinmetall

di Gianni Dragoni

Guerini: Bussola strategica per Difesa Ue complementare alla Nato

5' di lettura

Fa discutere il progetto di Leonardo-Finmeccanica che ha messo in vendita le aziende di armamenti terrestri e navali per fare cassa. Sono sul mercato l’ex Oto Melara di La Spezia e la Wass di Livorno. Producono principalmente veicoli blindati, cannoni navali, siluri e sonar. Ci sono interessi dall’Italia, dalla Francia e dalla Germania. È il cuore dell’industria della difesa. La questione ha sollevato le preoccupazioni dei sindacati e dei politici di quasi tutti i partiti, dalla Lega a Fdi, dal M5S a Italia Viva, per l’ipotesi che la proprietà di queste imprese finisca in mano a gruppi stranieri e ci siano ridimensionamenti dell’occupazione, soprattutto a Spezia, a causa delle difficoltà di Oto Melara.

Guerini: «Mantenere un presidio italiano»

Il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, ha detto che il governo segue la questione affinché «il presidio italiano non venga meno». «Chiaramente c’è molta attenzione da parte del governo rispetto alle scelte che verranno compiute», ha detto. «Per noi è molto importante, perché si tratta di una divisione che produce prodotti di assoluta eccellenza, riconosciuti su tutti i mercati internazionali».

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«Vi è grande attenzione - ha spiegato Guerini - affinché il presidio italiano su questa materia non venga meno. Certamente siamo impegnati come governo, non solo come Difesa ma anche con il coinvolgimento del ministro dell’Economia e delle Finanze e del ministro dello Sviluppo economico a seguire il dossier. Ci stiamo confrontando, anzitutto con Leonardo e con le altre realtà industriali italiane che possono essere potenzialmente interessate». «L’obiettivo - aggiunge Guerini - è lavorare al mantenimento di un presidio nazionale, aperto ad una dimensione di cooperazione industriale europea, e farlo con i giusti passi che devono essere compiuti, anche dal punto di vista del confronto con le realtà istituzionali locali coinvolte e con le organizzazioni sindacali».

La mossa di Fincantieri

Ci sono due gruppi usciti allo scoperto indicando una disponibilità all’acquisto delle aziende messe in vendita dall’ex Finmeccanica. La prima a muoversi è stata Fincantieri. La società guidata da Giuseppe Bono, il quale ha guidato Finmeccanica fino all’aprile 2002, si sta espandendo nella difesa, e ha messo gli occhi su diverse attività di Leonardo. Bono aveva già fatto avance negli anni scorsi su Oto e Wass. Appena Leonardo ha abbandonato la difesa a oltranza della proprietà di queste imprese, anche per i problemi di cassa, Fincantieri si è catapultata sulla preda, nello scorso luglio. Il gruppo avrebbe dato una valutazione tra i 400 e i 450 milioni, finora non sono state presentate offerte.

Arrivano i franco-tedeschi

Attraverso l’advisor Rothschild, l’a.d. di Leonardo, Alessandro Profumo, è riuscito a catalizzare l’attenzione del gruppo franco-tedesco Knds, nato nel 2015 dall’unione della francese Nexter e della tedesca Krauss Maffei Wegmann. È guidato da un manager tedesco, Frank Haun, ma il peso maggiore è dei francesi. Secondo fonti autorevoli è questo gruppo che ha presentato la proposta finanziaria più interessante per Leonardo, con una valutazione ufficiosa di 650 milioni per il perimetro Oto-Wass. Le due aziende hanno 1.400 addetti e un giro d’affari stimato sui 500 milioni.

La posizione di Leonardo

Finora non ci sono offerte vincolanti sul tavolo. Quindi le cifre che circolano potrebbero cambiare radicalmente nella versione finale. Non è stata fatta neppure l’analisi approfondita sui conti delle imprese in vendita, la «due diligence». Il venditore aspetta per fine mese delle proposte più concrete. Da quanto trapela, Leonardo ritiene che la proposta franco-tedesca possa garantire uno sviluppo di Oto, l’azienda più sofferente, grazie ai programmi europei, tra cui il progetto del futuro carro armato pesante europeo, che dovrebbe vedere la luce tra non meno di dieci anni. Oto Melara però ha bisogno già adesso di commesse. Con la cessione Leonardo si garantirebbe la fornitura anche in futuro di tecnologie della propria divisione elettronica, che entro pochi mesi si estenderà con l’ingresso al 25,1% nella tedesca Hensoldt. Operazione già concordata in aprile, che verrà perfezionata dopo ill completamento delle autorizzazioni. L’acquisto costerà a Leonardo circa 606 milioni.

