Architettura

Park Associati e la «mission» di riqualificare la Milano del dopoguerra

Dall’ex area Falck agli edifici anni ’60 di via Melchiorre Gioia, lo studio, fondato a Milano nel 2000 da Filippo Pagliani e Michele Rossi, negli ultimi anni ha visto un incremento degli incarichi, soprattutto nell’ambito delle sedi di lavoro e di rappresentanza per grandi gruppi

di Antonella Galli

4' di lettura

È di pochi giorni fa l’annuncio che gli architetti di Park Associati progetteranno lo studentato da 700 posti per Unione Zero, primo lotto privato di MilanoSesto, il più grande intervento di rigenerazione urbana in Italia nelle aree ex Falck a Sesto San Giovanni. Sono attualmente impegnati su diversi cantieri milanesi, tra cui le sedi di Luxottica e Accenture, in dirittura d’arrivo. Lo studio, fondato a Milano nel 2000 da Filippo Pagliani e Michele Rossi, negli ultimi anni ha visto un incremento degli incarichi, soprattutto nell’ambito delle sedi di lavoro e di rappresentanza per grandi gruppi, incluse le riconversioni.

Cresciuto lentamente fino a 5 anni fa, in un anno ha raddoppiato i collaboratori, da 25 a 50; oggi, oltre ai due fondatori, Park Associati riunisce 60 professionisti e 6 associati. Il nome richiama la metafora del parco come luogo collettivo di creatività.

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Qual è il progetto che ha segnato maggiormente la vostra identità?

Rossi: il Palazzo La Serenissima in via Turati, progettato da Eugenio ed Ermenegildo Soncini tra il 1966 e il 1968 e ristrutturato dieci anni fa. Abbiamo cercato di immaginare come i Soncini avrebbero affrontato il progetto oggi. La riqualificazione degli edifici del dopoguerra è uno degli elementi identificativi del nostro lavoro e un tema importante per Milano.

Via Pirelli 35

Con quali criteri avete affrontato la riqualificazione del complesso di via Pirelli 35, anch’esso di quel periodo?

Rossi: In questo caso si tratta di un rifacimento completo, un progetto sviluppato con lo studio norvegese Snøhetta per un edificio di Melchiorre Bega degli anni Sessanta, sede Sip, poi Telecom. Era un complesso obsoleto, affacciato su una Porta Nuova che non era quella di oggi. Verrà portato sul mercato da Coima nel 2022 come sede di uffici, completamente ripensato: l'edificio originario scompare, ne mantieniamo solo la struttura. A piano terra abbiamo reso attraversabile l’edificio, che prima creava una cesura, così da connettere una parte di città prima esclusa. La parte centrale dell’edificio, infatti, è stata demolita perché le due corti esistenti, anguste e chiuse, diventassero una piazza permeabile, con un edificio a ponte. Ricordiamo che la costruzione più sostenibile è quella che già esiste: mantenere o riutilizzare quanto più possibile è un fattore importante di sostenibilità.
Pagliani: Pur mantenendo la struttura, abbiamo trasfigurato l'edificio e spostato parte dei volumi. Tra gli elementi di innovazione c'è il ripensamento totale degli spazi di lavoro, con aree ibride per gli incontri informali, zone aperte e terrazzi, oltre alla qualità strutturale molto elevata da più punti di vista: illuminotecnico, acustico, termico.

Parlando di rapporto con la città, come si relazionerà con il contesto il nuovo complesso Pharo in costruzione nella zona della ex-fiera?

Pagliani: Questo progetto, un complesso di 22mila mq in via Gattamelata sviluppato da Kryalos, si chiama Pharo per la sommità dell’edificio che è stata concepita come una sorta di lanterna, un faro luminescente che sarà un richiamo per l’intera area, visto che l’edificio raggiungerà i 70 metri. L’obiettivo era di segnare il territorio con qualcosa di nuovo demolendo, in questo caso completamente, un intero lotto di ex residenze abbandonate da anni. La volontà dell'investitore è di trasformarlo in un edificio che si rivolge al mondo del lavoro, sia per accogliere un unico headquarter, sia per dividerlo tra più soggetti, quindi con grande flessibilità di pianta. La cortina architettonica dell'edificio preesistente era molto chiusa. Noi abbiamo scelto un codice, all’opposto, che cerca di connettere il più possibile i vari punti intorno, per renderlo il più permeabile possibile.
Rossi: Creeremo una relazione con ciò che lo circonda, come in Pirelli 35. Alla base, dove c’era una corte chiusa, ci sarà una piazza pubblica. Sara completato in un anno a partire da oggi.

Altro tema caldo è quello delle residenze per studenti. Come avete interpretato questa nuova tipologia nel progetto in via di sviluppo presso l’ex Consorzio Agrario di Milano?

Rossi: Lo studentato sviluppato per Prelios e Hines Italia in via Ripamonti 35 sarà una residenza su oltre 30mila mq per oltre 700 studenti; mette insieme due tipologie, il recupero del preesistente e una nuova costruzione. Il Consorzio Agrario viene riqualificato e soprelevato di due piani, mentre alle spalle sorgerà il nuovo edificio, delimitando così una corte che diventa il cuore dello studentato. Ci occuperemo anche degli interni. Il cantiere è in corsa per terminare a luglio del 2022 e poterlo aprire per l’inizio dell’anno scolastico.

Quale progetto presenterete al Padiglione Italia della Biennale di Venezia il prossimo maggio?

Pagliani: Il Padiglione Italiano avrà come tema la resilienza, così abbiamo deciso di presentare il progetto che ha vinto il concorso per la riqualificazione del waterfront di Catania. Vogliamo raccontare la possibile grande trasformazione di una città legata al mare, che ha quasi negato il rapporto diretto con questo elemento. Il progetto, che investe 4 km di costa, indaga vari ambiti legati al tema dell’acqua e nasce con il proposito di individuare i problemi (ad esempio, la ferrovia che separa la città dalla costa) per trasformarli in opportunità.
Rossi: Abbiamo scelto di portarlo anche come esempio emblematico della relazione con l’amministrazione pubblica: ha vinto il concorso nel 2019, ma ancora non ha avuto alcun seguito. Un progetto come questo ha un grande impatto sociale e politico, ha bisogno di un impulso complessivo delle forze in gioco, ma la scintilla va accesa, anche realizzandolo per gradi.

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