Pasta day: «buona, sana e gratificante» anche all’estero si mangia da 1 a 4 volte alla settimana
In Germania, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, mercati di riferimento per l’export italiano, è aumentato il consumo di pasta soprattutto durante il lockdown
di Enza Moscaritolo
4' di lettura
Una persona su quattro ha aumentato il consumo di pasta in quest'anno segnato dall'emergenza coronavirus. E tra i (pochi) segnali positivi di questi mesi figura anche l' incremento dell'export del 30% da gennaio a luglio.
Con questi favorevoli presupposti si celebra domenica 25 ottobre il World Pasta Day, dedicato al tema #Vivomediterraneo – manifestazione ideata e curata da Unione Italiana Food (già Aidepi) e Ipo, International Pasta Organisation – in questo 2020 in cui ricorre anche il decennale del riconoscimento della Dieta Mediterranea a Patrimonio Immateriale dell'Umanità.
In occasione della kermesse “Al Dente – The Italian way of Pasta” è stata presentata la ricerca commissionata a Doxa da Unione Italiana Food e Agenzia Ice, intervistando un campione di oltre 5mila persone fra Italia, Germania, Francia, Uk e Usa. Questi Paesi, infatti, rappresentano nell'insieme più di un terzo del consumo mondiale di pasta e sono anche i primi mercati di riferimento per la pasta italiana, che ormai esporta il 60% della sua produzione.
Primato della produzione e del consumo all’Italia
Se in generale il mercato della pasta registra a livello mondiale performance ragguardevoli (nel 2019 sono state prodotte nel mondo quasi 16 milioni di tonnellate di pasta, più del doppio rispetto ai 7 milioni di 20 anni fa, secondo Ipo), l'Italia conferma il suo amore incondizionato per la pasta con 23,1 kg procapite all'anno e circa 6 italiani su 10 in tutte le fasce di età e con un picco al centro-sud, la mangiano tutti i giorni e conserva il primato nella produzione di pasta con 3,5 milioni di tonnellate, +4% rispetto al 2018, davanti a Usa e Turchia, sempre secondo i dati Ipo.Dai dati rilevati nell'indagine è emerso che anche in questi paesi, ormai, si è diffusa e consolidata la consuetudine di mangiare pasta in media da 1 a 4 volte a settimana, in percentuali che vanno dal 56% degli americani all'85% dei francesi, dal 61% dei tedeschi al 71% degli inglesi.
Inoltre, ben 6 americani su 100 e 7 francesi su 100 la mangiano tutti i giorni. Consuetudine che si è rafforzata durante il lockdown, complice il momento di incertezza e la maggiore propensione a mettersi ai fornelli, tra ricette della tradizione e desiderio di sperimentazione, quando 1 consumatore su 4 (24%, con punte del 28% in Italia, soprattutto gli adulti 35-54 anni e i residenti al Sud e nelle isole) ha dichiarato di aver aumentato il suo consumo di pasta.
Piatto del cuore durante il lockdown
I motivi? Per i francesi “si conserva facilmente e a lungo” (59%), mentre italiani e tedeschi fanno sapere che “è buona e mangiare un alimento gratificante aiuta sempre nei momenti difficili” (40%). Al 22% “piace a tutti e fa sentire uniti” e, infine, il 25% ha consumato più pasta perché “è un alimento sano” (25%), con un'attenzione in più all'aspetto del benessere proprio durante l'emergenza sanitaria.
«L'aumento del suo gradimento globale conferma la pasta come alimento crossover, che non ha barriere culturali, religiose, economiche – afferma Riccardo Felicetti, presidente dei pastai italiani di Unione Italiana Food – la pasta è un momento di felicità che ci aiuta a prendere le misure ad un futuro ancora incerto».
«I dati di consumo di pasta nel mondo ci dicono che piace a tutti, eletto come piatto del cuore durante i mesi di lockdown – dichiara Paolo Barilla, Presidente di Ipo (International Pasta Organisation) – la pasta è un cibo accessibile, semplice e quotidiano che si identifica con il piacere e la gioia, in grado di unire le persone e di identificarsi con la convivialità di cui abbiamo sentito tanto la mancanza».
Il World Pasta Day è un'occasione per stimolare una riflessione anche sulla pasta come alimento indispensabile per sfamare i “nuovi poveri”, il cui numero è destinato a salire anche per gli effetti della pandemia. Per questo motivo, infatti, i pastai italiani hanno effettuato una donazione di 16 tonnellate di pasta in favore della Comunità di Sant'Egidio, che verranno distribuite a famiglie indigenti in diverse città italiane: «Dopo cinquanta anni di lavoro con gli industriali pastai italiani, europei ed a livello internazionale posso affermare con assoluta convinzione che la pasta è stata e continuerà ad essere la regina della tavola – afferma Raffaello Ragaglini, segretario generale Ipo e segretario generale onorario Unione delle Associazioni degli Industriali Pastai Europei (UnaFpa) – la pasta è il prodotto che meglio interpreta una cultura alimentare salutare, sicura, consapevole e attenta alle tematiche della sostenibilità ambientale».
Le aziende e i rigidi protocolli anti-Covid
Tra le performance da registrare in questi mesi così delicati per la produzione e il lavoro, De Cecco, azienda abruzzese produttrice di pasta, terza al mondo, è stata la prima azienda dell'agroalimentare in Italia ad aver aderito alla metodologia My Care della multinazionale norvegese Dnv Gl che prevede la verifica indipendente delle azioni messe in campo per la gestione e la mitigazione del rischio di infezione nel sistema di gestione, nei processi e nelle attività giornaliere messe a punto dall'azienda.
In seguito all'emergenza Covid-19, infatti, le aziende si sono attivate per l'adozione di nuovi processi e sistemi per garantire la sicurezza dei propri dipendenti in base alle disposizioni normative. I protocolli interni e le applicazioni utilizzate da De Cecco sono stati sottoposti alla verifica di Dnv Gl -Business Assurance, uno dei principali enti di certificazione al mondo, con lo scopo di identificare punti di forza e opportunità di miglioramento relativi ai processi e alle attività implementate per prevenire la diffusione del Covid-19 nei due pastifici di Fara San Martino e di Ortona, nell'olearia e nel centro direzionale di Pescara.
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