Pagamenti con carta, boom dei piccoli tagli: il 46% fino a 25 euro
I dati Pagobancomat mostrano che sette operazioni su dieci riguardano importi fino a 50 euro. Incidono bonus fiscali e obblighi di Pos
di Dario Aquaro
I punti chiave
4' di lettura
Tra obblighi e agevolazioni, i pagamenti elettronici di piccola taglia segnano nuovi record. Lo testimoniano i dati elaborati dal Sole 24 Ore del Lunedì sulle transazioni con carta di debito (che restano ancora le più diffuse) eseguite sul circuito Pagobancomat (usato dall’80% delle carte di debito in Italia). Dal 2019 a oggi, dal pre al post pandemia, sul totale delle operazioni, l’incidenza dei pagamenti fino a 10 euro è passata dal 7,9 al 15,2 per cento. E quella dei pagamenti fino a 25 euro è salita dal 34,7 al 45,9%: quasi una transazione digitale su due. Se allarghiamo lo sguardo: più di sette operazioni su dieci (72,2%) attengono a spese fino a 50 euro.
I record maturano, peraltro, mentre avanzano i pagamenti cashless complessivi, che in Italia – stima l’Osservatorio innovative payments del Politecnico di Milano – hanno raggiunto un transato pari a 390 miliardi nel 2022, in aumento del 18% sul 2021 e del 44% sull’anno prepandemico 2019. La stima comprende i “classici” pagamenti con carta di credito, debito o prepagata, favoriti dal contactless; e quelli più innovativi eseguiti in negozio con smartphone o altri oggetti indossabili tipo smartwatch: app basate su tecnologie Nfc (Apple Pay, Google Pay, Samsung Pay e via dicendo) o altre tecnologie come geolocalizzazione e QrCode (Bancomat Pay, Satispay, app dei singoli merchant). Le carte di debito sono gli strumenti cashless più utilizzati e aiutano a fotografare bene l’evoluzione dei comportamenti di acquisto. «Pago col bancomat» diciamo spesso (impropriamente) quando impugniamo la card. E questo “pagare col bancomat” si fa sempre più frequente per le piccole spese: un fenomeno evidente anche solo confrontando gli anni più recenti. Le transazioni fino a 10 euro, ad esempio, sono state 260 milioni nel 2021 e poi 318 milioni nel 2022, e potrebbero arrivare a circa 366 milioni a fine 2023, se proiettassimo i risultati dei primi cinque mesi (su un totale di 2,4 miliardi di operazioni Pagobancomat). Le transazioni fino a 25 euro – che nel 2021 erano 845 milioni – quest’anno potrebbero invece toccare quota 1,1 miliardi.
Tra incentivi e vincoli
La progressione dei micropagamenti negli ultimi quattro anni mostra varie influenze. C’entrano le tecnologie, ma anche le agevolazioni fiscali e gli obblighi di legge. Partiamo dalle modalità “no-pin”. Nel 2019, recuperando un gap tecnologico, Bancomat – spiega l’ufficio studi – si è concentrata sullo sviluppo delle modalità contactless, la cui soglia legale in Italia è poi passata da 25 a 50 euro nel 2021. Incrociando così il cambio delle abitudini dettato dalla crisi pandemica, che ha spinto i consumatori verso il cashless e i pagamenti “no-pin”. Questa è storia. Il Covid-19 ha ridotto i volumi dei pagamenti durante l’emergenza, ma anche gli importi medi, e ha attratto nuovi settori che prima avevano meno confidenza con le carte.
Sui risultati hanno influito anche incentivi e vincoli normativi. Come la detrazione del 19% sulle spese mediche, che dal 2020 richiede la tracciabilità dei pagamenti e – sottolinea l’ufficio studi Bancomat – ha fatto impennare l’uso delle carte in farmacia. Mentre ha lasciato qualche traccia il cashback, il dispendioso bonus del governo Conte bis (costo semestrale di 1,5 miliardi), che nel 2021 – fino alla sospensione con il governo Draghi – può aver promosso l’uso della moneta digitale anche tra fasce di popolazione meno avvezze. Sulla “disponibilità” degli esercenti a servirsi dei Pos, invece, ha certo agito – per chi dichiara ricavi annui fino a 400mila euro – il tax credit del 30% sulle commissioni, scattato a luglio 2020 e poi aumentato al 100% dallo stesso governo Draghi, anche se solo per un anno: dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022.
Oltre le commissioni
La ritrosia di commercianti e professionisti ad accettare pagamenti con carta è stata spesso motivata con gli alti costi di transazione. Il rapporto 2023 della Community cashless society (The European House–Ambrosetti) fa un po’ di chiarezza: in Italia il costo di acquisto medio (28 euro) e il canone mensile medio del Pos (8,9 euro) sono inferiori a quelli dei principali Paesi europei, come Germania o Francia; e il costo medio delle commissioni sulle transazioni cashless resta inferiore alla media europea (0,7% contro 1,2%).
Dal 30 giugno 2020 agiscono comunque le sanzioni per chi rifiuta l’uso del Pos: 30 euro più il 4% del valore della transazione. Sanzioni arrivate otto anni dopo l’entrata in vigore (30 giugno 2014) dell’obbligo di accettare pagamenti con carta. E che – legate agli obiettivi del Pnrr di ridurre l’evasione fiscale – non sono state toccate dal governo Meloni: anzi, ora valgono anche per la vendita di tabacchi, francobolli e bolli. La deroga, stabilita il 25 ottobre 2022, è caduta il 26 giugno scorso con la nuova determinazione dell’agenzia delle Dogane: sul mercato ci sono ormai «variegate offerte del servizio Pos, tra le quali tariffe flat, indipendenti dal numero di transazioni effettuate, e tariffe che prevedono il rimborso delle commissioni per i micro-pagamenti inferiori a 10 euro». Insomma, il quadro evolve «dal punto di vista delle tecnologie impiegate e degli attori»: e a pungolare sono anche servizi come Satispay, con politiche di zero commissioni per pagamenti sotto i 10 euro.
In ogni caso – nota sempre la Community cashless society – il costo delle commissioni per i pagamenti digitali (0,7% medio) resta comunque inferiore al costo privato del contante stimato da Bankitalia: 1% per singola transazione, a causa dei maggiori oneri dovuti alla sicurezza (dai furti alle assicurazioni). E la differenza si fa ancora più marcata per i piccoli esercenti: quel 93% di partite Iva che può fruire del tax credit sulle commissioni.
Il leitmotiv di bonus e vincoli anti-contante è contrastare i pagamenti in nero. Anche passando dai giochi. Così la lotteria degli scontrini (che premia commercianti e clienti) punta a diventare istantanea. Ma per farlo servono registratori telematici “evoluti” collegati ai Pos: quelli ora incentivati da un nuovo credito d’imposta.
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