Paco Rabanne, lo spirito ribelle dell’ultimo dei futuristi
Rabanne credeva in un radioso futuro di possibilità e scelse anche per questo di lavorare con materiali e forme mai sperimentati prima, nello spirito di anni in cui tutto sembrava possibile
di Angelo Flaccavento
2' di lettura
La moda continua a perdere sobillatori, inventori, radicali e rivoluzionari. Sono tutti ultra ottantenni, ma è comunque una falcidie, perché gli autori di siffatto calibro si forgiano solo in determinati momenti storici, e questo non è detto con pessimismo millenaristico, ma con coscienza dei tempi. Con Paco Rabanne, che si è spento oggi all'età di ottantotto anni, se ne va via il metallurgico - come lo definì con non poco spregio Coco Chanel, di certo più interessata alla bourgeoisie che alla gioventù yè yè e scalmanata - che negli anni Sessanta guidò insieme ad André Courrèges e Pierre Cardin la schiera dei futuristi, presi tutti a guardare avanti invece che indietro, radicali nella scelta di linee svelte e di una estetica dinamica da viaggio intergalattico, con gli orli micro che glorificavano corpi atletici.
E dire che Rabanne, come i due colleghi di cordata space-age, veniva da una formazione tradizionale: la madre aveva lavorato per l'inarrivabile Cristobal Balenciaga. È un solido, infallibile adagio, oggi assai negletto: per fare l'avanguardia, bisogna essere fluenti nei classici, o si pasticcia e basta. Rabanne lo era a tal punto che, aperta la propria casa di moda nel 1966, si lanciò nell'uso di materiali incongrui, scatenando seguaci altrettanto radicali e tutta la cultura delle boutique di contromoda come Cose o Paraphernalia. I suoi tubini svelti e snelli erano fatti di piastre di metallo, tessere di plastica, pezzi di carta. Erano simili a cotte medievali, ma erano più adatti ad andare nei club e nelle discoteche, che proprio in quegli anni diventavano centri di irradiazione di nuove culture, di altri valori aggregativi. Era un frangente in cui il domani appariva radioso, e a portata di mano; la nostalgia non esisteva, perché era solo una zavorra. E se anche quelle linee a trapezio riecheggiavano gli anni Trenta, non c'era ombra di revival.
Da ineguagliabile futurista, Rabanne vestì Jane Fonda come Barbarella nell'omonimo film di Roger Vadim, segnando per sempre l'immaginario collettivo, modellando la fantascienza con palpabile erotismo. Interessato all'occulto e all'esoterismo, Rabanne ha lasciato la guida del marchio, che oggi fa parte del portfolio Puig e che conta su un solido business di profumi, nel 1999. Da allora è apparso in pubblico raramente: non si può rimanere futuristi a vita, quando il futuro supera la realtà, quindi meglio tacere.
Lo spirito ribelle e sperimentale lo consegnano all'olimpo dei grandi, ma curiosamente, come si conviene a chi ha immaginato in fast-forward, tutto ciò era già avvenuto agli inizi della carriera. La sequenza iniziale del film Qui êtes-vous, Polly Maggoo? di William Klein consiste infatti in una fantasmagorica sfilata di abiti metallici - sculture di Bernard e François Baschet - alla fine della quale Miss Maxwell, ispirata a Diana Vreeland, esclama «lui ha ridefinito la donna». Ebbene, il fantomatico stilista Isidore Ducasse altri non è che una parodia di Paco Rabanne. Che sì, ha ridefinito la donna, metallizzandola. Era il 1966: Rabanne aveva appena esordito, ed era già il titano che poi è rimasto.
Consigli24: idee per lo shopping
Scopri tutte le offerteOgni volta che viene fatto un acquisto attraverso uno dei link, Il Sole 24 Ore riceve una commissione ma per l’utente non c’è alcuna variazione del prezzo finale e tutti i link all’acquisto sono accuratamente vagliati e rimandano a piattaforme sicure di acquisto online
loading...