Ciclismo

Parigi-Roubaix, vince l’italiano Colbrelli: dopo 22 anni la classica torna tricolore

Sotto la pioggia, tra fango e pietre trionfa il corridore bresciano con fama da eterno secondo: «È un sogno che si realizza». La sfortuna di Moscon

di Dario Ceccarelli

Sonny Colbrelli taglia vittorioso il traguardo. (Afp)

4' di lettura

Fermiamoci bene e respiriamo con calma e tranquillità. Perchè la notizia è potente, quasi folgorante, di certo emozionante. Non come la vittoria nei 100 metri di Marcell Jacobs alle Olimpiadi di Tokyo ma poco ci manca. Solo che questa volta, in questo autunnale prolungamento di un’estate di imprese straordinarie, siamo nel pieno del Mito e dell’Epica sportiva: siamo cioè alla Parigi-Roubaix, la più grande e temuta classica del ciclismo antico e moderno. La classica delle pietre, quella corsa che oltre ad essere massacrante è una specie di tuffo nell’Inferno del Nord, nel fango e nella polvere. E chi risale, non solo la vince, ma va anche in Paradiso.

Da 22 anni mancava la vittoria italiana

Ebbene, questa pazza corsa, che per la pandemia non si svolgeva dall’aprile del 2019 (vittoria di Philippe Gilbert), e che da 22 anni non vedeva la vittoria di un italiano (Andrea Tafi nel 1999), è stata «domata» da un corridore bresciano, Sonny Colbrelli, 31 anni, che nel velodromo più famoso del mondo - quello di Roubaix - ha fulminato in volata il giovane belga Florian Vermeesch e soprattutto l’olandese Mathieu Van Der Poel, talento purissimo e nipote di quel Raymond Poulidor che negli anni Sessanta divenne, oltre che ostinato rivale di Jacques Anquetil, uno dei più popolari corridore francesi.

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La maschera di fango

Ma torniamo al velodromo di Roubaix dove Colbrelli dopo aver alzato la bicicletta al cielo si butta sul prato come se l’erba - ancora lucida di pioggia - potesse lavargli via tutto quel fango che lo rende quasi irriconoscibile, una maschera di creta da cui spuntano solo gli occhi e due labbra rosse vermiglie che lo fanno assomigliare a un diavolo scatenato. In effetti, per conquistare la Roubaix, la corsa più infernale che ci sia, qualche legame con gli abissi bisogna pur averlo. Colbrelli, lombardo di Desenzano del Garda, al suo debutto alla Roubaix, si è tenuto a galla in una corsa che per quattro ore è stata martellata dalla pioggia. Una pioggia che ha trasformato i 55 chilometri di tratti in pavè in una scivolosa poltiglia di fango e di sassi. Un vero massacro con tantissime cadute che hanno creato selezione a ogni tratto di pavè. Merito di Colbrelli, campione italiano ed europeo, è stato quello di mantenersi sempre nelle prime posizioni rispondendo con forza a ogni accelerata di Van Der Poel.

La sfortuna di Moscon

Chi ha pagato un prezzo altissimo in questa giostra della cadute è stato invece un altro italiano, Gianni Moscon, partito in fuga solitaria a circa 55 chilometri dal traguardo. Una fuga che gli ha permesso di guadagnare più di un minuto dal gruppetto degli inseguitori. A una trentina di chilometri dall’arrivo, la Roubaix era nel suo mirino. Ma qui il diavolo ci mette lo zampino perchè prima fa forare il povero Moscon obbligandolo a una sosta di almeno mezzo minuto; poi nel settimo settore del pavè (il settimo sigillo…) gli assesta la botta definitiva mandandolo a gambe all'aria. Una mazzata. Testardo e irriducibile, Moscon ha proseguito con un vantaggio sempre più decrescente facendosi poi risucchiare dal gruppetto di Colbrelli e Van Der Poel. Alla fine il trentino si è classificato quarto. Un piazzamento sicuramente onorevole che però non lo ripaga per quanto ha fatto.

Colbrelli: «Per me è un sogno»

Ma questa è la Roubaix, una giostra dove tutto può succedere. Basti ricordare che l’ineguagliabile Franco Ballerini che, prima di conquistare la sua famosa doppietta, in una edizione venne sconfitto al fotofinish dal francese Duclos Lassalle per 8 millimetri. Un’inezia dopo tante pietre che però fu sufficiente a fargli perdere la Regina delle corse.«Per me è un sogno, la realizzazione di un desiderio che non osavo neppure esprimere», dice Colbrelli dopo la vittoria. «Quando la corsa è scoppiata nella foresta di Arenberg ho seguito Van der Poel cercando di non mollarlo mai. Moscon? Andava molto forte, ma dietro abbiamo lavorato tutti insieme. È stata durissima. Per le cadute, per la pioggia, per il fango. Ma così, adesso, mi piace ancora di più».

Il nuovo eroe delle pietre

Fa tenerezza la felicità di Sonny Colbrelli, ormai ribattezzato il nuovo eroe delle pietre. Dall’Inferno al Paradiso: per lui, dopo tanta sfortuna, questa è stata una stagione magica, A 31 anni ha vinto il campionato italiano a Imola e il campionato europeo a Trento. Un’annata clamorosa - un contrappasso benigno - che lo ripaga di tante delusioni e di tanti secondi posti (addirittura 75!) che hanno costellato la sua carriera. Carattere forte, ma non sempre consapevole dei suoi mezzi, Colbrelli ha finalmente trovato la sua vera dimensione. Tra l’altro in una edizione della Roubaix che, per la prima volta dopo quasi vent’anni, è stata flagellata dalla pioggia. Svoltasi a ottobre per le note traversie del calendario dovute alla pandemia. Una corsa comunque fantastica che non ha certo fatto rimpiangere le precedenti. Anzi, si è rivisto - grazie anche al maltempo - quello spirito un po’ folle e pionieristico che in più di un secolo di storia (la prima edizione nel 1896) l’hanno fatta diventare così amata e così temuta.


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