Pascal Lamy: «Crisi alimentare bomba d’instabilità politica sui paesi in via di sviluppo»
Parla l’ex Commissario europeo per il commercio, oggi presidente di Paris Peace Forum e chairman per l’Europa di Brunswick group
di Roberto Da Rin
3' di lettura
Una crisi drammatica da cui l’Europa uscirà indebolita o rafforzata. Uno dei punti cruciali riguarda il pericolo di involuzione protezionistica che genererebbe danni gravi per tutti. La globalizzazione non sta scomparendo ma è in via di trasformazione.
È questa l’analisi di Pascal Lamy, 75 anni, presidente di Paris Peace Forum e chairman per l’Europa di Brunswick group, già Direttore generale dell’Organizzazione mondiale per il commercio (Wto) ed ex Commissario europeo per il commercio.
Dottor Lamy, pochi giorni fa l’India ha bloccato le esportazioni di grano con effetto immediato. Un grande Paese adotta una politica protezionista in merito alle materie prime agricole e alimentari. Gli economisti, quasi all’unanimità, hanno lanciato un grido d’allarme.
E hanno ragione. Le restrizioni sulle esportazioni di prodotti alimentari hanno sempre generato conseguenze negative sul livello dei prezzi. Si tratta del classico atteggiamento “beggar-thy-neighbour”, impoverisci il tuo vicino. (Una politica economica attraverso la quale un Paese tenta di porre rimedio ai propri problemi economici con mezzi che tendono a peggiorare i problemi economici di altri Paesi, ndr). Ciò è palesemente contrario alle raccomandazioni della Wto.
La crisi ucraina rivela ogni giorno conseguenze più drammatiche. Non solo dal punto di vista umanitario, ma anche economico, in modo particolare riguardo alla crisi agricola che ne scaturisce.
Che pensa?
Dovrebbero essere adottate misure emergenziali e misure strutturali. Dovremo immaginare qualcosa di simile a ciò che accade in ambito finanziario: un supporto congiunturale garantito dal Fondo monetario internazionale e un aiuto di lungo periodo garantito dalla World Bank.
La guerra, la stagflazione, la rottura di alleanze internazionali. Lo scenario è caotico. Che può fare la Ue ? I problemi ? Le sfide ?
È un terribile intreccio di crisi che renderà l’Europa più forte o più debole. Più forte se saprà, in modo coeso, aiutare l’Ucraina a respingere l’aggressione russa e al tempo stesso rafforzare la sua autonomia strategica. Più debole se invece lascerà agli Stati Uniti il compito di imporre una narrazione che affianca Mosca a Pechino, generando una visione conflittuale del tipo “West and the Rest”, L’occidente contro gli altri.
Ecco, a proposito di conflittualità, il tema delle sanzioni sta provocando problemi e fratture in Europa. Qual è la sua opinione ?
Il prezzo da pagare varia sempre, da Paese a Paese, da governo a governo, da settore a settore, da consumatori a consumatori. Ma alla fine il conto complessivo da pagare è sempre salato.
La sicurezza alimentare è uno dei temi più scottanti. La fame attanagliava, già prima della guerra in corso, decine di Paesi nella fascia nordafricana e in Asia. Ora il quadro è ancora più grave. Può generare ulteriori instabilità politiche ?
Una bomba di instabilità politica per vari Paesi in via di sviluppo. Per il momento non per la scarsità di cibo, ma in prospettiva il problema è grande: i canali di approvvigionamento devono esser riorganizzati. È cruciale che il Wfp, la Fao, il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, la Wto si coordinino con le Nazioni Unite. La Unione europea dovrà giocare un ruolo importante, Francia e Germania dovranno essere supportate dal G7. Cercheremo poi di offrire un contributo al Paris peace forum che si terrà nei prossimi giorni a Parigi. E poi allo stesso evento, nell’edizione autunnale di novembre.
L’auspicio per un coordinamento tra le organizzazioni internazionali che cita rimanda a un altro dibattito aperto: quella sulla globalizzazione. È finita? Vi saranno nuove forme di cooperazione economica ?
La morte della globalizzazione rievoca l’aneddoto inerente a quella di …. Mark Twain. “L’annuncio è prematuro !” La globalizzazione non sta scomparendo, ma si sta trasformando. Vi sono alcune criticità ma anche nuove opportunità: si pensi al settore della digitalizzazione, data flows, vi saranno più pressioni geopolitiche e più precauzioni. Non vedo la regionalizzazione come una soluzione, a parte l’esempio europeo.
Negli ultimi giorni, come conseguenza della crisi alimentare, si parlato anche di “cibo sostenibile”, perdite e sprechi. Che ne pensa?
La sicurezza alimentare deve esser combinata con la sostenibilità ambientale e con la razionalizzazione di tutta la filiera, dal campo alla tavola. Senza dimenticare la valutazione delle diete. Tutti debbono essere coinvolti in questo processo di trasformazione. L’Europa, con una lunga tradizione alimentare e la sua attenzione alla conservazione dell’ambiente e dell’essere umano, potrà essere guidare il processo.
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