Parmigiano reggiano, la produzione record non basta: le nuove strategie del Consorzio
di Emanuele Scarci
3' di lettura
I francesi sono i maggiori consumatori di Parmigiano reggiano, seguiti da tedeschi, britannici, americani e canadesi. Questi cinque mercati nel 2017 hanno assorbito il 70% dell'export. “Troppo - sostiene il presidente del Consorzio, Nicola Bertinelli -. Per questo stiamo cercando di allargare i mercati di sbocco per non dipendere troppo da un pugno di Paesi”. Oggi il 38% della produzione finisce sui mercati esteri. E l'obiettivo è di crescere di due, tre punti percentuali l'anno fino ad arrivare nel 2021 a 1,6 milioni di forme esportate.
Ma sul mercato non c'è un solo Parmigiano reggiano, ma tanti. 137 caseifici su 335 aderenti al Consorzio hanno certificazioni aggiuntive alla Dop per offrire il Parmigiano reggiano biologico, quello di Vacca bianca modenese, di Vacca rossa reggiana, di Vacca bruna, il prodotto di montagna, il Kosher, l'Halal e le lunghissime stagionature “da meditazione”. Oltre 360 mila forme i cui prezzi al consumo sono superiori alla media.
Boom di un triennio
Il 2017 è stato un anno record per la produzione del Parmigiano Reggiano: 3,65 milioni di forme. “Il comparto è cresciuto di oltre il 5,2% - sottolinea Bertinelli nell'ambito della presentazione dei dati in Borsa Italiana - nonostante l'aumento del prezzo del 14%: all'ingrosso è passato da 8,60 euro al kg a 9,80”. A inizio 2018 la spinta al rialzo del Parmigiano si è esaurita mentre la produzione cresce del 5% nel primo bimestre.
La festa è finita? “Se i prezzi rimanessero su questi livelli la festa continuerebbe - risponde il presidente -. Il fatto è che bisogna evitare che l'eccesso di produzione si trasformi in un tracollo dei prezzi”.
Ceta da non seguire
L'anno scorso la Francia si è confermato primo mercato anche per crescita: +11,3%. Mentre gli Stati Uniti hanno frenato (-9,3%) a causa del rapporto euro/dollaro e della concorrenza dei prodotti similari. L'allusione del Consorzio è al Grana padano. Cresce anche il Canada (+8,1%) dopo gli accordi Ceta, anche se Bertinelli sottolinea che fatto l'accordo è scattata la trappola dei diritti europei all'export: non vorrei che alla fine esportiamo meno del passato”.
Il Ceta è un modello anche per gli altri accordi di libero scambio? “No - afferma il viceministro Mipaaf Andrea Olivero - quelli che verranno saranno diversi. Del resto se non l'avessimo firmato saremmo nella condizione di libero arbitrio degli Usa”.
Intanto l'anno scorso sul mercato nazionale la domanda ha tenuto, tranne un lieve calo della grande distribuzione. Il giro d'affari al consumo del Parmigiano reggiano vale 2,2 miliardi di euro. Corsa finita? Nel 2018 il Consorzio prevede un ulteriore incremento della produzione che porterà a superare i 3,7 milioni di forme. Dopo che negli ultimi tre anni è schizzata da 3,3 milioni di forme a 3,65, un balzo del 10%.
Questione di distintività
La strategia del Consorzio punta molto sulla distintività di prodotto: ci sono 3,5 milioni di famiglie fedelissime al Parmigiano reggiano, 3,9 milioni al Grana padano e 14 milioni di famiglie che comprano indistintamente uno o l'altro. “Per aumentare le vendite - spiega Bertinelli - abbiamo messo in campo azioni di riposizionamento della marca, rafforzando la comunicazione con l'obiettivo di far percepire al consumatore i plus che rendono il Parmigiano Reggiano Dop un formaggio unico al mondo. Un prodotto che si distingue dai competitor per la selezione degli ingredienti migliori e naturali, la completa assenza di conservanti e additivi, il rispetto della stessa ricetta da mille anni”.
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