Pacchetto anti-inflazione, tra Draghi e Bonomi confronto su cuneo fiscale e salario minimo
Sul tavolo le misure di supporto a lavoratori e imprese che il governo punta a varare entro luglio
I punti chiave
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Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, è stato a Palazzo Chigi per incontrare il premier Mario Draghi. Con il numero uno di viale dell’Astronomia, il direttore generale di Confindustria Francesca Mariotti. Sul tavolo le misure di supporto a lavoratori e imprese che il governo punta a varare entro luglio.
L’incontro a Palazzo Chigi
All’incontro Draghi-Bonomi erano presenti anche il ministro dello Sviluppo economico Giorgetti e il sottosegretario Garofoli. Durante il colloquio - ha reso noto Palazzo Chigi - sono stati affrontati temi legati alla situazione economica, con al centro il confronto sul cuneo fiscale e sul salario minimo. Un comunicato di Palazzo Chigi spiega inoltre che «Draghi ha ribadito l'intenzione di avviare un metodo di lavoro con le parti sociali attraverso incontri su alcuni temi specifici, tra i quali: le politiche industriali, con riferimento ad alcuni settori chiave dell'economia italiana quali l'automotive e il siderurgico; il Pnrr; l'energia e la Legge di Bilancio».
Il precedente incontro con i sindacati
Il 12 luglio il premier aveva incontrato sempre sugli stessi temi i sindacati. A Cgil, Cisl e Uil Draghi ha detto che il governo varerà un corposo decreto entro la fine di luglio con nuovi aiuti. Sul tavolo del governo anche il taglio del cuneo fiscale e interventi sul salario minimo.
Tre tavoli
Il Governo ha proposto ai sindacati di aprire tavoli sul cuneo fiscale, la lotta alla precarietà del lavoro e sul salario minimo partendo dalla proposta del ministro del Lavoro, Andrea Orlando. I tavoli dovrebbero aprirsi a partire dal 23 luglio.
Il nodo salario minimo
Subito dopo l’incontro coi sindacati del 13 luglio, il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che si trovava a Parigi per il bilaterale con l’omologa organizzazione francese Medef ha precisato la sua linea sul salario minimo: «L’Italia non è obbligata a introdurlo per legge, più dell’80% dei nostri lavoratori è coperto dai contratti nazionali. Farlo sarebbe una scelta politica, ma attenzione perché così si rischia di scassare la contrattazione nazionale».
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