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Patate tra alluvioni e parassiti: a rischio il 25% del raccolto. Prezzi a +19%

I consumi sono in tenuta, così aumenta la dipendenza dall’estero che già oggi supera un terzo del fabbisogno. Unapa: «L’import Ue dal Nord Africa aumentato del 25% in 5 anni: usano sostanze chimiche vietate in Europa»

di Emiliano Sgambato

Da siccita' ad alluvioni, clima piega l'agricoltura

4' di lettura

C’è chi li chiama ferretti, chi spaghetti, e in altri modi differenti a seconda delle zone d’Italia. Sono i “vermi delle patate” – elateridi il nome scientifico – che negli ultimi anni stanno colpendo sempre più pesantemente le coltivazioni nazionali. «In alcune zone di produzione l’infestazione sta crescendo in modo esponenziale, distruggendo i raccolti – racconta Augusto Di Silvio, presidente Unapa (Unione nazionale associazioni dei produttori di patate) – ad esempio nel bolognese l’anno scorso è stato perso circa il 30% del raccolto e quest’anno le perdite saranno maggiori».

Danni da acqua e parassiti

La diffusione degli elateridi è un grave danno che si aggiunge a quelli provocati dall’alluvione in Romagna (una delle più importanti zone di produzione) e più in generale all’effetto delle piogge copiose della primavera, che in alcune regioni hanno ritardato di molto le semine, influendo ora sulla qualità e quantità del raccolto.

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I dati definitivi della campagna in corso si conosceranno solo a metà ottobre, ma Di Silvio non teme di sbilanciarsi stimando che quest’anno si potrebbe arrivare a perdere «dal 20 al 25% del raccolto, anche se fortunatamente la qualità sembra buona seppur con calibri più piccoli».

Già nel 2022, secondo Ismea, le patate comuni avevano perso poco meno del 5% della produzione e negli scorsi decenni l’Italia ha perso molti degli ettari dedicati a questa coltivazione. Di conseguenza è aumentata (e aumenterà) la parte del fabbisogno nazionale soddisfatto dall’import (+34%), che lo scorso anno ha pesato per circa un terzo sulla domanda dell’intera filiera. Per le sole patate fresche il deficit della bilancia commerciale è arrivato a -139 milioni di euro dai -84 nel 2015; per le patate trasformate invece si è passati da -289 milioni a -484.

Prezzi in crescita e domanda costante

A fronte dei problemi sul fronte dell’offerta, la domanda di patate sembra resistere anche davanti a rialzi dei prezzi superiori all’inflazione. Ad agosto i sacchetti di patate confezionate a peso fisso (quelle che generalmente si trovano nei supermercati) sono aumentati su base annua del 19% (dati NielsenIQ) a fronte di una quantità acquistata scesa di meno di un punto percentuale (368mila tonnellate per un valore di 478 milioni). E già nel 2022 l’indice dei prezzi all’origine calcolato da Ismea ha segnato un +22% a fronte però di un +32% registrato dall’indice dei mezzi di produzione.  

«I costi energetici e del carburante hanno fatto lievitare molto le spese sostenute dagli agricoltori – commenta il presidente Unapa –. Fa piacere che dopo un periodo di calo negli consumi negli ultimi anni la domanda si sia stabilizzata, tuttavia non importa quanto possano salire i prezzi: se il rischio è perdere il raccolto e il relativo investimento, i coltivatori preferiranno non piantare più patate ma passare ad altre colture».

Senza un rimedio, richia di andare in crisi un intero settore che occupa 47mila ettari per una produzione di 1,3 milioni di tonnellate di patate e che secondo i dati Eurostat vale un miliardo di euro (contro i 4,8 miliardi della Francia, i 2,6 della Germania e i 2 dei Paesi Bassi, i tre stati che precedono l’Italia nella Ue).

Il prezzo dell’addio alla chimica

«Il problema fitosanitario è cominciato ad aumentare dal 2020 – prosegue Di Silvio – in concomitanza con il divieto all’uso di alcune sostanze chimiche nei campi. Ha colpito soprattutto l’Italia, ma ora si sta iniziando a interessare anche molte altre parti d’Europa. E con l’aumento della diffusione ora c’è più attenzione al problema anche a livello europeo. Come Copa-Cogeca (associazione di agricoltori e coop agricole a livello europeo, ndr) stiamo cercando di ottenere che vanga concesso l’uso di sostanze specifiche o che si spinga sulla ricerca su soluzioni più sostenibili dal punto di vista ambientale ma anche effettivamente efficaci». Quelli che ci sono oggi si stanno rivelando insufficienti e, in attesa di una soluzione, i produttori chiedono di ampliare le azioni di sostegno.

«Altrimenti – conclude amaro Di Silvio – rischiamo di perdere il grosso della produzione nazionale nel giro di tre o quattro anni. E anche la produzione europea è insidiata dall’import dal Nord Africa, che è aumentato del 25% in cinque anni. E non è che i parassiti ci sono solo da noi, è che altrove possono utilizzare soluzioni chimiche qui proibite. Fatto però che non limita la possibilità di importare i prodotti, un po’ come succede con il glifosato e il grano».

Un’offerta sostenibile che dura tutto l’anno

Eppure per le patate italiane ci sarebbe spazio per crescere, anche grazie alle grande varietà di tipi e qualità disponibili, molte tutelate dai marchi Dop e Igp. Unapa rappresenta l’85% dei prodotti a marchio e il 25% delle patate fresche italiane ed è capofila del progetto europeo “Potatoes forever! ”. Secondo un sondaggio realizzato nell’ambito della campagna, sette italiani su dieci considerano importanti le modalità in cui vengono prodotte le patate che acquistano, mentre tre su cinque si dichiarano disponibili a spendere di più per acquistare patate rispettose dell’ambiente.

«I consumatori – commenta Di Silvio – ci riconoscono il valore aggiunto dato da tracciabilità e rispetto per l’ambiente, cosa che i nostri standard produttivi e i continui controlli assicurano. Pensiamo ad esempio al vantaggio in termini di durata a scaffale e di risparmio d’acqua che garantiscono le patate spazzolate e non lavate oppure cosa vuol dire in termini di efficienza riuscire a produrre 36 tonnellate di patate per ettaro contro i 22 della media mondiale».

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