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Parmigiano Reggiano, giro d’affari a quota 2,9 miliardi

Crescita del 6,9% e del 2,6% a volume. La quota export aumenta al 47% del totale. Consumi fuori casa sotto il 10% del totale: «grandi potenzialità di sviluppo»

di Emiliano Sgambato

Cresce il giro d’affari del Parmigiano Reggiano

3' di lettura

Giro d’affari a quota 2,9 miliardi contro i 2,7 del 2021 (+6,9%), pari a 156.620 tonnellate contro le 152.690 tonnellate dell’anno prima (+2,6%). È il risultato conseguito dal Parmigiano Reggiano, maturato in un anno in cui «in Italia i consumi alimentari hanno segnato un calo del 4,2% e quelli di formaggi del 3% a volume», come sottolinea una nota del Consorzio.

Ai massimi anche i volumi nei mercati internazionali, che crescono del +3% (64.202 tonnellate) e il valore generato alla produzione con 1,8 miliardi di euro contro gli 1,7 miliardi del 2021. La quota di export aumenta di due punti percentuali, salendo al 47%. da registrare la crescita della Spagna (+11,3%) ma dati positivi arrivano anche dagli Stati Uniti, primo mercato estero (+8,7%) e Francia. Buoni i risultati anche in Giappone, che cresce del 38,8% (1.010 tonnellate), in Australia (+22,7% e 713 tonnellate) e Canada (3.556 tonnellate).

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«Le aziende del Consorzio hanno quindi reagito bene alla pandemia, alle incognite legate alle incertezze della crisi geopolitica accesasi con l'invasione russa del 24 febbraio 2022, al caro energia e alla riduzione del potere di acquisto delle famiglie in alcuni mercati», continua la nota.

Per quanto riguarda i canali distributivi, la grande distribuzione rimane il primo (62,3%), seguita dall'industria (17,5%), che beneficia della crescente popolarità dei prodotti caratterizzati dalla presenza di Parmigiano Reggiano tra gli ingredienti, e dalle vendite dirette dei caseifici, che registrano un forte aumento (+5,3%). Il canale horeca (bar e ristoranti, ndr) rimane fanalino di coda, e «quindi enorme potenziale di sviluppo», attestandosi al 9,2% del totale (il restante 11% è distribuito negli altri canali di vendita).

La quotazione del Parmigiano Reggiano ha registrato nel 2022 una media annua di 10,65 euro al chilo (Parmigiano Reggiano 12 mesi da caseificio produttore), in aumento rispetto al 2021, quando si era attestata a 10,34 euro al chilo. La produzione è in lieve calo rispetto al 2021, anno in cui si sono prodotte più forme in assoluto: 4,002 milioni di forme vs 4,091 milioni (-2,2%).

Con un investimento totale di 18,6 milioni di euro stanziato per lo sviluppo dei mercati nel 2023, «Parmigiano Reggiano si avvia a diventare sempre più un vero brand globale, pronto ad affrontare gli ostacoli posti da mercati estremamente vasti, ricchi di prodotti d'imitazione e caratterizzati da una marcata confusione al momento dell'acquisto», comunicano dal Consorzio

«Il 2022 è stato un anno senza precedenti per il Parmigiano Reggiano: tanto per i risultati conseguiti, con un +2,6% di vendite e un +3% di esportazioni, quanto per le sfide che ha posto per il nostro futuro – ha dichiarato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio –.Siamo riusciti ad affrontarlo grazie alla nostra capacità di essere una squadra, e così dobbiamo continuare a fare nel 2023. I dati di inizio anno sono estremamente incoraggianti: nei due mesi di gennaio-febbraio, le vendite nel canale grande distribuzione in Italia hanno segnato un +15,1% rispetto allo stesso periodo del 2022. Il Consorzio deve dunque assumersi sempre più la responsabilità di diventare la cabina di regia dell'intera filiera, lavorando con gli operatori e le catene distributive per sostenere i consumi nel corso di un anno in cui viene commercializzato il picco di produzione più alto nella storia della Dop, quello del 2021, con un piano articolato di investimenti in comunicazione e sviluppo domanda sia in Italia, sia soprattutto sui mercati esteri».

«Dobbiamo continuare a mantenere il Parmigiano Reggiano a un prezzo concorrenziale, in modo che sia accessibile alle famiglie – continua Bertinelli – e a difendere la redditività delle aziende, che hanno già subito l'aumento dei costi di produzione. Questa incertezza economica va governata insieme, passando dalla logica del singolo caseificio a quella del “noi” del Consorzio, per creare nuovi sbocchi di mercato e garantire il futuro della Dop».


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