“Paris la nuit” da Celine, la donna pantera di Balmain, Loewe celebra l’artigianato
di Angelo Flaccavento
3' di lettura
L'immagine duratura di una collezione non sono tanto i vestiti, quanto le donne, definite da quel che indossano. Figure immaginate, idealizzate, certamente fantasticate, ma in qualche modo concrete perchè corpi veri, in movimento, ammantati di mode che saranno. A Parigi in questi giorni il repertorio di femminilità possibili è vario.
Sono neo-hippie prese a fare con le mani, connesse con la natura, costantemente in movimento quelle che attraversano gli spazi zen brutalisti della Maison de l'Unesco, casa d'elezione parigina per Loewe, storica eccellenza spagnola parte del portfolio LVMH. Il direttore creativo Jonathan Anderson ha forgiato una nicchia affatto personale, agendo come un curatore per aggregare intorno al marchio una serie di azioni, oggetti e situazioni legati all'artigianato, visto in chiave risolutamente contemporanea. A questo giro lo spazio è di nuovo allestito come una galleria d'arte, se possibile peró con una rarefazione che vira sull'astratto. Vestite di strati in costante decostruzione e liquefazione, lo sguardo nascosto da mascherine aerodinamiche, ai piedi scarponcini chiusi da cinghie o aperti sulle dita, le modelle si muovono a passo spedito tra i car wash di Lara Favaretto, le sculture di vimini intrecciato di Joe Hogan e i vasi di Ryoji Koie che ruotano su giradischi vintage. Gli elementi in gioco sono molti, forse troppi: una ridda di tessiture, forme, consistenze e visioni che quasi intossica, ma che coagula proprio intorno ad una precisa personalità femminile, la cui libertà di schemi è palpabile e la cui sensualità traspare pure nascosta sotto sovrapposizioi quasi invernali. Spirito artistico come nonchalance: il messaggio è chiaro, e condivisibile.
Nessuna nuance e niente mezzi toni per la panterona di Balmain, il cui unico scopo nella vita sembra essere sedurre o mangiare uomini. Allo scopo ricorre a tutto un armamentario redolente degli anni Ottanta più estremi e design, tra Krizia e Capucci: miniabiti a conchiglia, top armatura, spalle acuminate, immensi pantaloni a banana, pannelli plissé; il tutto issato su tacchi torreggianti. Il direttore creativo Olivier Rousteing non ha mai fatto mistero della fascinazione per quel momento di stile scatenato, forse privo di gusto, di certo carico di energia. È proprio quella forza che aspira a replicare. Peró non è un nostalgico: veste donne di oggi, in pace con il proprio corpo e sex appeal. Ultimamente ha pure stemperato l'urgenza decorativa per trovare un equilibrio vibrante del quale questa collezione tutta bianca e nera con tocchi di denim è espressione perfetta.
La ragazza di Cedric Charlier, con le sue tuniche che paiono pepli geometrizzati, i pantaloni molli e le giacche aperte da fenditure, i top drappeggiati e i sandali piatti, musicale con le decorazioni di metallo che tintinnano ad ogni passo, è la persona più interessante che si potrebbe incontrare ad una festa, ma anche la più facile da dimenticare: troppo timida, a tratti afasica. Per non parlare naturalmente dell'eterna bambina di Issey Miyake, che proprio non ne vuol sapere di riguadagnare la fierezza guerriera che ha definito uno degli apici della maison. Il direttore creativo Yoshiyuki Miyamae esplora un tratto saliente del dna Miyake: la crasi di futurismo e primitivismo. Non è un visionario come Issey, ma almeno questa stagione è ispirato, e trova nei nuovi tessuti che si modellano con le mani un utile strumento per caricare forme elementari di un deciso spirito ludico.
È ossessionato dalla giovinezza in maniera quasi disperata, di certo disperante, Hedi Slimane che intitola la collezione di debutto da Celine - la prova più attesa della stagione - Paris la nuit. Tutto è come lo si sarebbe previsto: una colata di nero, sbrilluccichii disco, linee scheletriche e via ribadendo l'idea di french chic che Slimane aveva già proposto da Dior Homme prima e Saint-Laurent poi. Adesso, e la novità equivale ad una rivoluzione commerciale, tutto è disponibile in taglie da uomo e da donna. L'estetica, però, rimane notturna, affilata e giovanilista. Slimane certamente ha inventato il codice, poi largamente copiato, ma sorprende l'ottusa testardaggine con la quale lo forza ovunque vada. Tanto varrebbe a questo punto mettere il suo nome sull'etichetta e giocarsela tutta. Il debutto è deludente, ma la donna Celine, non più spensierata e vera, ma imbronciata, emaciata e con la veletta, è memorabile. Un memorabile cliché.
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