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Pensioni al bivio: alzare le minime o rilanciare opzione donna. Le ipotesi del governo

Lega e Fi per il ritocco degli assegni bassi. Il nodo risorse al taglio del cuneo

di Marco Rogari e Claudio Tucci

(Lucky7Trader - stock.adobe.com)

3' di lettura

Entrano anche le pensioni nella trattativa in corso nella maggioranza sul decreto lavoro. Che dovrebbe essere varato dal Consiglio dei ministri il 1° maggio. Una parte del centrodestra, a cominciare dalla Lega e da Fi, spinge per utilizzare una fetta della dote a disposizione da quasi 3,5 miliardi per irrobustire le pensioni minime, dopo il primo ritocco previsto dall’ultima legge di bilancio.

Ma sul tavolo ci sarebbe anche un’ipotesi previdenziale alternativa: quella di utilizzare il Dl per allentare la stretta su Opzione donna, scattata sempre con la manovra approvata a fine anno. Un intervento, più volte auspicato nei mesi scorsi dal ministro del Lavoro, Marina Calderone, e da diversi ambienti della maggioranza, compreso Fdi, che per i restanti mesi del 2023 sarebbe meno costoso di un aumento degli assegni più bassi e consentirebbe di non assorbire una parte delle risorse. Che nello schema iniziale abbozzato al Mef dovrebbero confluire tutte sul taglio del cuneo.

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L’ipotesi di un bonus da 10-15 euro al mese

La decisione se inserire un pacchetto previdenziale nel decreto, e sulla sua eventuale fisionomia, sarà presa non prima del 27 o del 28 aprile 2023. La partita sarebbe insomma ancora tutta da giocare, in attesa di analizzare con attenzione anche l’impatto delle varie opzioni sulla base delle indicazioni dei tecnici del ministero dell’Economia. Ma il pressing di una parte delle maggioranza per aumentare gli assegni pensionistici più bassi è forte. Il primo a parlarne è stato il ministro delle Infrastrutture, e leader della Lega, Matteo Salvini. Anche il sottosegretario leghista al Lavoro, Claudio Durigon, ha confermato che il governo sta facendo una valutazione su questa ipotesi. Che, come fa notare il capogruppo “azzurro” in Commissione Bilancio alla Camera, Roberto Pella, sarebbe «gradita» a Fi da sempre in prima linea per far far lievitare le pensioni minime.

Con un aumento generalizzato, magari anticipando in tutto o in parte l’adeguamento del 2,7% già garantito per il 2024 a tutti i pensionati al minimo dalla legge di bilancio, il bonus si fermerebbe a 10-15 euro al mese. Ma potrebbe anche essere adottata una soluzione per fasce anagrafiche. In questo caso il taglio del cuneo rischierebbe però di non essere superiore a un punto: la decontribuzione per le retribuzioni fino a 25mila euro passerebbe dal 3% al 4% e quella sugli stipendio tra 25mila e 35mila euro dal 2% al 3 per centro. Per entrambe le fasce non ci sarebbe quindi lo sconto di due punti evocato nei giorni scorsi dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Sconto che, almeno sotto i 25mila euro, potrebbe invece rimanere possibile con un intervento pensionistico su Opzione donna.

Nessun anticipo della riforma pensionistica

Anche se dovesse ottenere il via libera, il pacchetto previdenziale del decreto non rappresenterebbe comunque un anticipo della riforma pensionistica. Che da protagonista della campagna elettorale in pochi mesi si è trasformata in una illustre sconosciuta, o quasi. Il superamento della legge Fornero viene di fatto ignorato dalla maggioranza nei “positivi” pareri sul Def espressi dalle commissioni Lavoro della Camera e Affari sociali-Lavoro del Senato, dopo che era già sparito dai radar del governo.

Che nello stesso Documento di economia e finanza non ha fatto alcun cenno alle misure da adottare per il “dopo Quota 103”, ad esclusione dell’inserimento nell’elenco dei “collegati” alla manovra di un disegno di legge su interventi in materia pensionistica. E a questo punto appare assai improbabile un ripensamento del centrodestra che per sollecitare l’esecutivo ha ancora a disposizione la decisiva carta delle risoluzioni sul Def da votare giovedì nei due rami del Parlamento.

Il parere favorevole della commissione Lavoro di Montecitorio, arrivato la scorsa settimana, si limita a registrare che il Def «non reca indicazioni specifiche sui contenuti delle misure che potrebbero essere adottate» nel settore previdenziale e cita esclusivamente il Ddl collegato, che potrebbe prendere forma soltanto nel momento in cui sarà portata a termine «l'analisi delle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano in base alla legislazione vigente». Una mission affidata, dal ministro Calderone, al neonato Osservatorio sul monitoraggio della spesa previdenziale.

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