Le tensioni tra Bono e Profumo

La trattativa è resa più complicata dalla tensione nei rapporti personali tra Bono e Profumo e dalla difficoltà di dialogo tra i due top manager. Alcuni osservatori ipotizzano che il manager di Fincantieri abbia fatto un’offerta al ribasso, convinto di riuscire a portare a casa due aziende importanti per imbastire un piano di alleanze nella difesa a livello europeo. Le stesse fonti fanno notare che l’intervento di Knds - considerato politicamente difficile da accettare per il governo, che può intervenire con il golden power sulle aziende strategiche per bloccare l’operazione - potrebbe essere stato sollecitato con la finalità di stuzzicare Bono e farlo rilanciare. Chi conosce Bono racconta che non abbia gradito questa intrusione.

Il ruolo del ministero dell’Economia

L'altra variabile da considerare, fanno notare fonti vicine al dossier, è che Fincantieri, pur avendo conti in ripresa ma non in ottima salute, avrebbe bisogno di un aumento di capitale per fare l'acquisizione. Controllata dalla Cassa depositi e prestiti con il 71,3%, Fincantieri ha come azionista finale il ministero dell’Economia (possiede l’82,77% di Cdp). E il Mef è anche l’azionista di controllo di Leonardo, con il 30,2 per cento. Dunque c’è un intreccio quasi incestuoso nell’operazione. Il ragionamento è: il Mef dovrebbe dare, attraverso Cdp, i soldi a Fincantieri per dare sollievo finanziario a Leonardo? O potrebbe essere raggiunto un accordo al tavolo con il governo che accontenti tutti? Questo non è facile, perché le due società sono quotate in Borsa, quindi devono rispondere al mercato e ai soci di minoranza della congruità delle operazioni di acquisizione e cessione con valutazioni trasparenti, almeno nella forma.

Oto Melara ha dimensioni limitate

Questi ostacoli non appaiono insormontabili. Il problema dell'assetto da dare a Oto Melara e Wass però deve tener conto di un altro aspetto, fa notare un autorevole analista dell’industria della difesa. Le loro difficoltà, soprattutto di Oto Melara negli armamenti terrestri, sono dovute alle limitate dimensioni e alle limitazioni tecnologiche. Pertanto una soluzione non può esserci solo nello spostamento da un gruppo a un altro, come avverrebbe nel semplice trasferimento da Leonardo a Fincantieri. Oto e Wass hanno bisogno di partnership industriali e di un’integrazione con gruppi più forti, come pedine nella complessa partita del consolidamento europeo.

La terza ipotesi è Rheinmetall

È a questo che allude il ministro Guerini quando parla di «mantenimento di un presidio nazionale, aperto ad una dimensione di cooperazione industriale europea». Guerini non ha detto quale sarebbe il partner europeo. C’è chi immagina che possa essere Knds. Non è detto però che si possa trovare un accordo tra questo gruppo e Fincantieri. C’è invece chi fa notare che una possibile soluzione al rebus sarebbe un coinvolgimento di Rheinmetall, il grande gruppo tedesco degli armamenti terrestri (5,87 miliardi di fatturato nel 2020) che già nei primi mesi di quest’anno ha fatto proposte di collaborazione industriale «land and naval».

Proposte rivolte sia a Leonardo per il nuovo carro leggero dell'esercito per sostituire il Dardo - una commessa da 2,2 miliardi che dovrebbe essere lanciata nel 2023 - sia a Fincantieri per condurre insieme l’acquisizione dei cantieri militari ThyssenKrupp in Germania. I tedeschi non hanno chiesto di comprare Oto Melara, hanno proposto delle joint venture industriali operative, una con il gruppo di Profumo basandola sulla loro piattaforma Lynx, con la prospettiva di ampliare in futuro la collaborazione al nuovo carro pesante europeo, l’altra con Bono per l’acquisizione dei cantieri Thyssen.

La soluzione mista

La proposta è stata accolta con interesse da Fincantieri. Più fredda Leonardo, che dopo la frenata iniziale ha costituito un gruppo di lavoro insieme ai tedeschi. L’interesse dei tedeschi, presenti nel nostro paese attraverso Rheimetall Italia, resta comunque molto forte. Un’ipotesi, per ora sotto traccia, è che si potrebbe esplorare un’eventuale compatibilità dell’interesse di Fincantieri con quello di Rheinmetall. Un simile esito non sembra al momento nelle corde di Leonardo, che guarderebbe con favore piuttosto a una combinazione tra Knds e Fincantieri. Ma altri protagonisti della partita, che si gioca anche a livello di governo, soprattutto tra Difesa e Mise, valutano con attenzione il coinvolgimento di Rheinmetall. L’esito della partita quindi è molto incerto.

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