Padri separati, quando l’assegno per i figli ti condanna alla povertà
di Francesca Milano
3' di lettura
Dal palco di Zelig al sedile della sua auto, dal genere comico a quello tragico. La storia dell’attore Marco Della Noce fa notizia perché non ci si aspetta che un uomo del mondo dello spettacolo finisca sul lastrico. Eppure succede, quando le famiglie scoppiano. La separazione dalla moglie e il mantenimento dei due figli hanno costretto l’attore a vivere nella sua auto e a non poter più lavorare a causa del blocco della partita Iva imposto dal giudice. A gettarlo in mezzo a una strada sarebbe stato, a suo dire, un divorzio conflittuale, con impegni economici importanti a cui non è riuscito a far fronte facendo scattare inevitabili pignoramenti e sequestri.
«I padri che vivono vicende del genere sono sempre di più», spiega Tiziana Franchi, presidente dell’associazione Padri Separati (www.padri.it). Per capirlo basta guardare i dati Istat relativi alle separazioni e ai divorzi: nel 2015, anche grazie al “divorzio breve”, l’aumento degli scioglimenti delle unioni è stato del 57% rispetto al 2014. Alle 82.469 coppie che hanno divorziato vanno poi sommate anche le 91.706 che si sono separate.
Sempre secondo l’Istat, all’atto della separazione i mariti hanno mediamente 48 anni e le mogli 45 anni. «È un’età critica per gli uomini - spiega Tiziana Franchi, chi subisce il blocco della partita Iva difficilmente riesce a trovare un nuovo lavoro». Allo stesso tempo, però, lavorare è più necessario di prima perché bisogna affrontare spese più elevate. «Il padre separato deve lasciare la sua casa ma continuare a pagarne il mutuo, e contemporaneamente deve pagare l’affitto del suo nuovo alloggio e le bollette maggiorate perché questo risulta come seconda casa». C’è poi l’assegno per i figli e quello per la moglie (quando previsto), ma solo l’ultimo è scaricabile dalla dichiarazione dei redditi. «Non bisogna dimenticare - aggiunge Franchi - anche il costo dell’avvocato».
Fare una stima del “costo” della separazione è difficile perché sugli importi dell’assegno per i figli ogni tribunale decide autonomamente, ma il numero di telefonate che ogni giorno arrivano all’associazione (30-40) la dice lunga sul problema sociale dei padri separati.
«Per fare un esempio - racconta Tiziana Franchi - un uomo che guadagna 1.400 euro al mese può arrivare a pagarne da 400 a 700 in base al numero dei figli. Poi deve aggiungere tutte le spese per il vitto e l’alloggio. Spesso chi non ha una famiglia alle spalle rischia di ritrovarsi in auto, proprio come è successo al comico di Zelig».
La giungla delle sentenze mostra parametri differenti: per fare un esempio, a Monza il tribunale aveva stabilito che la misura del contributo al mantenimento dei figli minori dovesse essere «legittimamente correlata non tanto alla quantificazione delle entrate derivanti dalla attività professionale svolta dal genitore non convivente, quanto, piuttosto, ad una valutazione complessiva del minimo essenziale per la vita e la crescita dei figli stessi». La Cassazione poi ha stabilito che bisogna assicurare al minore il tenore di vita in misura analoga a quello già goduto prima della crisi coniugale dei genitori. In generale, l’importo del mantenimento dipende anche dalle risorse economiche dei genitori, ricavabili da una ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali delle parti, con riferimento anche alle concrete capacità lavorative e alla potenzialità di produrre reddito.
La quota di separazioni in cui la casa coniugale è stata assegnata alle mogli è aumentata dal 57,4% del 2005 al 60% del 2015 e arriva al 69% per le madri con almeno un figlio minorenne. E nel 94% delle separazioni il tribunale impone al padre un assegno di mantenimento.
Le difficoltà economiche dei padri separati si ripercuotono anche sul rapporto con i figli. Secondo Tiziana Franchi, infatti, «si fatica a mantenere una figura genitoriale adeguata, e spesso se non ci si può permettere una casa abbastanza grande non si riesce a ottenere il permesso di pernottamento per i bambini, che quindi trascorreranno meno tempo con il genitore».
Che il presidente dell’associazione Padri Separati sia una donna non deve stupire: «Non c’è alcuna guerra di genere - spiega -, ci sono moltissime donne che collaborano con l’associazione e molte volte sono le donne che si rivolgono a noi: la prima chiamata la fanno le nonne, preoccupate per i nipoti e per i figli».
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