Penale e civile, l’approccio è ora congiunto tra tribunale e procura
Se c'è una denuncia di abuso introdotte comunicazioni tra organi della magistratura
di Valentina Maglione e Serena Uccello
2' di lettura
«In passato non era infrequente che all’interno di una procedura civile per il divorzio si nominasse un consulente tecnico da parte del giudice e si imponesse alla donna, vittima di violenza, di partecipare ai colloqui con il consulente ma anche con l’uomo che magari era stato il maltrattante, l’abusante. Ora con l’interlocuzione tra la Procura e il Tribunale civile tutto questo non accadrà più». Laura Vaccaro, già procuratore della Repubblica per i minori a Caltanissetta, oggi procuratore aggiunto in Procura a Palermo, coordinatore del IV Dipartimento che si occupa di violenza di genere, violenza domestica e fasce deboli, interviene su uno dei punti più innovativi della riforma Cartabia della giustizia civile; il decreto legislativo 149/2022 ha infatti inserito nel Codice di procedura civile norme dedicate ai procedimenti relativi a famiglie e minori (a partire da separazioni e divorzi) in cui sono denunciati abusi familiari o violenza domestica o di genere.
Si prevede, tra l’altro, che il giudice a cui è presentato il ricorso chieda al pubblico ministero e alle altre autorità competenti informazioni circa l’esistenza di procedimenti su abusi o violenze e la trasmissione degli atti non coperti da segreto. Il Pm deve provvedere entro 15 giorni. Non solo: il giudice può abbreviare i termini del procedimento fino alla metà e deve tutelare la vittima, anche evitando la contemporanea presenza delle parti in udienza (dove non sono tenute a comparire) e durante gli accertamenti del consulente tecnico eventualmente nominato.
Si tratta di un ambito in cui la Procura di Palermo, già prima dell’intervento legislativo, aveva avviato una prassi. L’obiettivo è evitare alle vittime il doppio danno: oltre alla violenza, la sofferenza di dover affrontare l’autore in una causa di divorzio.
A questo si aggiunge il tema dei figli. Può cioè rivelarsi cruciale valutare le competenze genitoriali o procedere per la decadenza della responsabilità genitoriale. In questi procedimenti la procura ordinaria può intervenire quando è in corso una causa di separazione o divorzio in tribunale.
Oggi «per la vittima di violenza – osserva Vaccaro – la procedura di separazione e divorzio deve passare attraverso una interlocuzione con la procura per conoscere appunto lo stato del procedimento, i provvedimenti che sono stati adottati. Uno scambio di informazioni molto significativo tra procura e tribunale affinché una causa civile non venga decisa ignorando che c’è un fenomeno di violenza in atto all’interno del nucleo familiare».
E se questa è una conquista, una fragilità su cui ancora non «è stato fatto abbastanza è quella dei minori orfani a causa di un femminicidio – conclude Vaccaro – in una duplice direzione. Il primo binario è la specializzazione di chi deve operare in questa materia: penso ai giudici ma non solo. Il secondo è il potenziamento dei servizi sociali, aumentando le risorse sia umane che economiche e incrementando i canali di dialogo che vanno formalizzati tra l’autorità giudiziaria e i servizi sociali. I contatti funzionano abbastanza bene in ambito minorile, meno nel contesto delle procure ordinarie. Ad esempio, le procure non intervengono sulle decisioni che riguardano la collocazione dei minori: un vuoto che bisogna colmare. Per tutelare davvero i minori serve un intervento a tutto campo che al momento non c’è».
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