Partite Iva, flat tax per 1,4 milioni e boom delle pagelle fiscali
Sei posizioni individuali su dieci sono in regime agevolato (forfettari o minimi). Con gli Isa crescono del 9,1% i ricavi dichiarati rispetto al 2018
di Cristiano Dell'Oste e Giovanni Parente
3' di lettura
La schiera dei professionisti e degli autonomi in regime forfettario sfiora 1,4 milioni. Quasi sei partite Iva individuali su 10 (escluse società ed enti non commerciali). Se ancora ci fosse bisogno di una dimostrazione che la flat tax è il regime più ambito, la si può trovare nelle Statistiche fiscali 2019 pubblicate il 18 giugno dal dipartimento delle Finanze.
Più redditi dichiarati con gli Isa
Nello stesso report, il ministero fornisce il bilancio del primo anno di applicazione delle “pagelle fiscali”, gli Isa: i ricavi totali dichiarati sono stati 795,5 miliardi, +9,1% sull’anno d’imposta precedente. Rispetto agli studi di settore, perciò, è cresciuto del 14,6% il grado di “affidabilità”, cioè il voto 8 in pagella che fa scattare i benefici del regime premiale Isa.
Il reddito medio dichiarato dai contribuenti soggetti agli Isa è pari 35.735 euro. Cifra che scende a 33.200 euro per le persone fisiche e aumenta a 35.200 euro per le società di capitali e 45mila per le società di persone (dato, quest’ultimo, che risente probabilmente dei redditi per trasparenza imputati ai soci-lavoratori).
Il balzo dei forfettari e la coda dei minimi
Nelle dichiarazioni presentate al Fisco nel 2019, erano 857mila i contribuenti in regime forfettario al 15% (o al 5% per le nuove attività). A questi, però, vanno aggiunti coloro che hanno aderito al forfait nel corso del 2019 sfruttando l’innalzamento della soglia massima di ricavi o compensi a 65mila euro, che ovviamente non hanno ancora presentato il modello Redditi (il termine scade solo il prossimo 30 novembre): si tratta di 263mila contribuenti, che costuiscono il 48% di tutte le nuove partite Iva aperte nell’anno.
Vanno contati anche i 253mila soggetti che beneficiano ancora del vecchio regime dei minimi al 5%, che è stato possibile attivare fino alla fine del 2015 e che dura per un massimo di cinque anni (o, per i giovani, fino al compimento del 35° anno).
Mettendo insieme tutte queste partite Iva si arriva a poco meno di 1,4 milioni. E c’è di più: i dati ufficiali non permettono ancora di conteggiare chi aveva già una posizione aperta e l’anno scorso è “saltato” nel regime della flat tax.
Diventa sempre più evidente, perciò, che ormai il regime agevolato per le partite Iva sta diventando quello prevalente, per chi opera in forma individuale (2,5 milioni di partite Iva in tutto). E imporrà prima o poi qualche considerazione a livello sistematico al Governo, visto che questi contribuenti non sono tenuti alla fattura elettronica, emettono fatture senza Iva e non devono neppure sottostare agli Isa.
Resta da valutare l’impatto che avrà sul popolo del forfettario la stretta introdotta con la legge di Bilancio 2020. Manovra che ha lasciato inalterato il tetto dei ricavi o compensi, ma ha ripristinato - tra l’altro - il limite massimo di reddito a 30mila euro per dipendenti e pensionati che svolgono una seconda attività con partita Iva.
Effetto Isa sulle somme dichiarate
Dalle statistiche delle Finanze emerge l’effetto degli Isa sui ricavi dichiarati dai 3,2 milioni di contribuenti cui si applicano gli indicatori: 9,1 per cento. L’incremento maggiore, pari all’11%, ha riguardato il settore dei servizi, seguito dalle manifatture (+8,8%) e dal settore dei professionisti (+8,6%). Il Mef, però, avverte che l’aumento non è tutto merito delle pagelle fiscali, perché il reddito dichiarato per l’anno d’’imposta precedente era stato molto basso in seguito alla modifica del criterio di determinazione del reddito d’impresa in contabilità semplificata (da competenza a cassa).
L’anno scorso gli Isa sono stati al centro di tante polemiche, perché il software di calcolo è arrivato all’ultimo e perché molti professionisti lamentavano i criteri di attribuzione delle pagelle. Il dato del Mef, comunque, dimostra che i contribuenti con un Isa pari a 8 (il voto che fa scattare il regime premiale) sono stati in tutto il 39%, cioè il 14,6% in più di coloro che, con i vecchi studi di settore, risultavano congrui, coerenti e normali.
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