Patrimoniale: tra casa, conti correnti, auto e tv un’opzione italiana che non tramonta mai
di Mauro Meazza
2' di lettura
Ogni volta che la politica, o la dottrina, o financo la Bundesbank - come provocatoriamente proposto in questi giorni - pensano all’istituzione di una patrimoniale, la reazione dei contribuenti italiani potrebbe essere riassunta in una sola domanda: “Un’altra?”
Già, perché non è che l’idea di tassare sul semplice possesso di qualcosa (bene mobile o immobile, denaro o proprietà) sia sconosciuta al sistema tributario. Anzi. Anche a voler essere rigorosi, e quindi escludendo importi richiesti nel caso di trasferimenti di beni o di ricchezza (come accade per le successioni, le imposte di registro , quelle ipotecarie) sono attualmente dovuti almeno otto prelievi classificabili come patrimoniali.
Ci sono le patrimoniali dovute ai Comuni sulla casa, come l’Imu e la Tasi ; ci sono quelle dovute sui conti correnti e sui prodotti finanziari; c’è l’imposta di bollo su auto e moto, il superbollo su aerei, barche e auto oltre i 185 kW; e c’è infine la patrimoniale più longeva, ovvero il canone Rai sul possesso di un televisore, la cui prima formulazione è del 1937. Molto più recenti, perché introdotte nell’anno orribile 2011 - quello dell’estate dello spread e dell’autunno del decreto legge Salva Italia - ci sono le imposte sugli immobili all’estero (Ivie) e sui conti all’estero (Ivafe). Solo le voci più rilevanti hanno dato una trentina di miliardi di gettito a fine 2017, contando gli oltre 20 di Imu e Tasi, i quasi 2 del canone Rai, i 6,6 del bollo auto. Per dare un ordine di grandezza, le patrimoniali diffuse hanno reso poco meno dell’Ires (l’imposta sulle imprese) che in quell’anno ha dato alle casse dello Stato 35 miliardi.
In realtà, il momento attuale è anche tra i più favorevoli, perché nella storia fiscale italiana ci sono stati momenti di grande entusiasmo per l’istituzione delle imposte patrimoniali. In questo secolo, la fase acuta ha coinciso con il già ricordato 2011, quando l’impennata dello spread e i timori per la tenuta dei conti pubblici portarono l’appena insediato governo guidato da Mario Monti a introdurre una manciata di patrimoniali, colpendo conti e case all’estero, imbarcazioni, auto, aerei. Ma vent’anni prima era stato il governo di Giuliano Amato, nel pieno di un’analoga crisi, a varare nel 1992 non solo il prelievo del 6 per mille sui conti correnti (rimasto ormai nella memoria come l’archetipo di ogni patrimoniale) ma anche la patrimoniale sulle imprese, un’imposta sui beni di lusso, e anche la nonna dell’attuale Imu, ossia l’Isi, imposta straordinaria sugli immobili. Così straordinaria che, da una legislatura all’altra e da una riforma all’altra, è ancora tra noi.
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