Patent box, la deduzione al 110% esclude marchi e know how
“Salta” il vecchio meccanismo di detassazione, ma le aziende sono preoccupate dall’estromissione di marchi e know how dal perimetro dei beni agevolati
di Marco Mobili e Giovanni Parente
3' di lettura
Le imprese non ci stanno e chiedono al Governo di ripensarci. La manovra certifica l’addio definitivo al patent box con l’emendamento presentato dall’Esecutivo. La deduzione maggiorata sale dal 90% al 110% e va a sostituire il vecchio meccanismo di detassazione dei beni immateriali. Uno strumento che negli ultimi anni ha rappresentato una delle principali leve per finanziare la ricerca.
Ma non è solo all’addio alla detassazione a preoccupare il sistema produttivo. All’aumento della percentuale di deduzione maggiorata rispetto al testo del decreto fisco lavoro corrisponde, come sottolineano sempre le imprese, una pesante penalizzazione con l’esclusione dei marchi e soprattutto dei know how dal perimetro dei beni agevolati.
Salta la deduzione maggiorata (anche) per i costi di R&D
In pratica, perderanno la deduzione maggiorata per i costi di ricerca e sviluppo, i processi, le formule, le informazioni relative a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili. Per fare un esempio, il vecchio patent box con la detassazione dei redditi prodotti dagli intangibili andava a sostenere la ricetta di prodotti industriali anche ampiamenti diffusi e di successo nel mercato per ragioni della proprietà intellettuale.
Mentre ora l’iperdeduzione dei costi di ricerca e sviluppo non consentirà la spinta a tutelare e a innovare su questi stessi beni. Si tratta dunque di un passo indietro, a detta delle imprese, che finisce per frenare gli investimenti in ricerca. La modifica proposta dall’Esecutivo e depositata in commissione Bilancio al Senato ha comunque aspetti migliorativi rispetto alla versione del decreto fisco lavoro, approvato definitivamente mercoledì dalla Camera.
Tra questi la possibilità di recuperare la maggiorazione del 110% sulle spese sostenute dall’ottavo periodo d’imposta precedente a quello nel quale il bene immateriale è coperto da un titolo di privativa industriale. In sostanza si prova a introdurre un meccanismo di recapture di otto anni, che consente alle imprese di non perdere il beneficio rimasto inutilizzato per le spese di ricerca e sviluppo che hanno dato vita a software protetti da copyright, brevetti industriali, disegni e modelli.
Meccanismo che, considerando le ricadute pratiche sulle diverse tipologie di attività, genererebbe effetti disomogenei. Un caso è quello della farmaceutica che potrebbe sfruttare il recupero all’indietro, considerando il tempo necessario per arrivare a un brevetto. Ma se quel brevetto non arriva alla registrazione il rischio è di non aver accesso alla deduzione maggiorata dei costi.
Il caso di moda e meccanica
Diverso ancora è il caso della moda o della meccanica. Settori in cui innovazioni produttive non vengono brevettate, anche per tutelare l’invenzione, mentre si punta molto su marchi e know how che, come anticipato, la riscrittura dell’agevolazione lascerebbe completamente fuori.
Tutto da chiarire poi il meccanismo di cumulabilità tra la deduzione maggiorata al 110% e il credito d’imposta R&S. Un’apertura rispetto al testo vigente, che comunque viene valutata positivamente alle imprese ma che se non si arriva allo sfruttamento economico del bene immateriale non gode di nessun effetto agevolativo.
Con l’emendamento depositato al Senato e su cui la commissione voterà tra domani e lunedì, il Governo corregge anche l’errore commesso nel Dl fisco lavoro sul periodo transitorio: il 110% si applica alle opzioni esercitate a partire dall’anno d’imposta 2021. In sostanza chi aveva già messo in conto il vecchio regime di patent box nei bilanci 2020 potrà sfruttarlo “manifestando” la scelta con dichiarazioni dei redditi integrative.
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