Parigi conclude le sfilate uomo: un inno alla fisicità nel post distanziamento
Da Loewe a Hermès, il corpo torna protagonista: sensualità e sessualità nel messaggio che emerge dalla fashion week francese
di Angelo Flaccavento
I punti chiave
3' di lettura
Sensualità, sessualità, lampi di nudo, guizzi di carne sono il chiaro messaggio emerso dalla settimana parigina della moda maschile. Altro che distanziamento: si punta all’avvicinamento sudato e periglioso, forse perché a lungo negato; ritorna la fisicità palpabile.
Loewe: passerella sensuale nel labirinto
Il corpo è protagonista da Loewe: punto di partenza e di arrivo di un detour immaginifico che è una riflessione sulla realtà altamente fabbricata che tutti viviamo, costantemente retroilluminata dai trabiccoli smart cui si esiste appiccicati. La nudità, il grado zero di ogni cosa, è insieme evocata e distorta nelle stampe iperrealistiche di corpi rimpiccioliti su tute seconda-pelle. Alcuni modelli, poi, indossano t-shirt sulle quali sono riprodotti, in foto-print, i loro stessi volti, con effetti di alto straniamento. L'assunto intorno al quale lavora il direttore creativo, Jonathan Anderson - uno dei pochi designer, oggi, capaci di creare show che scatenano l'immaginazione invece di essere brutali vetrine di prodotto - è che niente è come sembra. Parte dagli archetipi del guardaroba maschile - i boxer, la t-shirt, il cappotto, i jeans, ma anche il montone a pelo lungo da hippie e gli shorts da go go dancer- e li taglia con linee di luce al led - vera - oppure li decora con filtri da scarico del lavandino, li rimpicciolisce incollandoli addosso, o ancora li espone nella loro cruda ed evidente banalità. Il percorso è ondivago, astratto, e per questo ipnotico da seguire, pieno di tenere surrealtà come le fibbie che sillabano Hello o Smile, o le maglie marinare con imbottiture a forma di cuore. La sfilata si svolge dentro una installazione site-specific degli artisti Joe McShea e Edgar Mosa: bandiere senza insegna, fatte di nastri di raso colorati che ondeggiano al passare degli indossatori. C'è qualcosa di molto sensuale in questo labirinto policromo, montato su un pavimento di sabbia: una selva che irretisce e che ricorda dappresso il deboscio dell'isola di Fire Island. A quell'energia pre-AIDS rimanda la proposta più diretta e più chiara di tutto lo show: un paio di jeans e una maglietta bianca, ovvero la seduzione strippata al grado zero.
Louis-Gabriel Nouchi pensa ai Paradisi Artificiali di Baudelaire, ma nel trasporli nell'oggi sostituisce la notte in discoteca allo stordimento oppiaceo. Si parte in nero e si finisce in mutande e corpi sudati, in un progressivo svestimento fatto di linee fluide e tagli sensuosi.
Il rinnovamento di Hermès
Una energia nuova percorre la collezione di Hermès. L'espressione, certo, è misurata come da copione, ma c'è qualcosa di fresco, decisamente giovane, ma anche di grafico e sensuale in questa nuova prova, a partire dagli stivaletti metallizzati che, come un segno continuo, accessoriano tutto, dai parka geometrici ai grossi maglioni ai cappottini e le giacche intonsi. Veronique Nichanian guida da tempo e con sicurezza la divisione maschile della storica maison francese. Nelle ultime stagioni, però, ha operato un sottile rinnovamento, che adesso raggiunge l'apice e convince.
Kenzo in cerca di coesione stilistica
È tempo di cambiamento anche da Kenzo. Per il debutto nel ruolo di direttore creativo, il giapponese Nigo - Dj, designer, talento multidisciplinare - sceglie la Galerie Vivienne, il posto in cui nel 1970 Kenzo Takada aprì la boutique, Jungle Jap, inizio della sua storia parigina. È la prima volta da quando Takada ha lasciato il timone che il posto di guida viene dato ad un giapponese, e questo genera un forte senso di riconnessione. Ma Takada era un designer, mentre Nigo è un vulcanico non professionista, di quelli che al momento, sull'onda di Virgil Abloh, spopolano. La collezione è fatta di pezzi pensati per il commercio, che in passerella s'afflosciano, mentre dal punto di vista stilistico ha un che di turistico, come una serie di clichè francesi - dall'artista con il basco allo scolaro - visti da uno straniero. Di per sè è anche una idea azzeccata, che necessita però di energia, spirito vitale, e soprattutto coesione stilistica. Il seme del nuovo Kenzo, marchio quanto mai bistrattato, va fatto germogliare con più cura, o si rischia di annientare una gloriosa eredità.
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