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Pagamenti digitali record: 1.300 miliardi di transazioni

Capgemini stima che i volumi delle transazioni “non cash” dovrebbero crescere del 16,6% nel 2023 rispetto al 2022

di Vittorio Carlini

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3' di lettura

Da un lato il boom dei volumi delle transazioni digitali globali. Dall’altro l’Asia-Pacifico che fa la parte del leone. Il tutto con i pagamenti commerciali “senza contante” che, seppure rimangano ancora limitati, prendono sempre più piede. Così può riassumersi il “World payment report 2023” di Capgemini e le sue molteplici tabelle.

Secondo gli esperti della multinazionale francese, i volumi delle transazioni globali “non cash” arriveranno, a fine anno, a 1.334 miliardi. Si tratta di un valore che, da una parte, rappresenta un rialzo del 16,6% rispetto al 2022; e che, dall’altra, conferma la dinamica degli ultimi esercizi. Nel 2017 i volumi dei pagamenti elettronici erano a quota 548 miliardi per poi, nel 2021, salire a circa mille miliardi. Le stime riguardo al 2024 parlano, infine, di una cifra intorno a 1.500 miliardi. Insomma: la realtà è quella di un fenomeno in espansione. Tanto che, a detta di Capgemini, tra il 2022 e il 2027 gli scambi dei pagamenti “non cash” saranno caratterizzati dal rialzo medio annuo ponderato (Cagr) del 15%.

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Le geografie

Al di là della dinamica del fenomeno, quali i Paesi maggiormente coinvolti? L’Asia-Pacifico è al centro del palcoscenico. L’area - con in testa India, Cina, Singapore, Australia e Thailandia - nel 2023 è cresciuta del 23,7% e si trova sulla buona strada per arrivare a rappresentare più del 50% di tutti i “digital payment” mondiali. Un po’ a sorpresa il Nord America, tipicamente all’avanguardia nella tecnologia finanziaria, aumenta le transazioni non in contanti solo del 6,2%. Passo più veloce, invece, per l’Europa dove i pagamenti digitali sono aumentati -nel 2023- del 12,4% e le previsioni tra il 2022 e il 2027 indicano il Cagr del 10,7%. Infine: il Medio Oriente e l’Africa. Qui, nonostante i tassi di espansione elevati (+14,1%), le transazioni fatte di bit si fermano a quota 33,6 miliardi.

I vari fil rouge

A fronte di un simile scenario è chiaro come la realtà del “non contante”, soprattutto a livello dei vari mercati, appaia a macchia di leopardo. Ciononostante, possono cogliersi alcune comuni dinamiche di fondo. Tra le altre: i cosiddetti pagamenti istantanei. Cioè: i bonifici che, grazie a infrastrutture dedicate, vengono regolati pochi secondi dopo la disposizione della transazione. Laddove gli “instant payment” sono sviluppati, e sostenuti, il pagamento elettronico accelera. Un esempio? L’Asia-Pacifico. Durante l’ultimo decennio diversi Governi hanno sostenuto, oppure permesso, la creazione di strutture per l’ “istant payment”. Il che ha agevolato le transazioni elettroniche. Un meccanismo simile può riscontrarsi nel Vecchio continente. Qui, unitamente all’effetto positivo legato alle regole Ue sull’open banking (Psd3), l’Eurosistema, nel 2018, ha lanciato il Target instant payment system (Tips). Vero! La novità non è stata accolta a braccia aperte. E tuttavia, considerando gli stessi emendamenti per migliorare il servizio, il pagamento istantaneo ha aiutato quello via bit.

Il meccanismo, a ben vedere, è stato di recente replicato negli Usa: in Luglio la Federal reserve ha introdotto la struttura FedNow. Ciò detto, però, il pagamento immediato statunitense è anche l’emblema dei problemi che il superamento del contante può portare. Soprattutto a livello politico. Diversi parlamentari, in particolare Repubblicani, hanno duramente criticato il lancio di FedNow. Il motivo? Perché, a loro dire, è propedeutico all’arrivo del dollaro digitale. La valuta elettronica della Banca centrale che, sempre secondo gli oppositori, viola la privacy dei cittadini e crea il “Grande fratello” sulle transazioni commerciali.

Transazioni commerciali

Già, le transazioni commerciali. Quelle digitali, tornando al report di Capgemini, prendono via via sempre più piede. Vero! Hanno ancora una rilevanza limitata (162 miliardi gli scambi nel 2023). E, però, i tassi di crescita diventano rilevanti: nel periodo compreso tra il 2022 e il 2027, il Cagr è dell’11,3%. La spinta a questa maggiore espansione, secondo tre quarti dei responsabili dei pagamenti ascoltati nella ricerca, è conseguente ai nuovi attori: FinTech e PayTech. In altre parole: gli istituti commerciali tradizionali, seppure qualcosa si muove, mantengono un passo lento. E questo nonostante le stesse imprese spingano sul pagamento digitale. Più del 60% dei “payment executives”, infatti, crede che la domanda per una migliore esperienza nei pagamenti porterà all’accelerazione nella digitalizzazione dei medesimi.

I token

Quella digitalizzazione che, tra le altre cose, è alla base di un interessante fenomeno in Europa: la tokenizzazione. Vale a dire: la rappresentazione di un bene in un titolo digitale collegato a blockchain o a un registro distribuito. Ebbene: nel vecchio continente, rileva Capgemini, il 47% delle società di pagamenti è in fase avanzata di utilizzo del meccanismo della tokenizzazione quale modo, ad esempio, di rendere maggiormente sicure le transazioni.

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