Parte la corsa ai posti in lista: tagli per tutti tranne Fdi
Senza alleanze il Pd rischia di consegnare tutti i seggi dell’uninominale al centrodestra, anche quelli delle zone rosse, resi ancora più contendibili dalla maggiore estensione territoriale dei collegi
di Barbara Fiammeri
3' di lettura
Manca esattamente un mese al deposito delle liste elettorali. L’appuntamento è infatti fissato per il 22 agosto. E mai come questa volta sarà un puzzle di difficile composizione. Il combinato disposto tra la riforma del taglio dei parlamentari (passati da 945 a 600) e lo stravolgimento del peso delle singole forze politiche nel corso di questa pazza legislatura è destinato ad arroventare il confronto interno ai partiti e tra alleati.
Al momento l’unica coalizione certa è quella di centrodestra. Il campo largo, che avrebbe dovuto contenere tutto il centrosinistra e suggellare l’alleanza tra Pd e M5s, dopo le parole di Enrico Letta («impossibile allearsi con chi ha fatto cadere il Governo»), e la risposta di Giuseppe Conte è definitivamente tramontato. Non si è ancora capito se i dem andranno da soli o coalizzati con quei partiti centristi che hanno assunto l’agenda di Mario Draghi come stella polare, oltre alla sinistra e ai Verdi. Senza alleanze infatti il Pd rischia di consegnare tutti i seggi dell’uninominale - pari a circa un terzo del totale - al centrodestra anche quindi quelli delle cosiddette zone rosse, resi ancora più contendibili dalla maggiore estensione territoriale dei collegi a seguito della riforma. Ed è per questo che al momento tutti i sondaggi attribuiscono alla coalizione guidata da Fratelli d’Italia oltre il 50% dei posti in Parlamento.
Nodo suddivisione dei collegi
Proprio i sondaggi sono però al centro dello scontro tra Meloni, Salvini e Berlusconi. Sia il Cavaliere che il leader della Lega vorrebbero una suddivisione dei collegi quasi paritaria. Meloni però non ci sta: «Si è sempre fatto riferimento alla media dei sondaggi e deve valere anche stavolta». Il problema è che i suoi alleati sono messi male. Il taglio dei parlamentari colpisce duramente Forza Italia ma anche la Lega. Nel migliore dei casi Salvini dovrebbe rinunciare a una sessantina tra deputati e senatori, e nel peggiore ad oltre 80. Non solo. A differenza che in passato, quando il Carroccio al Nord dominava e dunque sui collegi faceva man bassa, adesso Fdi ha strappato ai padani diversi feudi a cui certo Meloni non rinuncerà, mentre Salvini nel frattempo è chiamato a fronteggiare anche l’offensiva dei governatori della Lega che non sono intenzionati a lasciargli l’ultima parola sulle liste.
Problema che in Forza Italia è invece assai meno sentito. Alla fine a decidere è sempre Berlusconi. E stavolta l’ex premier è intenzionato a fare piazza pulita dei “dissidenti”. Anche perché essendo pochi i posti, gli serve una pattuglia di deputati fedeli. Al momento Forza Italia è quotata sotto il 10 per cento. Berlusconi è convinto di aumentare i consensi, ma le stime paventano che dovrà lasciare a casa tra gli 80 e i 130 parlamentari.
L’evaporazione dei consensi a 5 Stelle
C’è naturalmente chi sta peggio, molto peggio. Nel 2018 M5s prese quasi il 33% alle elezioni e in Parlamento portò 227 deputati e 112 senatori. Oggi oltre la metà di quei consensi è evaporata. Inoltre, la riforma voluta proprio dai pentastellati ha ulteriormente ridotto le possibilità. Per i Cinquestelle si profila un bagno di sangue. In questo momento la stima del taglio tra deputati e senatori oscilla tra -248 e -288. Chi invece non se la passa male è il Pd. Già, perché il partito di Enrico Letta il taglio lo ha già subito con la scissione dei renziani, che al Pd sottrasse una quarantina di parlamentari. Inoltre, i dem al momento sono sopra il risultato elettorale conseguito nel 2018. Ecco allora che il dato numerico diventa non certo entusiasmante ma meno drammatico: la forchettà è infatti tra -10 e -53.
FdI pronta a fare incetta di scranni
Chi non ha decisamente questi problemi è Fratelli d’Italia. In quattro anni Meloni ha più che quintuplicato i consensi del suo partito che nel 2018 aveva ottenuto il 4% e 50 parlamentari, un drappello. Adesso invece si appresta a far entrare un battaglione che avrebbe tra 162 e 134 tra senatori e deputati. Meloni ovviamente è corteggiatissima, visto che è l’unica ad avere ampie disponibilità di scranni parlamentari. Tanto al Sud che al Centro e al Nord. Sarà questa, molto più del programma di governo, la miccia più pericolosa per la coalizione di centrodestra. Almeno fino al 22 agosto.
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