Alla prova/prima parte

Passione neve: non solo performance sportiva, ma l’arte di guardare l’invisibile

Sciare mette in relazione con la verticalità e la velocità che ne deriva, unisce tecnica e dimensione ludica e insegna un dialogo non scontato con la natura.

di Giovanni Audiffredi

Un fuoripista a Chamonix, Francia.

3' di lettura

Ho ancora addosso i pantaloni della tuta bagnati dalla neve fresca, con le ghette arrotolate al ginocchio per far respirare i polpacci stressati dagli scarponi. Con malcelato orgoglio osservo quella riga finale sulla lettera che il responsabile del mio corso alla Swiss Snowsports di Celerina, scuola svizzera di formazione dei maestri di sci, mi consegna: Kids Instructor – superato. Quasi mezzo secolo di sci e una settimana sulle piste dell'Engadina tra test, simulazioni metodologiche, esercitazioni pedagogiche, prove scritte ed esami pratici, compreso il marchio di fabbrica elvetico: la famigerata curva a passo di giro che sembra una fesseria, ma fa vacillare la coordinazione di chi crede di avere i piedi perennemente sulle lamine, e invece non è così. Ormai è andata, sono maestro e posso insegnare a bambini e adulti principianti. Sogno d'infanzia realizzato. Un brevetto di lavoro vero, un'abilitazione sudata. Non è la mia professione, ma sento ugualmente di aver completato un livello esistenziale.

Ai più sembrerà ridicolo, ma chi ha un vincolo sentimentale con la neve ricerca ossessivamente un modo per sedurla o, perlomeno, per entrare in una connessione di reciproco rispetto. Tu chi sei per lei? Un semplice avventore occasionale o c'è un feeling profondo? Per i veri appassionati la sfida costante è aprire un dialogo con la neve, farle capire che sei capace di abbracciarla scalando, di accarezzarla scivolandoci sopra, di coccolarla tenendola per mano e dandole forme. La neve l'aspetti, la cerchi in quota in ogni periodo dell'anno e a ogni latitudine e longitudine. Una volta che ti ha conquistato, semplicemente pensi che senza sarebbe tutto più triste. Sì, perché quella precipitazione solida che si manifesta a suo capriccio è come una monade platonica. Rappresenta al tempo stesso l'unità del principio – che si accumula e moltiplica conformando i suoi cristalli per una strategia di lunga sopravvivenza – e una pluralità di idee compresse, che fioccano generando una sciarada emotiva: ricordi, eccitazioni e pulsioni. Sono tutte perturbazioni dell'animo che si rivolgono a una materia calda. E questo non solo per dire che quando la neve ghiaccia può bruciare la pelle più del fuoco, ma perché contiene la vitalità ancestrale del vapore acqueo divenuto solido che, piombando dal cielo, assume forme artistiche ramificate. Persino quando la neve viene sconfitta dall'alleanza tra la forza di gravità e il peso specifico e diventa valanga, magari per la spinta propulsiva del vento o lo sgambetto dell'innalzarsi della temperatura, la sua facoltà di fare paura e portare morte e distruzione è una vampata fragorosa. La neve è uno Sturm und Drang trasparente che ci appare bianca grazie a un inganno della luce. Che si intrufola tra i suoi prismi interiori e prosegue a riflettersi, fino a sommare in un fascio positivo tutti i colori dello spettro.

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Uno sciatore freeride in neve fresca.

Più di ogni cosa la neve è un fenomeno atmosferico che, a differenza di ogni altro, consente di lasciare una traccia del nostro passaggio, manifestando una relazione, dandoci l'opportunità di mostrare un segno, un'impronta, una curva. Perché l'etimologia di sciare è questa: manovrare in acqua con un remo. Due secoli fa era così anche in montagna, un gran bastone da lavoro puntato per timonare slitte e tavole di legno lungo il pendio imbiancato. Perché smettere di andare sullo scivolo a quattro anni, quando ci sono gesti eleganti e luoghi affascinanti per farlo tutta la vita? Ecco svelata la connessione ludica della neve, che ci permette di scendere porzioni di mondo dall'alto di un piano obliquo, mettendo alla prova la nostra capacità di gestire l'assenza di punti di riferimento, generando e superando l'acrofobia. Sciare ci mette in relazione ragionata con la verticalità e la velocità che ne deriva, mentre intorno a noi la neve ha dato nuova forma alla realtà terrena senza danneggiarla, ma ricoprendo per poi sparire, annullando la precedente tridimensionalità dell'estetica, modellando gli spigoli e plasmando una nuova più soffice realtà che ci impone un'etica di comportamento vigile e accondiscendente. Perché se avete questo tipo di visione, cioè l'arte di osservare ciò che è invisibile per altri, allora imparerete che rapportarsi con uno spazio bianco è un po' come scrivere una nuova pagina della propria vita. Per questo per chi ama flirtare con il manto nevoso, sapendo di avere una perizia sportiva, una tecnica e una consapevolezza certificata e trasmissibile, per quanto effimera, immagina di poter instaurare un dialogo e comunicare affetto materico.

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