Inps, Corte Ue: lecito tassare le pensioni degli ex dipendenti pubblici in Portogallo
La scelta di vivere nel Paese iberico, alla luce della sentenza odierna, dal punto di vista fiscale risulta meno conveniente rispetto agli ex lavoratori del settore privato
di Enrico Bronzo
2' di lettura
Il regime tributario italiano risultante dalla convenzione italo-portoghese contro le doppie imposizioni sui redditi non viola i princìpi di libera circolazione e di non discriminazione.
I pensionati del settore privato e del settore pubblico possono essere assoggettati a normative tributarie nazionali differenti
La vicenda
I sigg. HB e IC, cittadini italiani, sono ex impiegati del settore pubblico italiano che godono di una pensione corrisposta dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps). Dopo aver trasferito la loro residenza in Portogallo, nel 2015 essi hanno chiesto all'Inps di ricevere, in applicazione della convenzione italo-portoghese contro le doppie imposizioni , l'importo lordo della loro pensione senza il prelievo d'imposta alla fonte da parte dell'Italia, in modo da poter godere delle agevolazioni fiscali offerte dal Portogallo.
L'Inps ha respinto le loro domande, ritenendo che tale normativa si applichi unicamente ai pensionati italiani del settore privato che abbiano trasferito la loro residenza in Portogallo nonché ai pensionati italiani del settore pubblico i quali, oltre ad aver trasferito la loro residenza in Portogallo, abbiano anche acquisito la cittadinanza portoghese (una condizione non soddisfatta dai sigg. HB e IC).
I sigg. HB e IC hanno adito allora la Corte dei conti - Sezione Giurisdizionale per la Regione Puglia (Italia). Questo giudice chiede alla Corte di giustizia se il regime tributario italiano derivante dalla convenzione costituisca un ostacolo alla libera circolazione dei pensionati italiani del settore pubblico e una discriminazione in base alla cittadinanza .
Con la sua odierna sentenza, la Corte risponde in senso negativo alle due questioni.
La Corte ricorda la propria giurisprudenza secondo la quale gli Stati membri sono liberi, nel quadro di convenzioni fiscali contro le doppie imposizioni, di stabilire i criteri di ripartizione tra loro della competenza fiscale, e secondo la quale tali convenzioni non hanno lo scopo di garantire che l'imposta applicata in uno Stato non sia superiore a quella di un altro Stato. In tale contesto, gli Stati membri, segnatamente, possono ripartire la competenza tributaria sulla base di criteri quali lo Stato pagatore o la cittadinanza.
Ebbene, la disparità di trattamento che i sigg. HB e IC lamentano di aver subito discende dalla ripartizione del potere impositivo tra l'Italia e il Portogallo nonché dalle disparità esistenti tra i regimi tributari di questi Stati membri.
Alla luce di ciò, non si può parlare di una discriminazione vietata.
Estremi sentenza
Cause riunite C-168/19, HB/Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) e C-169/19, IC/Inps
Le fonti
- Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica portoghese per evitare le doppie imposizioni e prevenire l'evasione fiscale in materia di imposte sul reddito, firmata a Roma il 14 maggio 1980, ratificata dalla Repubblica italiana con legge 10 luglio 1982, n. 562.
- Articolo 21 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea (Tfue).
Articolo 18 Tfue.
- Sentenze della Corte del 19 novembre 2015 nella causa C-241/14, Bukovansky; del 12 maggio 1998 nella causa C-336/96, Gilly.
Per approfondire:
- Pensioni, perché la flat tax portoghese sui redditi esteri avvantaggerà l’Italia
- Portogallo, stop alla detassazione per i pensionati stranieri
- I paradisi fiscali per i pensionati
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