Pd, Renzi: ok primarie, scissione non la capirebbe nessuno
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«C'è stato chi ha chiesto di fare le primarie, il congresso, il referendum tra gli iscritti. Va bene tutto. Però chi perde il giorno dopo rispetti chi ha vinto altrimenti è l'anarchia». Lo ha detto il segretario del Pd Matteo Renzi al Tg1. E ha aggiunto: «Una scissione del Pd non la capirebbe nessuno». Renzi non si è sbilanciato sulla data del voto. «Io non so che giorno si voterà, non tocca a me deciderlo. Qualunque sia quel giorno, è fondamentale che le forze politiche parlino dei problemi delle persone» ha spiegato.
Ipotesi premio alla coalizione
Le strade sono due: primarie a fine marzo e voto a giugno. O il congresso in autunno e il voto a febbraio 2018. L’obiettivo di Renzi resta imboccare la prima e arrivare alle elezioni entro l’estate. La convinzione di Renzi, spiegano i fedelissimi, resta la necessità del voto a giugno, anche perché una legislatura politicamente finita potrebbe provocare uno stallo anche nel confronto con l'Europa, che si rischierebbe di 'pagare' con una manovra lacrime e sangue. Ma, nelle ore in cui anche un ministro che si professa renziano come Carlo Calenda ha definito le urne anticipate «un rischio per il Paese», nel campo renziano si inizia a contemplare la seconda possibilità. Il tentativo in corso resta quello di trovare un accordo politico con la sinistra, i centristi e Forza Italia per correggere la legge elettorale e sciogliere le Camere ad aprile. L'ipotesi, che farebbe gola anche a Berlusconi, è assegnare il premio alla coalizione. E aiuta anche l'operazione di ricompare il Pd.
La strategia di Renzi
Renzi, che il sindaco di Firenze Dario Nardella descrive tentato dal non correre più da premier, prova a spuntare le armi di D’Alema aprendo a «primarie, congresso» chiesti da Bersani o anche al «referendum tra gli iscritti» proposto da Michele Emiliano. Però poi, è la sua 'condizione', chi perde “il giorno dopo rispetti chi ha vinto». Le primarie, nell'ipotesi del voto anticipato, le potrebbe
convocare la direzione Pd del 13 febbraio già per fine marzo, ipotizza qualcuno. Molto più difficile indire il congresso prima delle estate.
Bersani: ho in mente un Ulivo 4.0 basato su pluralità La scissione resta comunque uno spettro concreto in casa dem. Dopo essere stata ventilata nei giorni scorsi da D'Alema e Emiliano, anche Pier Luigi Bersani non ha escluso l’uscita dal partito («Non minaccio nulla e non garantisco nulla»), rilanciando l’ipotesi di dare vita a un nuovo Ulivo. «Quando dico Ulivo dico qualcosa che ha una solida cultura costituzionale e punta a mettere insieme la pluralità del centrosinistra - ha dichiarato -. Non possiamo rassegnarci all’idea di un soggetto chiuso nel proprio campo. Serve una pluralità che vada dalla sinistra radicale al civismo. L’Ulivo che ho in mente non è un revival del passato, è un Ulivo 4.0».
Calenda: con urne anticipate a rischio tenuta Paese
«Andare alle elezioni a giugno o peggio ad aprile rappresenta a mio avviso un serio rischio per la tenuta del Paese» ha dichiarato oggi il ministro dello Sviluppo economico Calenda in un’intervista al Corriere della Sera, rafforza così, dopo il presidente emerito Giorgio Napolitano, il 'partito' trasversale di chi spinge per arrivare a fine legislatura. «Paura di perdere la poltrona? Dimettiti!», ha tuonato Matteo Salvini. E anche i Cinque stelle hanno invocato il voto accusando il Pd di voler «fare melina». «La posizione di Calenda è personale, certo non impegna il governo e il suo presidente» ha dichiarato Gentiloni nella conferenza stampa che segue il Cdm.
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