street art

Ozmo per Willy: il ruolo sociale dell’arte di strada

Ora spuntano anche a Milano i ritratti del ragazzo ucciso dopo quello di Paliano voluto dal sindaco. Un volto per non dimenticare il dolore

di Giuditta Giardini

Credit: Marco Garofalo/Vanity Fair

3' di lettura

Dopo il ritratto sorridente di Willy Monteiro Duarte a Palliano, la sua città d'origine, spuntano a Milano altri ritratti sui muri, come quello dello street artist, Ratzo, spuntato nei giorni scorsi, sul tetto del “Tempio del futuro perduto”, centro culturale in via Luigi Nono a Milano. L'arte sociale, come spiega l'artista Ozmo, deve necessariamente avere un ruolo nella società odierna sempre più insensibili al dolore.

Credit: Marco Garofalo/Vanity Fair

Come nasce l'arte sociale? Erano gli anni ‘90, quando un gruppo di ragazzi si incontrava per tappezzare i centri sociali e le case occupate per denunciare le ingiustizie di una Milano capitalista e berlusconiana. Si facevano chiamare Volkswriterz, i graffitari del popolo, i loro pezzi erano grida tra il silenzio dell'indifferenza. Nel 2006, fu Sgarbi a consacrare il movimento definendo i muri del centro sociale Leoncavallo, o Leonka in slang, “la Cappella Sistina dei nostri giorni”, aprendo le porte ad un dibattito sulla tutela del pezzo bello, ma illecito (perché concepito su una superficie che non appartiene all'artista) che ancora oggi ci trasciniamo dietro. Contrari erano il sindaco di Milano Letizia Moratti e il vicesindaco Riccardo De Corato che volevano imbiancare i muri del Leonka e coprire una volta per tutte i lavori dei “vandali”, come avevano apostrofato i writer.

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Credit: Marco Garofalo/Vanity Fair

Secondo Ozmo, è partito tutto dal Leonka, da quei muri socialmente impegnati: “a quei tempi” spiega l'artista “mentre i Volkswriterz scrivevano, a me spettavano le parti figurative, quindi tutto il corredo di immagini di polizia, scontri e “A.C.A.B.” - all cops are bastards. La Digos ci teneva d'occhio, eravamo sempre sotto controllo, poi ho iniziato a disegnare i San Michele, così si sono rabboniti perché San Michele è un giustiziere, ma anche il protettore degli sbirri”. Santi e martiri. “In tutta la mia vita” dice Ozmo “ho dipinto circa otto immagini di Carlo Giuliani, cinque Dax e sono vent'anni che faccio arte sociale”.

Credit: Marco Garofalo/Vanity Fair

L’arte sociale
Alcune opere di street art chiedono uno sforzo interpretativo degno delle migliori pale del Rinascimento, ma l'arte sociale è diversa, è semplice, abbatte le barriere comunicative e invita alla riflessione attraverso immagini e messaggi diretti. E, infatti, è immediata e potente, l'opera che Ozmo ha realizzato a Paliano, città di nascita di Willy Monteiro Duarte, il ventunenne ucciso la notte tra il 5 e il 6 settembre 2020 a Colleferro in provincia di Roma durante una rissa. I suoi carnefici sarebbero, secondo le ricostruzioni degli inquirenti di Velletri un gruppo di quattro ragazzi di Artena. “Sono partito da Parigi dove risiedo pensando solo a ideare il bozzetto e a incontrare la famiglia di Willy, i suoi amici, il sindaco e la comunità, per me era necessario collaborare con loro per la realizzazione di questo intervento in quel contesto, su quel preciso muro - spiega Ozmo -, realizzare un murale per Willy, proprio nei luoghi che gli appartengono, è stata un'esperienza intensa e simbolica”.

Credit: Marco Garofalo/Vanity Fair

Dopo tre giorni di lavoro senza pausa, il 15 settembre, quando il capo di accusa per i quattro imputati passava da omicidio preterintenzionale a omicidio volontario con l'aggravante dei futili motivi, il muro veniva inaugurato. L'opera “per Willy” è parte di un progetto ideato da Vanity Fair e realizzato in collaborazione con il sindaco della città di Paliano. Il compenso previsto per la sua realizzazione sarà interamente devoluto in beneficenza.

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