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“Past Lives”, una toccante opera prima in concorso alla Berlinale

Tra i favoriti per la vittoria dell'Orso d'oro ci potrebbe essere l'esordio di Celine Song, prodotto da A24

di Andrea Chimento

Past Lives

3' di lettura

Era tra i più attesi del concorso della Berlinale e non ha deluso le aspettative: stiamo parlando di “Past Lives”, film che ha avuto la sua première mondiale al Sundance Film Festival prima di entrare in competizione per l'Orso d'oro.

Al centro della storia ci sono Nora e Hae Sung, un uomo e donna uniti da un legame che dura da decenni. I due si sono separati da giovanissimi quando la famiglia di Nora si è trasferita dalla Corea del Sud in Canada, ma ora sono finalmente pronti a rincontrarsi: Hae Sung andrà per qualche giorno a New York a trovare Nora, che intanto si è sposata con un uomo americano.

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C'è molto di autobiografico in questo esordio di Celine Song, regista sudcoreana che si è trasferita in Canada con la sua famiglia quando aveva 12 anni e che ora lavora negli Stati Uniti: la sua storia non può che ricordare quella della sua protagonista, che ha vissuto per tutta la vita conflitti emotivi particolarmente forti attorno ai suoi spostamenti geografici e non solo.

Grazie a questi collegamenti con la sua storia personale, Song dipinge un ritratto credibile e sincero in molti passaggi, oltreché capace di toccare corde profonde in diverse sequenze.

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Un tocco delicato

Prodotto da A24, “Past Lives” è un film a cui non manca una certa dose di furbizia nella messinscena, ma la scrittura è talmente coinvolgente e forte del tocco delicato di un'autrice che, nonostante sia un'esordiente, riesce già a trasmettere sentimenti profondi da nascondere alcuni limiti complessivi.

Parte da molte domande questo film – a cominciare da quella su quanto sia l'amore a muovere le nostre vita – ma Celine Song non vuole dare risposte: quello che le è interessa è proporre delle riflessioni, attorno ai rapporti umani, ai sacrifici, ma anche allo scorrere del tempo, attraverso la storia di questi due personaggi che si ritrovano come fossero fantasmi di un tempo lontano.

La trama di base non è originalissima (può venire in mente “Prima dell'alba” di Linklater, ad esempio), ma conta poco di fronte a una pellicola emozionante e capace comunque di arricchire il soggetto di partenza con sprazzi di notevole umanità.

Grazie anche alla prova della bravissima Greta Lee, è un film che potrebbe trovare spazio nel palmarès.

Mad Fate

Gli appassionati del cinema dell'Estremo Oriente non si saranno fatti sfuggire nel programma della Berlinale anche la presenza di Soi Cheang, regista hongkonghese che negli anni ha firmato pellicole di culto come “Love Battlefield” o il più recente “Limbo”.All'interno della sezione Berlinale Special, Cheang ha presentato il suo ultimo lavoro, “Mad Fate”, che non lascerà indifferenti i tanti suoi fan.

Nel mezzo di una narrazione ricchissima di colpi di scena, si parla di rituali e dell'ineluttabilità del destino, mentre compaiono sullo schermo diversi personaggi decisamente curiosi, da un protagonista che è una sorta di misterioso esperto di arti occulte a un serial killer di giovani prostitute.

Il film mescola costantemente i generi – passando dal thriller alla commedia – ma “Mad Fate” è soprattutto una sorta di (neo)noir dai tratti surreali ed esoterici, capace di creare un notevole divertimento decisamente fuori dagli schemi a cui siamo abituati.Non mancano esagerazioni fin troppo marcate e il ritmo ha passaggi altalenanti, ma nel complesso si tratta di una pellicola molto originale, totalmente libera e priva di regole: prendere o lasciare.

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